Dominatore dell’alpinismo a ruote scoperte

Federico Liber

A portare innanzi il buon nome dell’Italia, nel campo alquanto scivoloso del video virale internettiano, in questi ultimi giorni ci sta pensando Federico Liber, del team automobilistico Realmotorsports, grazie alla performance da cardiopalma che ha effettuato, volante alla mano, durante la 36° cronoscalata di Cividale-Castelmonte, sui monti del Friuli. La gara, ripresa da telecamera di bordo e postata online sul suo canale di YouTube, è stata subito ripubblicata dal blog statunitense Jalopnik per poi rimbalzare da un lato all’altro della sfera social, sui forum e tutte le principali imageboard. Non c’è alcun dubbio: le ragioni di un simile successo collaterale, che per inciso si aggiunge alla sua prestigiosa vittoria in gara, a noi spettatori d’occasione paiono lampanti.
C’è innanzitutto la notevole dose di suspence, maturata in quei quasi tre minuti d’attesa, mentre con metodologia rallystica gli altri concorrenti partono uno alla volta. Gradualmente, così, si resta coinvolti, pare quasi di esser lì, ad aspettare il proprio (suo) turno. E nel mentre, la curiosità aumenta. Anche perché di queste affascinanti gare, talvolta dette hillclimbing, i media più importanti ne parlano davvero molto poco. Qui si tratta di approcciarsi ad una strada di provincia, sulle ardue pendici di un monte, senza l’ausilio di un secondo pilota, raggiungendo velocità degne di un film di fantascienza: oltre 200 cavalli, per appena 300 Kg di veicolo, concepito per mantenere il massimo controllo, indipendentemente da ciò che gli si chiede. E sarebbe difficile, pretendere più di questo: l’assoluta dominazione di una striscia serpentina, stretta, ripida, piena di lati ciechi e traditori…Meditando su questo, prima dell’inizio, si notano altri dettagli. Come la strizzata d’occhio al mondo della cultura nerd, ovvero quel casco facente sfoggio di un illustrazione tratta dall’anime di Lupin III, vero caposaldo giovanile della generazione a cavallo fra gli anni ’80 e ’90. Ma per quante corse d’auto, su e giù per le montagne, a bordo della storica Fiat ‘500 e in fuga dalla legge, ci potesse aver mostrato quell’icònico anti-eroe, nulla poteva prepararci a questo. Perché a quel punto i commissari di gara si mettono di lato, l’annunciatore si fa latore dell’emozione collettiva e arriva l’attimo de “…La partenza di Federico Liber!”

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Auto d’illusione che corrono per Xbox One

Forza ESPN

Sul finire di un’epoca, grandi battaglie, sfide feroci, scenari laboriosi e momenti apocalittici dal pathos travolgente, paragonabili a quelli di un importante campionato motoristico. Tutto conta, anche una singola pubblicità. In questo 2013 siamo attualmente in bilico, sospesi fra due diverse visioni contrastanti, delle quali soltanto una potrà finalmente prevalere, di qui a Natale, o poco più. C’è un motivo, se da oltre 10 anni giochiamo sostanzialmente con le stesse cose, anzi molte ragioni, tutte pratiche, estremamente convenienti per ciascuna delle parti coinvolte. Loro, in cerca di guadagno e noi, che nostro malgrado li stipendiamo, giocatori speranzosi. Cambiare costa, comporta rischi e non sempre conduce all’esito sperato, specie per un ambiente come quello videoludico, ormai governato tramite l’oligarchia di un ferreo triumvirato: Nintendo, Sony e Microsoft. Anno dopo anno, le pochissime aziende davvero rilevanti, per lo meno dal punto di vista dell’hardware, gareggiano fra loro a colpi di titoli esclusivi, sorpassi di vendite e/o traguardi di popolarità. Però il manto stradale su cui competono è talmente tortuoso, così sdrucciolevole che spesso qualcuno finisce fuori strada…come l’antica Sega, ormai decaduta al ruolo di publisher secondario, oppure l’eterna Atari, smembrata in mille piccole, insignificanti compagnie. Così è la vita, anzi, l’industria. Stavolta, chi avrà ragione? Se sparisse la distanza tra il mondo materiale e quello percepito, attraverso il sensibile, dalla nostra soggettiva mente, tutto raggiungerebbe un epilogo trionfale, sopra un podio esteso a mille, duemila vincitori. Mentre l’occhio, con la sua amica l’evidenza, ci dimostrano esattamente il contrario: che pochi, sono vittoriosi. E in questo dualismo fra fattori contrastanti (realtà-percezione), è custodito il punto fondamentale del problema, come dimostrato anche dall’ultima pubblicità prodotta a sostegno dell’X-Box One, che sfrutta l’appeal del nuovo driving game di Microsoft, Forza 5. La sequenza, creata dalla pluri-premiata agenzia di San Francisco 215McCann è stata pensata per la trasmissione sul canale ESPN, sinonimo statunitense del concetto di TV tematica sportiva. Si propone l’obiettivo, non facile, di dimostrare al pubblico l’effetto dello zootropio più veloce al mondo. Si tratterebbe poi di un vecchio giocattolo, tanto ingigantito per l’occasione che è diventato pista: quella del Barber Motorsports Park a Birmigham, nello stato dell’Alabama. Qui, al suono soave di una strana musica, corre rapido il pilota Tanner Foust, uno dei conduttori dell’edizione americana di Top Gear, dentro la sua splendida McLaren MP4-12c (di un vistoso color giallo). Ma quello che maggiormente conta, neanche a dirlo non è lui, bensì ciò che si trova ai margini della strada. Centinaia di schermate incorniciate, dentro altrettanti solidi cartelli.

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Il variopinto biathlon dei carri armati

Tank Biathlon

Mettere a segno un colpo contro l’obiettivo, costi quel che costi, questo è lo scopo ultimo del carro armato. Qualcuno potrà dire: “Proprio come uno sciatore ai giochi olimpici invernali.” E quel genio delle analogie, molto probabilmente, sarebbe il perfetto comandante russo. Nei campi brulli fuori dal centro abitato di Alabino, distretto periferico di Mosca, ci sono quattro carri armati dell’iconico modello T72-B, grande trionfo ingegneristico dell’epoca sovietica: verde sbarazzino, giallo solare, rosso fuoco e l’ottimo color blu dell’oceano sconfinato. Corrono, scagliano proiettili, s’inseguono a ritmo di musica e lanciano scariche traccianti di mitragliatrice; non l’uno contro l’altro, s’intende… Qui non si fa la guerra, si pongono, piuttosto, le basi del più moderno degli sport. Un trionfo cannoneggiante, di cingoli tesi al massimo e spettacolari salve perforanti. Le ragion d’essere del biathlon dei carri armati, la cui prima edizione si è tenuta proprio lo scorso agosto, sono diverse e militarmente, non c’è che dire, piuttosto condivisibili. Innanzi tutto, l’evento costituisce un modo per trasformare le noiose esercitazioni di tiro al bersaglio, attività fondamentale per l’addestramento degli equipaggi, in un momento di gioia agonistica e fruttifera competizione. Poi c’è il fatto che, in effetti, siamo di fronte ad una vera gara inter-federale, momento d’incontro tra paesi uniti ma distanti, anche dal punto di vista prettamente amministrativo. I partecipanti della tenzone, infatti, rappresentavano rispettivamente gli eserciti di Russia, Armenia, Bielorussia e Kazakistan. Ulteriore idea portante, dunque, sarebbe quella di cementare l’orgoglio regionale attraverso la dimostrazione del proprio primato bellico indiscusso. Eppure, c’è sicuramente dell’altro. Per lo meno quest’anno, l’intera gara si è svolta nella più piena osservanza del fair play, neanche fossimo in presenza di una vera e propria federazione di prestigio. Assoluta uniformità di mezzi, munizioni e condizioni di partenza. Tutt’altra storia, rispetto alle reali condizioni di un conflitto bellico, presunto ambiente naturale dei T72-B. E a vederli competere tra loro, così variopinti e spensierati, questi mostri meccanici diventano la manifestazione materiale di una fantasia di gioco, il perfetto videogame. L’unica espressione valida per un qualsiasi tipo di conflitto armato.

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Costruita la super-macchina di Homer Simpson

The Homer

Il pater familias per eccellenza non diventa per forza un’antonomasia positiva. Homer Simpson è un uomo pieno di risorse, che mantiene una famiglia di 5 persone con un lavoro di alta responsabilità, possiede una grande casa, ama sinceramente sua moglie e dimostra una notevole capacità di adattamento agli imprevisti. Nonostante questo, tutti tendono a ricordargli i suoi fallimenti. Come la volta in cui (seconda stagione, quindicesimo episodio) progettò un’automobile, da lui giustamente denominata “The Homer”. Il successo di una serie TV o cinematografica di lunga durata, in genere, è misurabile dal suo valore citazionistico. Ovvero, quanto la gente si ricordi, piuttosto che i caratteri generali, le singole situazioni. Il prototipo creato su schermo dal più amato dei Simpson è la realizzazione di questo concetto ideale: compare per un totale di 2 minuti, comodamente sufficienti ad imprimerlo nella mente di un’intera generazione. A tal punto che, dopo 22 anni, potrà finalmente mordere l’asfalto vero. Questa è la BMW E30 del 1987 personalizzata da Jeff Abides, partecipante dell’ultima edizione della gara dilettantistica americana The 24 Hours of LeMons. La somiglianza è lampante. Ci sono gli enormi portabibite esterni, la cupola posteriore d’incapsulamento per non sentire i bambini che discutono, il mega-spoiler nello stile delle auto anni ’50, il clacson a tromba sul tetto che suona la cucaracha (pezzo di ricambio prelevato da un trattore) e la vistosa presa d’aria sul cofano verde avocado. Il progetto originale prevedeva anche un suono del motore che ricordasse la fine del mondo, caratteristica fortunatamente soprasseduta dal costruttore. Se Homer può dirsi l’americano medio, nonostante abbia fatto l’astronauta, il missionario, il commerciante, il contrabbandiere, la mascotte, il baby sitter, il barman, il critico d’arte, l’insegnante, la rockstar, il giostraio etc, etc…  Allora questa folle accozzaglia veicolare è altrettanto rappresentativa di un’industria, quella automobilistica, che attraverso generazioni successive tende a perdere e ritrovare la sua strada. Un giorno, fra diversi milioni di anni, guideremo macchine volanti alimentate dalla deriva geo-magnetica dei continenti. In TV, probabilmente, daranno ancora i Simpson.

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