Tracciando a matita un mandala cosmico interculturale

The Lullaby

Joe Fenton è l’artista, grafico e illustratore di origini londinesi, con sede operativa a Brooklyn, che riesce a dare forma visuale ai più reconditi luoghi della psiche. Nei suoi grandi disegni monocromatici, tracciati su carta mediante l’impiego di matite, penne e semplice inchiostro nero, lo stile compositivo delle allegorie barocche incontra il surrealismo di Hieronymus Bosch, le fantasie geometriche di Escher e la libertà espressiva dei canoni d’intrattenimento moderni, come il fumetto e l’animazione. In questo video, rilasciato qualche tempo fa per dimostrare il suo particolarissimo modus operandi, si può assistere ad alcune delle fasi salienti nella messa in opera di The Lullaby, tra le sue opere, forse, quella dal soggetto più squisitamente filosofico e religioso. L’intero lavoro ha richiesto due mesi circa. Si tratta di una scena complessa, ricca di personaggi ed in grado di trasmettere un forte senso del movimento; la forma circolare suggerisce l’idea di un’apertura, il portale mistico attraverso cui l’osservatore viene invitato a scrutare l’ignoto. Ma potrebbe anche essere una testa umana, con tanto di bocca e organi sensoriali. Nel centro spicca una figura antropomorfa, vagamente scimmiesca, la cui posa cruciforme e corona di spine sono un netto richiamo alla simbologia cristiana. Le ali di farfalla invece, perfettamente sviluppate, alludono all’imminenza di una sorta di apoteosi. Gli occhi chiusi e le orecchie tese dimostrano introspezione. Tale creatura rappresenta l’umanità. Alle due estremità del riquadro, in netta contrapposizione, gli estremi del nostro duplice aspetto esistenziale: in alto l’occhio della mente, in basso il corpo, sinonimo di mortalità. La funzione svolta da tali princìpi nell’economia estetica della composizione, ed il modo estremamente personalizzato con cui compaiono nell’opera, forniscono informazioni molto interessanti sulla metodologia espressiva dell’autore, ricca di implicazioni e sottintesi.

The Lullaby 2

Fenton è un visionario, come traspare dal contenuto preminente dell’area centrale dell’opera. Perché l’umanità filosofeggiante, pronta a spiccare il volo, viene assediata e circuita da due tipologie di creature tutt’altro che consuete: angeli e demoni, in strane versioni redux. I primi, simili a putti rinascimentali con un occhio gigante al posto della testa, ricordano certe mostruosità del repertorio Estremo Orientale, come gli yōkai giapponesi tradizionali o i personaggi del manga di vecchia data GeGeGe no Kitarō, loro evoluzione. I demoni invece, secondo quanto previsto dai leggendari di molteplici culture provenienti da ogni parte del mondo, sono piuttosto diseguali tra loro. Assumono molte forme: lucertole con crani umani scoperti, esseri famelici dominati dagli istinti primitivi. Oppure persone la cui testa si compone unicamente di bocca e cervello, inconsapevoli dunque di tutto ciò che le circonda; ma non per questo taciturne. E poi dentiere senzienti, micro-particelle sferiformi armate di forcone, donne voluttuose con teschi di coccodrillo….  Ed al centro, le fauci infernali da cui tutto scaturisce ed a cui si fa ritorno, destinazione finale per la nostra individualità. Forse non l’unica, purché si riesca ad elevare la coscienza con la meditazione.  All’esterno della cornice, piante fronzute ci ricordano l’esistenza separata della Natura, totalmente immune al dramma psicologico di noi esseri umani, eternamente sospesi tra i due princìpi basilari della mente immortale e della vulnerabilità del corpo.
Consiglio, a chi volesse approfondire, di visitare il sito dell’autore, presso il quale è possibile visionare un’ampia varietà dei suoi straordinari lavori. C’è anche una pagina su Facebook.

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