Esiste un grande numero di serrature a questo mondo ma da un certo punto di vista, ancor maggiore risulta essere la quantità di chiavi. Per la maniera in cui tale semplice sostantivo, a seconda del contesto di utilizzo, può condurre per il tramite concettuale a oggetti dall’impiego più diverso, benché sempre conduttivi a un qualche tipo di provvidenziale, risolutiva circostanza ulteriore. Persino quando gli si attribuisce la qualifica, tradizionale nella sua chiarezza d’intenti, di uno specifico e ben definito possessore. Basti pensare per esempio a San Pietro, l’apostolo nel cui sepolcro, in senso metaforico, furono deposti gli strumenti per aprire le porte del Paradiso. Ma per associazione anche, per lo meno in base a una determinata mitologia, gli stessi attrezzi che l’imperatore Costantino fece utilizzare, al fine d’erigere l’eponima basilica che lì sorge tutt’ora. Tre pezzi di ferro tintinnati, congiunti da un occhiello ad arco, da cui un costruttore non si sarebbe mai potuto separare. E così sarebbe continuato ed essere, per molti secoli, millenni a venire. C’è dunque veramente da sorprendersi se, già in epoca medievale, il mestiere del costruttore fosse caratterizzato da misteri dogmatici e segreti ereditati, affini ad una sorta di liturgia religiosa? Arcane simbologie, come quella del cosiddetto leuis, dal termine latino leuare: letteralmente, “far levitare” qualcosa. L’eventuale pietra di turno, chiaramente, non importa quanto potesse essere pesante o ingombrante, praticamente impossibile da amministrare tramite l’impiego di mere soluzioni intuitive. L’utilità di questo meccanismo, assieme al termine impiegato ancora oggi per definirlo, sarebbe dunque riemersa nei paesi anglosassoni verso l’inizio nel XII secolo d.C, durante la costruzione scozzese dell’abbazia di Kilwinning. Una delle molte conseguenze, e senz’altro la più duratura, della determinante Auld Alliance, l’unione politica destinata ad essere formalizzata negli anni a venire tra il popolo delle Highlands e la Francia contro il temibile vecchio nemico in comune, l’Inghilterra. Ma ciò che John Balliol e Filippo IV avrebbero sancito soltanto cento anni dopo, con il trattato difensivo del 1295, era nei fatti già stato vero al sollevamento della prima pietra di quell’edificio, sopra cui possiamo ancora scorgere dei fori particolarmente indicativi, situati in corrispondenza del baricentro gravitazionale di ciascun blocco squadrato di materiale così come avvenuto a suo tempo per la costruzione dell’Anfiteatro Flavio, i palazzi e templi dell’eterna Urbe tiberina. Quelli praticati a loro modo, per l’appunto, dalla confraternita di muratori dei Compagnons du Tour, tra gli allora ultimi depositari dell’eredità ingegneristica romana. Che ben conoscevano le logiche nascoste nella semplice espressione binomiale, implicitamente carica di sottintesi, delle inconfondibili “chiavi di San Pietro”…
Un lewis o leuis nella sua forma concettuale non è dunque altro che un sistema meccanico, in cui una quantità di perni appoggiati in una pietra agiscono come braccio di sollevamento di una leva, in cui il contrappeso risulta essere in maniera atipica lo stesso oggetto destinato ad essere sollevato da terra. In tal senso utilizzati, in molteplici versioni, per vaste quantità di monumenti dislocati in ogni singola regione del mondo Occidentale (e non solo) esso costituiva la controparte irrinunciabile delle tipiche gru di legno ad energia muscolare, uno strumento imprescindibile nell’implementazione pratica dell’edilizia pre-moderna. Nella sua forma più famosa ed ancora talvolta utilizzata, il “gancio” in questione si presenta dunque come un trio di perni dotati di anelli nella parte superiore, per il quale viene preparato tramite l’impiego di scalpelli un apposito alloggiamento nella parte superiore del carico destinato ad essere allontanato dal suolo. Una volta che i due componenti laterali saranno stati infilati nel buco in questione, dunque, un terzo sarà fatto penetrare in mezzo ad essi, per poi procedere ad infilare un componente orizzontale tra i tre suddetti anelli. A sua volta destinato al bloccaggio tramite l’aggiunta dell’occhiello finale, al quale sarà agganciata la fune o catena pendente dal braccio di sollevamento presente sul sito di costruzione, con il vantaggio aggiunto di non creare alcun tipo di sporgenza esterna di cui tenere conto durante il posizionamento della pietra, sia questa rettangolare a forma di T o di L (casistiche in cui trovare il baricentro risulta essere decisamente più complesso). Pur costituendo la metodologia più tecnologicamente comprovata e relativamente sicura, il lewis a tre perni non fu d’altronde mai quello dalla maggiore rapidità d’impiego, data la lunghezza del processo di preparazione tramite scalpello, possibilmente evitabile nel caso d’utilizzo di alternativi approcci. Vedi quello a due perni, in cui una mera coppia di fori inclinati a 45 gradi venivano agganciati agli eponimi cunei, entrambi inclini ad allargarsi, creando attrito, nel momento dell’aggiunta della forza gravitazionale. O con un metodo che continua anch’esso ad essere utilizzato, tramite lo split pin (perno diviso) un paletto con l’anima di una forbice, fatto per allargarsi non appena viene sollevato dalle apposite impugnature.
Varianti di questo stesso concetto, collegate a pinze posizionate sull’esterno del pezzo di turno, trovano a loro volta l’impiego odierno come sollevatori manuali di mattoni, blocchi e persino batterie per automobili, notoriamente e sfortunatamente prive di maniglie d’impugnatura. Mentre l’effettiva applicazione nei cantieri su larga scala è oggi diventata progressivamente più rara se non addirittura vietata, data la relativa facilità con cui un qualsiasi tipo di lewis può trovarsi a perdere improvvisamente la presa, qualora il foro non sia stato eseguito o posizionato correttamente. O in alternativa, per il semplice urto da un’angolazione sfortunata mentre ci si avvicina al punto di deposizione finale. Tanto che i manuali consigliano attualmente d’impiegarlo soltanto assieme ad ulteriori fasce o legature stabilizzanti, tanto che a quel punto, si tende a preferirgli direttamente un sistema di aggancio maggiormente moderno.
C’è ancora un ambito, tuttavia, in cui il lewis mantiene tutto il suo potere simbolico e risolutivo, per lo meno nella cognizione soggettiva dei suoi cultori. Trattasi delle logge collegate all’antico Ordine della Massoneria, in alcune delle quali, soprattutto se britanniche o americane, vige la regola che all’inizio dell’incontro tra i membri venga sollevato sotto un tripode il “concio perfetto” tramite l’impiego di quel saliente meccanismo, per poi tornare a terra al completamento della funzione. Mentre nella terminologia tradizionale, il lewis è anche il figlio di un associato, cui vengono concesse determinate priorità al momento dell’ingresso nell’Ordine previo il superamento di adeguati e rigorosamente segreti esami. Non che nell’epoca di Internet e la condivisione in ampia libertà di ogni nozione immaginabile dall’uomo, elucidazioni in materia siano normalmente più remote di una o due ricerche su Google. E che sia la logica ed il nostro senso critico a guidarci. Nella sublime percezione della verità, così come nella scelta del miglior processo pratico nella risoluzione di un pesante problema.