L’inventore di epoca vittoriana che avrebbe potuto mettere i piedi ai carri armati

La concezione una guerra infinita e che non sapeva immaginare alcun tipo di risoluzione, finché la tecnologia, a suo modo, non fornì una via possibile per giungere al risultato finale. Al problema mai considerato prima in quell’epoca di trincee perfettamente difendibili mediante l’uso di fucili semi-automatici, mitragliatrici e artiglieria. Sarebbe naturale credere che l’argomento sia la grande guerra, mentre in effetti siamo a una decade e mezza prima, durante il conflitto combattuto in Sudafrica tra le forze britanniche e discendenti olandesi delle originali colonie del Capo di Buona Speranza, che avevano nel frattempo scelto di riconoscersi nel nome collettivo di Boeri. Scatenando il tipo di conflitto coloniale destinato, tra le altre cose, ad ispirare diverse notevoli menti creative. Una di queste: H.G. Wells, considerato con buone ragioni il padre della fantascienza nonché autore, in quel fatidico anno 1903, del racconto intitolato The Land Ironclads o “Le corazzate terrestri”, la narrazione fittizia di qualcosa che doveva ancora rendersi concreto, ma di cui già in molti sospettavano l’incombenza. Descritta da un giovane corrispondente in territorio bellico, la narrazione riassume l’andamento pregresso di una serie di scontri inconcludenti tra due fazioni, l’una pragmatica, disciplinata, orgogliosa; l’altra impetuosa ed abile nell’uso delle armi, ma priva di alcun margine di superiorità tecnologica. Così il paese del narratore, liberamente ispirato alla cultura inglese, viene mostrato al lettore concepire un metodo per superare l’impasse di quella che avrebbe iniziato ad essere chiamata, un decennio e mezzo dopo, come l’invalicabile terra di nessuno. Dei veicoli corazzati, lunghi e stretti, dotati di cannoni orientabili e gestite da un equipaggio di decine di soldati, con un singolo comandante situate nella torretta centrale. Come delle navi, essenzialmente, ma dotate di “otto paia di ruote pedrail” capaci di varcare qualsivoglia ostacolo, incluse le fortificazioni scavate dal nemico nella terra friabile della linea del fronte. Una manciata dei quali sarebbe semplicemente bastata ai britannici della situazione per vincere il conflitto, a discapito di un avversario che non aveva mai tentato di replicare gli Ironclads, contrapponendogli piuttosto strategie sempre più sofisticate ma, in ultima analisi, inconcludenti. Molti di coloro che tentarono d’illustrare questa storia, già all’epoca, avevano interpretato il meccanismo rilevante come una sorta d’antesignano dei cingoli, con cui d’altra parte erano già stati compiuti diversi esperimenti preliminari in campo agricolo, che avrebbero portato soltanto due anni dopo alla fabbricazione del trattore Caterpillar del californiano Benjamin Holt. Mentre la realtà è che Wells si era dichiaratamente ispirato, come avrebbe in seguito ribadito anche nella prefazione della seconda edizione de “La macchina del tempo” all’invenzione specifica di un suo connazionale britannico, l’intraprendente ed eclettico Bramah Joseph Diplock (1857-1918). Priva di educazione formale nel campo dell’ingegneria ma detentore a quel punto della sua carriera di già oltre 200 brevetti, tra cui quello che aveva portato, nel 1899, alla costruzione del primo veicolo fuoristrada della storia. Il cui nome era per l’appunto, quello di locomotiva a vapore Pedrail da pes/pedes (latino) il termine comunemente riferito all’estremità inferiore degli arti deambulatori umani. Ma che in questo caso intendeva evocare l’immagine, decisamente più utile allo scopo, di un ponderoso elefante…

Per molte prevedibili ragioni non esistono riprese d’epoca dei veicoli costruiti da Diplock, benché su YouTube sia possibile vedere numerose ricostruzioni fatte in casa. Questa di James Bruton è una delle più fedeli, illustrando meglio di qualsiasi descrizione l’effettivo funzionamento di simili ruote.

Nella sua forma descrittiva più semplice, una ruota pedrail è costituita perciò da un assemblaggio meccanico in cui il cerchio o pneumatico esterno risulta essere sostituito da un certo numero di perni snodati, ciascuno terminante con una piattaforma d’appoggio concepita per orientarsi in base all’inclinazione del terreno. Il tutto agevolato da una serie di potenti molle, poste in corrispondenza del mozzo centrale, pensate per agire come ammortizzatori e al tempo stesso adatte a garantire l’aderenza del più alto numero possibile di tali elementi, massimizzandone così le prestazioni. In base ai molti test effettuati, dunque, la locomotiva senza binari di Diplock si era dimostrata capace di superare ostacoli impensabili per i mezzi stradali della sua epoca, garantendo inoltre una stabilità dell’abitacolo tale da permettere l’utilizzo di strumenti complessi. Tanto che lo stesso H.G. Wells, nella sua versione fittizia e armata del veicolo, aveva incluso a bordo un avveniristico metodo per prendere la mira, rappresentato da una piccola camera oscura in grado di proiettare un’immagine del bersaglio senza doversi esporre al fuoco nemico. Quindi nel 1907, gli venne per la prima volta l’idea che gli avrebbe, più di ogni altra, permesso di passare alla storia: combinare il concetto dei piedini ri-orientabili con il principio dei cingoli, che tuttavia non gli riuscì di brevettare perché troppo simile a una proposta antecedente di David Roberts, ingegnere della Richard Hornsby & Sons. Non perdendosi d’animo tuttavia, dopo aver fondato una sua personale azienda (chiamata, per l’appunto, Pedrail) egli sarebbe giunto nel 1910 a una versione rivisitata del progetto dal nome di chaintrack, tanto efficiente da permettere il trasporto di un’intera tonnellata di materiali o merci grazie all’energia di un singolo cavallo. Tanto che all’inizio della prima guerra mondiale quattro anni dopo, all’allora capitano di Sua Maestà Murray Sueter venne in mente di contattare direttamente l’ormai ragionevolmente celebre innovatore, al fine di concepire un veicolo capace di portare “50 uomini armati all’assalto di una trincea” senza che questi ultimi dovessero restare esposti al fuoco delle mitragliatrici nemiche. Questa fu l’origine, senza alcun dubbio, della cosa concettualmente più simile agli Ironclad immaginati da Wells, un prototipo cingolato dal nome poco fantasioso di Pedrail Machine, pesante 25 tonnellate, spinto innanzi da due motori Rolls Royce da 46 hp e lungo ben 12 metri. Con quest’ultima caratteristica, inaspettatamente, destinata a rivelarsi la più problematica, visto l’arco di sterzata notevolmente ampio e la conseguente difficoltà a spostarsi sulle strade dell’epoca fino al raggiungimento del luogo per l’attacco designato, ragion per cui venne incorporato in seguito un punto di snodo centrale. Benché tutto considerato, grazie all’uso della più avanzata versione del sistema chaintrack, la “macchina” potesse muoversi alla velocità non trascurabile di 24 Km orari, nei fatti superiori a quelle dei carri armati convenzionali prodotti fino a quel particolare momento con comparabili capacità di superare trincee o altri ostacoli similari. Dimostrata di fronte a personaggi del calibro di Winston Churchill e il generale Sir Ernest Swinton, il prototipo venne quindi trasportato fino in Francia nel 1916, dove tuttavia la sua usabilità in condizioni reali si sarebbe dimostrata alquanto deludente, a causa non soltanto della bassa affidabilità del suo complicato sistema deambulatorio, ma anche la poca maneggevolezza dettata dal fatto che i motori fossero effettivamente integrati nei cingoli sterzanti, in assenza di un vero e proprio sistema di trasmissione. Così che dopo il successo dimostrato dal prodotto concorrente della Landship Company durante l’offensiva della Somme, culminante con il passaggio di un terzo dei loro nuovi tanks attraverso le fortificazioni tedesche il 15 settembre di quello stesso anno, il comando centrale non ci mise molto a ritornare indietro sull’ordine iniziale di cinque macchine Pedrail. Mentre si cominciò a pensare, quanto meno, di riutilizzare il prototipo come una piattaforma da combattimento armata di lanciafiamme. Ma anche quest’ultima iniziativa, alla fine, sarebbe stata accantonata a discapito del notevole potenziale di manifestare pressione psicologica sui nemico.

Ancora privo della sua corazza superiore, il prototipo della macchina Pedrail somigliava stranamente a un tram per l’uso cittadino. Ciononostante, le sue prestazioni in battaglia avrebbero potuto renderlo ragionevolmente utile, se non fosse stato nel frattempo superato dagli altri modelli di tank inglesi.

È stata lungamente dibattuto, in ultima analisi, il ruolo avuto da Bramah Joseph Diplock nell’invenzione del concetto moderno di carro armato, benché il consenso sembri essere che se egli non fosse deceduto improvvisamente all’età di 62 anni a causa di un’emorragia cerebrale, molti dei concetti da lui precorsi sarebbero in seguito entrati a far parte dell’attuale cognizione di tali veicoli, comunque destinati a beneficiare almeno in parte delle sue invenzioni. Mentre resta decisamente più complesso contestualizzare il suo contributo culturale all’idea stessa, ispiratrice di uno degli autori più prescienti della propria epoca, che i conflitti potessero essere combattuti, nelle parole stesse di Wells “Mankind versus Ironmongery” ovvero “Uomini contro negozi di ferramenta”. Una visione per certi versi prosaica ma cionondimeno ragionevole, di quella che sarebbe diventata pochi anni dopo la più tragica e spropositata manifestazione dell’odio collettivo per i propri simili, per lo meno se raccolti sotto una bandiera dall’aspetto sufficientemente diverso.

Il carro armato Pedrail, come concetto, ricorre nelle illustrazioni fantastiche di genere Steampunk o nei giochi di guerra della serie Warhammer sotto mentite spoglie. Non sarebbe del tutto errato, ad esempio, individuare l’influenza di Diplock nei concetti successivi di ruota Dreadnought o cingolo Bonagente. Credits immagine: PurpyPupple via Reddit

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