Istanbul inaugura una spettacolare biblioteca nei locali dell’antica “città” militare

Collegiale tende ad essere, nella sua accezione di maggiore influenza, il mondo tradizionalista della cultura. Questo perché i libri, molto prima di poter essere completamente digitalizzati, hanno sempre costituito un tipo d’oggetto dall’ingombro e peso niente affatto indifferenti, richiedendo grande spazio nelle case, nei luoghi di studio e le istituzioni culturali di ogni parte del mondo. Forse anche per questo, nel novero possibile degli edifici cittadini, non è mai mancata una struttura concepita con lo scopo di ospitarli, custodirli e renderli accessibili, a tutti coloro che non potevano disporre dello spazio, o le risorse pecuniarie, per poter riuscire ad ospitarne numeri degni di nota all’interno della propria dimora. Queste vere e proprie case della cultura, conseguentemente, hanno assunto nel trascorrere dei secoli grandezze o guise di variabile natura, benché sia costante l’essenziale cognizione che in tale particolare ambiente “grande” sia generalmente “migliore”, così come un’effettiva teca contenente le memorie insostanziali del mondo informatico guadagni rilevanza in base alla sua inerente capienza. Così non è facile stimare il numero di giga, peta o yottabyte, idealmente contenuti nell’ultimo esempio di un grandissimo edificio, dedicato a tal fine nel quartiere settentrionale della capitale della Turchia, concentrato in un’area coperta di 36.000 metri quadri + ulteriori 51.000 all’aperto. Essi stessi custoditi tra le stesse mura di una così imponente struttura. Questo perché la nuovissima Rami Kütüphanesi, inaugurata soltanto l’altro giorno alla presenza del presidente del paese dopo un anno e mezzo di lavoro di restauri, costituisce l’effettiva evoluzione di un tipo diffuso di struttura militare, che potremmo individuare come un rettangolare campo di Marte dotato di una vasta piazza d’armi nel suo cortile interno, oggi trasformato in un attraente parco con tanto di laghetto e piacevoli viali alberati, oltre a spazi per la lettura e dialogo tra i visitatori. Benché vista e considerata la sua storia pregressa di oltre due secoli e mezzo, sarebbe stato più corretto paragonarla ai tempi della sua costruzione ad una sorta di Pentagono o centro amministrativo delle forze armate ottomane, particolarmente a partire da quando, durante il regno del sultano Mustafa III (1757-1774) costui ne prese in amministrazione i terreni su suggerimento gran visir Mehmed Pasha, scegliendo di trasformare la fattoria pre-esistente in effettivo quartier generale e scuola d’addestramento per lo stimato corpo dei giannizzeri, spina dorsale dell’esercito imperiale. Aprendo il capitolo, pochi anni dopo, del sanguinoso conflitto della prima guerra russo-turca di sei anni, destinata a terminare nel 1774 con la perdita di Crimea, Romania e Bulgaria. Una brusca occasione di risveglio, per la classe dirigente della sublime Porta del Bosforo, ai limiti inerenti delle proprie forze armate, prive delle più moderne risorse e metodologie degli altri grandi imperi europei. Aprendo in questo modo l’opportunità, proprio tra simili mura, di cercare nuovi e significativi margini di miglioramento…

Vasta come una caverna e dislocata nella forma di un circuito percorribile da un capo all’altro senza mai uscire all’esterno, il complesso della caserma Rami ricorda sotto questo aspetto una creazione ben più moderna: l’anello dell’Apple Park di Cupertino, nel cuore della Silicon Valley.

Il secondo sovrano strettamente collegato alla storia della caserma Rami può essere per questo individuato nel successore di Mustafa III, Mahmud II che nel corso del suo regno (1808-1839) scacciò via i giannizzeri dal complesso nel quadro di un’intensa stagione di riforme, definita complessivamente Niẓām-ı Cedīd (il “Nuovo Ordine”) finalizzata in campo militare all’adozione su larga scala di ufficiali e metodi di addestramento occidentali, stabilendovi il nuovo corpo armato degli Asakir-i Mansure-i Muhammediye (“Soldati di Maometto che hanno ricevuto l’aiuto di Allah”) destinati ad essere inviati al fronte durante il periodo della seconda guerra turca contro la Russia (1828-1829) terminante col trattato svantaggioso di Edirne. Ma poiché i risultati complessivamente furono pur sempre migliori, i nuovi occupanti della caserma continuarono ad essere rilevanti fino al conflitto corale della Crimea, combattuto verso la metà del XIX secolo tra l’Impero di Russia e un’alleanza di ottomani, francesi, inglesi ed il regno di Sardegna. Trasformata successivamente in scuola d’artiglieria, un ruolo che avrebbe rivestito fino allo scoppio della prima guerra mondiale, durante cui sarebbe stata danneggiata dai bombardamenti e successivamente utilizzata come quartier generale delle truppe d’occupazione francesi, negli anni tra il 1918 e il 1923. Rimasta abbandonata per l’intera fase iniziale del periodo Repubblicano, la caserma Rami avrebbe perciò trovato nuovo impiego come complesso di supporto per l’esercito fino agli ’60 del Novecento, quando venne trasformata in magazzino alimentare per i grossisti della zona di Eyüp, capaci da questo punto strategico di rifornire l’intera città. Un tardivo riconoscimento del suo valore storico sarebbe giunto in via formale soltanto nel 1972, come risorsa culturalmente di rilievo della storia architettonica cittadina, aprendo il sentiero alla successiva riqualificazione messa in pratica soltanto a partire dal 2014, nel quadro del rinomato piano “Vision 2023” del governo, strutturato attorno ad una serie di obiettivi economici ed amministrativi per l’odierna Turchia. Tra cui quello di disporre della “migliore università” e “migliore biblioteca” nella capitale, storico centro della cultura del Levante, che oggi possiamo dire essere stata intrapresa con il piede giusto grazie all’inaugurazione della Rami Kütüphanesi.
Un letterale mondo ragionevolmente isolato dal traffico ed il caos cittadino, adibito a custodire 2,5 milioni di libri nel momento della sua inaugurazione, suddivisi in base allo schema ideale di una vera e propria “biblioteca vivente” ovvero suddivisa per funzioni di diverso tipo attraverso i locali per l’infanzia, i giovani e gli adulti, in aggiunta a vasti spazi per le collezioni di letteratura private o altri manufatti d’importanza storica per la città. Notevoli anche gli allestimenti museali dedicati alla storia della stampa e la storia e civiltà nazionali, cui sono state riservate ampie sale nel rettangolo del vasto edificio. Un solido “investimento nel futuro” dunque, per usare le parole dello stesso Erdogan, presente all’inaugurazione e che ha sancito l’evento con un lungo discorso celebrativo.

Ristrutturato fin quasi dalle fondamenta, l’edificio ha visto l’effettiva ricostruzione d’intere ali andate totalmente in rovina, prestando particolare attenzione all’utilizzo di materiali tradizionali. Ciononostante, al suo interno non è stato disdegnato l’uso di arredi più moderni, massimizzando in questo modo l’ergonomia.

Lo stesso concetto d’investire vasti capitali nella creazione di un luogo di cultura implica del resto in qualche modo l’apertura, possiamo ragionevolmente auspicarci, ad un rinnovato metodo per confrontarsi con le idee di un’epoca di repentini e imprevedibili cambiamenti. Che indubbiamente contribuisce alla somma positiva dei punti di forza all’interno del grande corso della globalizzazione, un passaggio a questo punto indispensabile per poter trovare nuove strade verso l’ottenimento di prosperità imperitura. Che altri spazi utilizzati un tempo per gli eserciti diventino, per questo, rinnovati baluardi di quel tipo di risorse che possiedono un valore implicito decisamente maggiore! La valida sapienza dell’universo cartaceo, ancora valida e ingombrante prima che ogni branca dello scibile possa diventare insostanziale e al tempo stesso pervasiva, grazie agli strumenti informatici degli anni a venire. Il tempo di cambiare nuovamente destinazione d’uso, anche in seguito, potremo sempre trovarlo…

Lascia un commento