Sospeso momentaneamente in un barattolo l’eterno conflitto tra gli angeli e le farfalle di mare

Serafini, cherubini e troni. Dominazioni, virtù e potestà. Principati ed arcangeli. Qualifiche attribuite dagli uomini ai presunti livelli successivi di creature, o invero emanazioni più o meno tangibili, dell’Altissimo intelletto che ha creato ed in una qualche misura non del tutto ponderabile, tutt’ora guida e sorveglia l’Universo. Esseri benevoli o in ogni caso non pernicioso, per quanto dotati del tipo di poteri sufficienti a danneggiare o devastare l’intera civiltà degli effimeri individui terrestri. Forse per questo, nella Bibbia, l’espressione che più spesso scaturisce dalle loro labbra è solita configurarsi come “Non abbiate paura” ovvero proprio quell’affermazione che, nella stragrande maggioranza dei casi, dovrebbe costituire l’inizio di un senso di terrore imprescindibile e continuativo nel tempo. Perché se un messaggero divino dovesse d’un tratto decidere, per propria o esterna iniziativa, che è giunto il momento di dare la caccia a qualcosa o qualcuno, c’è molto poco che la nostra odierna tecnologia o fondamentale essenza potrebbero servire per tentare d’inficiare una simile nefasta inclinazione. Volendo a questo punto connotare un tale esperimento teorico con la realtà tangibile dei fatti, basterà pensare momentaneamente al destino della lumaca di mare planktonica Limacina helicina o farfalla di mare, poco meno di mezzo centimetro di creatura incluso il guscio e le ali, condannata a vivere in condizioni che potremmo agevolmente definire come precarie. Vista la facilità con cui viene fagocitata da salmoni, balene, foche ed uccelli, ma anche e soprattutto un altro tipo di gasteropodi, il cui fato è intrecciato indissolubilmente al loro, in quanto governato da pregressi processi evolutivi che li hanno resi capaci di nutrirsi esclusivamente di tali piccole, fluttuanti creature. Essi stessi evanescenti e non più grandi di 2 cm, sebbene distribuiti in una forma verticale senza guscio e dall’aspetto vagamente angelico, che li identifica rapidamente come spp. Clione/Clionoidea o Hydromyloidea, a patto di disporre di una fonte di luce adeguata. Del tipo raramente presente, a dire il vero, nel particolare ambiente di provenienza di entrambi, che ne colloca una vasta maggioranza a profondità di fino 500 metri negli abissi dell’Artico e dei mari del Nord, dove da tempo immemore, competono perseguendo la propria esclusiva sopravvivenza. Entrambe carnivore, ed altrettanto inclini a fagocitare esponenti della giovani della lumaca più piccola (rendendo effettivamente la L. helicina un chiaro esempio di cannibale opportunista) sebbene sia soprattutto la seconda a dare spettacolo, nel momento in cui si approccia a un esponente della controparte più piccola altrettanto incline a fluttuare nella colonna verticale marina. Quando ribaltandosi letteralmente tra il dentro ed il fuori, estende i suoi quattro tentacoli per afferrare il guscio della cugina. Per poi procedere, mediante l’utilizzo di uno strumento anatomico noto come cono boccale, ad agganciare il mollusco all’interno mediante l’uso di appositi uncini. E risucchiarne via, letteralmente, ogni fluido nutritivo contenuto all’interno. “Non abbiate paura.” …Indeed!

Alcuni angeli e farfalle di mare condividono un diverso spazio artificiale, con conseguenze molto presto destinate a diventare nefaste. Diversamente da quell’altro recipiente, capace di contenere le tremanti vittime ma non i loro predatori.

Non che la dondolante vittima di questa impressionante vicenda, così efficacemente e raramente mostrata in apertura inquadrando un barattolo di campioni scientifici in possesso del programma di studio del Carbonio Oceanico e Biogeochimica (OCB) composto da scienziati internazionali per lo studio degli ecosistemi marini, risulti di per se privo di un suo grado niente affatto trascurabile di stranezza inerente. Questo perché l’appropriatamente denominata farfalla di mare, per la maniera in cui il suo piede si è evoluto in un paio di pinne simili ad ali, è solita mantenersi distaccata dal fondale con un palese sforzo e battito ininterrotto, a causa di una capacità di galleggiamento negativa che condivide con gli esponenti angelici dei suoi più tradizionali e angelici nemici. Ulteriormente peggiorata dal possesso del sottile guscio protettivo in aragonite che ne aumenta sensibilmente il peso, almeno finché non riescono ad implementare il proprio più caratteristico e notevole espediente: la costruzione di una vera e propria rete di muco, altrettanto utile nel mantenersi a mezz’acqua, quanto catturare grazie alla sua natura appiccicosa un’ampia varietà di prede possibili, tra l’ampia selezione del discontinuo flusso planktonico sommerso. Pur mantenendo la capacità, ogni qual volta dovesse presentarsene l’esigenza, di distruggere la tela e precipitare frettolosamente verso il fondale, grazie all’irresistibile potere della mera gravità terrestre. Osservare entrambe le tipologie di lumache, angeli o farfalle che siano, intente a fare ciò che gli riesce meglio (nuotare) costituisce quindi un’esperienza soavemente ipnotica, sebbene siano soprattutto le seconde ad aver attratto nel tempo l’attenzione degli scienziati interessati alla disciplina della cinematica ovvero lo studio del movimento. Questo per la maniera in cui le due alucce che emergono dal guscio tondo e lo sovrastano, alla maniera del classico logo degli pneumatici da corsa un tempo associato al carro del Dio Hermes, si agitano disegnando una figura ad 8 che ricorda chiaramente quella dei sopracitati ed eponimi insetti, dovendo inoltre contrastare la tendenza pressoché costante a ribaltarsi in senso longitudinale. Il che contribuisce a renderle, incidentalmente, le creature “volanti” (o in questo caso fluttuanti) soggette al maggior grado di beccheggio nel corso dei propri normali spostamenti, che necessita di essere controbilanciato da appositi e precisi movimenti di quelle ali. Che risulta, cionondimeno, più che sufficiente a garantirgli la capacità di sopravvivere ed andare a caccia, laddove la minuscola creatura può essere soltanto definita come vulnerabile sotto un’altra vasta serie di punti di vista. Tra cui la necessità di trovarsi sempre, come anche i clioni e gli idromiloidi, al di sotto dei cinque gradi Celsius al massimo, un proposito sempre più difficile visto l’attuale andamento climatico dei nostri mari. Ulteriormente peggiorato, soltanto nel caso della specie più piccola, dall’ulteriore e significativo problema del guscio stesso, il cui materiale costituivo risulta tanto sottile e solubile, da risentire con estrema rapidità degli effetti di un’eccessiva acidità chimica degli oceani, capace di dissolverlo uccidendo la creatura all’interno. Il che d’altronde tende a privare a loro volta gli angeli della loro unica fonte di cibo, facendo di entrambe le varietà di creature un esempio da manuale di specie-canarino, utilizzabili come il proverbiale uccellino in miniera per anticipare i cambiamenti negativi dello stato ambientale corrente.

L’accoppiamento degli angeli di mare risolve molte lunghe incertezze in merito alle abitudini riproduttive dei nostri celesti dominatori. Per non parlare della famosissima questione dello spillo, sulla cui capocchia non potrebbe trovar posto neanche un singolo esponente della sottoclasse heterobranchia.

In termini riproduttivi angeli e farfalle condividono nel frattempo la stessa strategia tipica dei gasteropodi di mare, che le vede nascere sempre ed esclusivamente con il sesso maschile, entro qualche mese seguito dallo sviluppo delle gonadi materne tale da farne degli effettivi ermafroditi. Con una durata di vita stimata attorno all’anno e mezzo/due anni, le lumache sono solite accoppiarsi più volte a seguito del raggiungimento della maturità sessuale, un fatto facile da confermare almeno nel caso dei clioni, grazie alla presenza di cicatrici permanenti che le controparti si procurano vicendevolmente tramite l’impiego di una pratica ventosa di congiunzione. Dotazione messa in funzione durante le eleganti danze che li trasportano fino in prossimità della superficie, al fine di mettere in scena tutta la loro spropositata passione reciproca, a rischio di esporsi all’attenzione indesiderata di uccelli che dovessero passare da quelle parti.
Molto più discussi e celebrati delle piccole ruote di cui si nutrono, gli angeli di mare compaiono perciò talvolta negli acquari, sebbene necessitino di particolari accorgimenti al fine di garantire la loro sopravvivenza. Vedi l’impiego di speciali recipienti controllati termicamente, particolarmente popolari in terra giapponese. Dove può talvolta capitare di osservare piccole colonie domestiche della traslucida creatura, possibilmente collocata nelle sale d’attesa di servizi pubblici o medicali. Questo per l’idea immaterialmente diffusa, secondo cui il clione possa avere un effetto terapeutico o calmante su chi lo osserva, una capacità che condivide con i pokémon Manaphy e Phione, direttamente ispirati a questo mondo segreto e soggettivamente ostile. Ma come in ogni altra circostanza biologica e naturale, tutto quello che dovremmo fare nella maggior parte dei casi è limitarci ad osservare da lontano. Poiché non è possibile tornare indietro, una volta che si è tolto esseri come questi dai loro legittimi oceani d’appartenenza. E gli angeli non devono per forza, o necessariamente, comprendere l’iniziativa totalmente umana del pentimento.

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