I magnifici colori dei serpenti rari che assediano l’aeroporto di San Francisco

Dalla cabina di pilotaggio del grande aereo di linea, sotto la luce intensa di una luna marezzata al centro di quel cielo sgombro del colore di una divisa da steward degli anni d’oro della compagnia di bandiera, la Città d’Oro dimostrava chiaramente la ragione del suo soprannome: lo scintillante aspetto di una collettività perennemente sveglia ed operosa, intenta a correre ed a svolgere le miriadi di mansioni previste dalle norme della civilizzazione moderna. Ma di fronte alla linea chiaramente illuminata della pista di atterraggio, sospesa presso il punto in cui l’asfalto si perdeva e trasformava nelle acque riflettenti della baia di San Francisco, ed in effetti perpendicolarmente ad essa, campeggiava casualmente un’area larga e tenebrosa, attraversata unicamente da un certo numero di strade sopraelevate. Mentre controllava attentamente i suoi strumenti di riferimento, il co-pilota rivolse un rapido sguardo all’indirizzo di quell’intero isolato verde scuro, venendo notato con la coda dell’occhio dal suo capitano. “Ah, quello?” Disse l’uomo, la barba bianca increspata dall’accenno di un sorriso. “Non farci caso, a quest’ora dormiranno tutti… Hic sunt serpentes. Ah, ah, ah! Non andare corto con l’atterraggio, mi raccomando!” Una vibrazione lieve percorse la carlinga del velivolo; il carrello era abbassato e tutto era pronto per toccare terra, appena qualche decina di metri dopo la versione contemporanea della buca vichinga per l’esecuzione dei condannati, la temibile Ormegård. E fu allora che al copilota, nonostante l’assenza pressoché totale di nubi, sembrò chiaramente di sentire il rombo di un tuono distante, al di sopra dei quattro motori del potente jet.
Fossa dei serpenti, affilano quei denti. Attendono il proprio momento, senza sentimenti. O almeno questo è quello che sarebbe lecito aspettarsi, mentre ci si appresta ad attraversare una delle più notevoli menagerie situate all’interno di un grande centro urbano statunitense. Quella venuta a costituirsi un po’ per caso, ma soprattutto grazie all’aiuto dei naturalisti ed altri praticanti esperti delle tecniche di conservazione animale, nel luogo che fondamentalmente era sempre appartenuto a un simile animale: Thamnophis sirtalis tetrataenia, la “corda bungee vivente” o per usare un’espressione maggiormente descrittiva e meno metaforica, quello che in molti chiamano il serpente più magnifico dell’intero territorio statunitense. Una vera gemma oblunga e sinuosa, dai colori nero, verde acqua ed arancione intenso, intervallati in una serie di strisce parallele accentuate dal rilievo delle sue scaglie. Che potreste forse riconoscere quando chiamato con il termine d’uso comune di serpente giarrettiera, nonostante la limitata somiglianza con il più iconico indumento di biancheria intima utilizzato fino all’inizio del secolo scorso, il cui scioglimento era considerato un simbolo dell’inizio della vita matrimoniale. Dopo tutto chi porrebbe in tale posizione delicata un rettile come questo, nelle parole stesse dell’unica vera sovrana di questo regno, la biologa dell’USGS (Servizio Geologico) Natalie Reeder, “Una delle categorie maggiormente incomprese ed ingiustamente odiate tra gli animali di questo mondo.” Soprattutto quando si considera la natura per lo più innocua dei suoi protetti, dotati di un veleno innocuo per gli umani e inoculato unicamente tramite l’impiego di una saliva lievemente tossica prodotta dalle gengive nella parte più retrograda della bocca. Il che potrebbe d’altra parte essere considerato come un problema di entità piuttosto significativa, quando si considera l’apprezzamento dimostrato attraverso gli anni da parte d’innumerevoli estimatori e collezionisti, così tipicamente inclini a catturare esemplari di questa notevole creatura, almeno fino alla proclamazione dell’Atto di Conservazione delle Specie a Rischio del 1966, il cui testo includeva il diritto per il Dipartimento Agricolo Statunitense di requisire terreni di particolare importanza strategica per assicurare la continuità di specie eccezionalmente rare. Una prerogativa forse mai esercitata in maniera tanto eclatante, quanto quella che avrebbe portato alla segregazione tramite installazione di un alto recinto di un appezzamento tanto esteso nella zona maggiormente popolosa di una delle città più significative dell’intera costa Ovest del paese…

Nella pianificazione urbana, i terreni circostanti a un grande aeroporto vengono generalmente sfruttati per costruire edifici di pochi piani ma comunque dotati d’importanti ruoli infrastrutturali, o un significativo valore commerciale. Finalità senz’altro valutate dalle autorità locali, almeno fino all’arrivo improvviso e inevitabile dell’USGS.

Come un capovolgimento sostanziale del ruolo degli etologi comunemente assunti dalle autorità aeroportuali, con l’incarico palesemente chiaro di tenere lontani uccelli, piccoli mammiferi o altri possibili disturbi nell’attività quotidiana di decollo ed atterraggio. Laddove il ruolo della Reeder sembrerebbe essere stato piuttosto in questi ultimi anni quello di creare un appezzamento a specifica misura di questo particolare serpente, completo di prato dall’erba incolta, acquitrino d’ordinanza e specifica vegetazione ove nascondersi, all’interno dello schema logico previsto nell’ecologia acclarata di queste notevoli creature striscianti. La cui particolare alimentazione, al fine di raggiungere l’età riproduttiva, prevede l’ampia disponibilità di due creature anfibie diventate anch’esse in epoca recente relativamente rare: la piccola rana dalle zampe rosse della California (R. draytonii) ed esemplari non ancora adulti della rana toro americana (R. catesbeiana), il che risulta alquanto complicato da gestire, poiché una volta raggiunta l’età adulta ed invertiti i rapporti di forza, sarà proprio il batrace in questione a nutrirsi tranquillamente del beneamato serpente. Stiamo d’altra parte parlando di un rettile capace di estendersi tra i 46 e 140 cm, i secondi raggiungibili soltanto dagli esemplari di sesso femminile, sensibilmente più imponenti dei loro partner del genere opposto. Questo per la particolare metodologia riproduttiva della specie, che prevede l’ovoviviparità ovvero inclinazione a far maturare i piccoli all’interno del corpo della madre ma senza alcuna connessione diretta con quest’ultima, come avviene in molte altre specie di serpenti incluso il serpente a sonagli. Per poi procedere a partorirli vivi all’interno della sua tana sotterranea abbandonata da un predecessore, alla stessa maniera dei suddetti mammiferi ma già dotati di un grado superiore d’indipendenza. Una prerogativa niente meno che indispensabile, vista la tendenza di queste creature a cadere vittima di predatori come pesci, tartarughe azzannatrici, falchi, aironi, volpi, procioni e persino scoiattoli, con l’unica difesa nell’immediato della capacità di assumere una posa simile a quella di serpenti dal veleno ben più temibile da utilizzare ai danni del proprio aggressore. Benché molti di coloro che si sono dimostrati sufficientemente imprudenti da nutrirsi di uno di questi rettili, nonostante la vistosa colorazione aposematica, hanno in seguito finito per pentirsene. Questo perché intere popolazioni del serpente giarrettiera di San Francisco, grazie a una speciale predisposizione genetica, sono capaci di nutrirsi senza conseguenze del temibile tritone della California (Taricha torosa) essere coperto da un veleno potenzialmente letale che poi tende a permanere all’interno del fegato serpentino, mantenendo i terribili princìpi ai danni di coloro che dovessero tentate di fagocitare tale organo nel proprio organismo. In tal senso, il nostro amico aeroportuale risulta effettivamente costituire una delle pochissime creature sia venomous (velenose se ti mordono) che poisonous (velenose se le mangi) dell’intero regno animale, un record che potrebbe aver contribuito attraverso gli anni all’accumulo di una latente reputazione non propriamente ottimale, tale da ritardare attività specifiche mirate alla sua conservazione futura.
Una tendenza alla passività destinata inevitabilmente ad interrompersi, nel momento in cui all’inizio degli anni 2000 vennero scoperti i primi esemplari nell’appezzamento dell’SFO, sancendo la prima casistica rivelata all’interno dei confini urbani capaci di prestare il nome a simili creature, nonostante fino a quel momento fossero state concentrate principalmente nella contea più meridionale di San Mateo, lontani dal trambusto ed il caotico ambiente cittadino. Il che potrebbe anche dimostrare l’effetto notevolmente positivo di un giardino segreto soltanto di nome, che trovandosi sotto gli occhi di tutti tenderà imprescindibilmente a ricevere il più alto grado di attenzione amministrativa e fondi a sostegno del progetto di partenza. Così che lo stesso manager dell’aeroporto, in un segmento prodotto dalla CBS per i su suoi programmi d’informazione mattutina, si trova a raccontare della maniera in cui l’erba del mini-parco naturale venga rigorosamente tosata mediante l’impiego di una squadra di capre trasportate fin lì mensilmente, al fine di evitare l’impiego di macchine o trattori che potrebbero arrecare danni agli striscianti ospiti di quel perfetto resort. Al punto che il risultato c’è, si vede e sarebbe assai difficile da essere sopravvalutato: con una popolazione complessiva oggi stimata a circa 1300 serpenti, probabilmente pari al 60-70% di tutti i serpenti giarrettiera di San Francisco attualmente esistenti su questa Terra. Un buon momento, insomma, per iniziare a propagare la specie anche altrove. Immaginate a tal proposito l’effetto di un singolo incendio, causato dalla manovra impropria di un aereo che sta effettuando l’approccio finale…

Una delle cose più difficili su Internet è trovare un video o foto di questi serpenti in cui il contrasto non sia stato aumentato eccessivamente, al fine di massimizzare la già eccezionale colorazione delle loro scaglie. Laddove la realtà, a conti fatti, non risulta in alcun modo meno eccezionale a vedersi, come possiamo apprezzare in questa ripresa effettuata presso lo zoo di San Francisco.

Vere e proprie gemme dal punto di vista estetico e visuale, i serpenti giarrettiera andrebbero anche considerati come un’importante agente pregresso dell’ecologia naturale californiana, sebbene il loro numero progressivamente ridotto sia riuscito ad impedirgli di svolgere una simile mansione nel corso dell’ultima serie di decadi. Così che oggi, essendo giunto a condividere lo spazio a lui dedicato presso l’aeroporto con altri rettili come il colubride dal ventre giallo (C. constrictor flaviventris) e il serpente gopher del Pacifico (Pituophis c. catenifer) potrebbe giungere ad offrire una finestra privilegiata sulle condizioni naturali pre-esistenti all’interno di questo stato. Un’occasione più unica che rara, per comprendere maggiormente il mondo che ci circonda e le regole che connotano gli equilibri esistenti tra le differenti specie. Che continuano ad essere validi, con le dovute eccezioni, nonostante i nostri molti sforzi compiuti con lo scopo di sovvertire l’originale schema interconnesso della natura. Anche, e soprattutto, dove saremmo meno inclini ad attendercelo: nello spazio filosoficamente sospeso tra cielo e terra.
Ove la città incontra il suo polo logistico dal più alto grado di complessità. Eppure neanche il passaggio di 55 milioni di persone l’anno ha saputo, in effetti, giungere ad inficiare i diritti di coloro che qui risiedevano da un tempo precedente. Il vero popolo striato dei nativi, amichevoli ed innocui serpenti giarrettiera. Beneamati da tutti coloro che li conoscono. A meno di essere una rana.

Lascia un commento