Nero & marrone: i colori fondamentali della terra, interconnessi vicendevolmente così come si richiamano alla notte, le tenebre, il silenzio. Come le ali di falene del gelso mai venute al mondo, poiché immerse, con l’intero bozzolo, all’interno di una pentola assassina. Una morte dall’elevato tenore di spietatezza che corrobora il risuona nel profondo spirito di chi comprende in linea di principio l’empatia, ma pur sempre in grado di costituire il punto di partenza per qualcosa di meraviglioso: sīchóu (丝绸) la seta, etimologicamente “un doppio filo avvolto” sul telaio, per costituire il tipo di tessuto più pregevole in una vasta serie di circostanze. Ma se tutto questo fosse il punto più elevato del processo, semplicemente uccidere un insetto, dubbi potrebbero venire espressi sull’ingegno di chi ha messo in opera quel modus operandi, così come ogni altro compito portato a compimento dalle mani umane, nel suo particolare modo, tende a rivelare l’intento e l’ambizione di colui che intende perpetrarne lungamente l’impiego. Traendone profitto, certo, ma anche dando un senso a quel metodo artistico che può costituire, in ogni campo ed ambito culturale, un’importante parte della vita delle persone. Ancorché vi sono modi per esprimerlo, diversamente condizionati dall’ambiente di provenienza, che soltanto in modi o con approcci specifici, possono portare a compimento l’idea. Uno di questi: lo Xiangyunsha, un termine di marketing creato all’inizio del secolo scorso, che fa tuttavia riferimento ad una tecnica più vecchia di mille anni, traducibile a seconda degli ideogrammi usati per scriverlo come “seta che canta”, “seta fragrante” o “nube di seta profumata”. Così creata in origine, con approcci non dissimili da quelli odierni, secondo una leggenda ad opera dei pescatori di un certo corso d’acqua cinese, che sporcandosi accidentalmente gli abiti col fango del fondale di quest’ultimo scoprirono che questi rimanevano da quel momento incapaci di aderire alla pelle, idrorepellenti e per di più immuni all’accumulo di sporcizia. Un aneddoto effettivamente derivante della regione del delta del fiume delle Perle, nella provincia del Guangdong, l’unico luogo dove giungevano a convergere una serie d’importanti tesori! Il primo, un’industria già fiorente nella produzione del tessuto morbido e leggero per eccellenza. Il secondo, il passaggio di un fiume ragionevolmente libero da agenti contaminanti ed anche per questo l’accompagnatore di un limo speciale. Il terzo, ampi prati erbosi in prossimità degli argini, una condizione non meno imprescindibile per dare l’espressione a questa particolare tipologia di progetti tessili e tutto ciò che tende a derivarne. Per non parlare della capacità d’importare un certo frutto, o per meglio dire tubero creato dalla terra, prodotto principalmente collegato a determinate regioni del meridione asiatico, come Indonesia e Malesia…
Avendo perciò menzionato fino ad ora i due colori tradizionali di altrettanti lati della seta Xiangyunsha semplicemente l’uno di seguito all’altro, sarà senz’altro opportuno approcciare il discorso di come essi vengano effettivamente applicati alla superficie del tessuto, in un modo che costituisce anche il suo marchio di fabbrica e punto di forza. Giacché nulla di tutto questo esisterebbe senza l’impiego da parte dei fabbricanti di una pregevole tipologia di tintura, il succo di Uncaria gambir o catechu pallido creato a partire dalla spremitura del tubero e le foglie della pianta, così chiamato per analogia con un tipico ed esteriormente simile prodotto creato a partire dall’albero dell’acacia. venduto ed approvvigionato da paesi specializzati. di cui sopra, nella forma molto pratica di blocchetti farinosi, che una volta immersi nell’acqua si polverizzano sprigionando agevolmente le proprie caratteristiche inerenti. Tra cui la capacità di combattere l’infiammazione ed altri dote apprezzate nella medicina tradizionale, ma anche tingere profondamente un ritaglio di stoffa, fino a fargli assumere una tonalità marrone più o meno intensa in base alla quantità ed il processo d’utilizzo impiegato. Il che sarebbe, di per se, già abbastanza valido come passaggio verso la creazione di una seta ideale, anche senza il “miracolo” che costituisce il nesso principale dell’intera faccenda. Poiché una volta completato questo passaggio, gli addetti alla produzione procedono nel distendere i lunghi rotoli di stoffa lungo le pianure ripariali sotto un solleone intenso ma non troppo (stiamo parlando in parole povere dei mesi esclusivamente situati tra marzo e novembre) poco prima di applicare con strumenti specializzati generose quantità del limo “magico” dell’umido fondale del Zhū Jiāng (珠江). Ed è questa l’origine della particolare doppia colorazione di tale seta, ma anche le sue prerogative quasi mitologiche all’interno del panorama dei prodotti tessili d’Asia. Questo a causa di una insolita quanto scientificamente misteriosa reazione chimica tra i tannini contenuti nell’impasto vegetale e le tracce di ferro presenti nella terra fluviale, capaci di alterare le fondamentali caratteristiche del prodotto finale. Ed anche senza entrare nel merito e i segreti industriali di un settore tanto distintivo, rimane pur sempre sotto gli occhi di chiunque ne abbia toccato un esempio la diversa qualità finale di ciò che ne deriva, confrontando la seta Xiangyunsha con la conseguenza di un qualsiasi altro ambito procedurale. Benché si dicesse, anticamente, che il tessuto risultava essere imperfetto al momento della commercializzazione, richiedendo d’essere indossato per qualche tempo prima di ammorbidirsi e diventare impervio ad ogni tipo di contaminazione ulteriore. Ragion per cui, aneddoticamente, i materiali esplicativi fanno riferimento all’usanza presunta degli antichi membri dell’elite cinese, che prestavano i propri abiti migliori ai servi per qualche tempo, prima d’iniziare a utilizzarli personalmente.
Eccellenza fortemente regionale e necessariamente inimitabile all’estero, la cui stessa produzione viene condizionata da particolari condizioni contestuali possibili soltanto qui ed ora, dal punto di vista di coloro che la producono, la seta bicolore del Guangdong tende a mantenere ancora oggi una fetta irraggiungibile del mercato internazionale, connessa a capi d’alta moda il cui prezzo unitario è molto superiore alla concorrenza. Commisurata, nello specifico, non soltanto al marchio ma anche il tipo e quantità di lavoro necessari alla preparazione della materia prima. Il che ha d’altronde visto una flessione significativa nell’impiego nazionale della stoffa, particolarmente a seguito dell’invenzione del rayon sintetico alla metà del secondo decennio del Novecento. Dotato di simili caratteristiche antibatteriche con la conseguente necessità di essere sottoposto a lavaggi meno frequenti rispetto ad altre tipologie di stoffe. Ma alquanto prevedibilmente e come giurato con enfasi da chi ha avuto l’occasione di un confronto, non vanta le stesse caratteristiche di morbidezza e leggiadrìa del singolare prodotto di fango, tuberi ed una filiera produttiva antica quasi quanto quella del baco stesso. E d’altra parte, ciò dovrebbe avere veramente un qualche tipo d’importanza residua? Le cose valgono più o meno, in funzione del triangolo formato da quello che riescono a fare, quanto tempo richiedono per giungere alla forma finale e quanto è difficile trasformarne i singoli elementi. Quando due di tali termini risultano perfettamente soddisfatti, va da se che il terzo è meramente un dettaglio. Nessuna falena, per quanto magnifica, può pretendere di librarsi su un numero dispari di ali evanescenti…