La fiera ribellione dell’Australia che marciava sotto l’albero di coolibah

È possibile desumere molto della cultura intrinseca di un paese dal suo comportamento collettivo nei momenti di difficoltà, e non c’è nessun momento più difficile di questo: la scena è quella di un intero battaglione, intento a marciare in circostanze che purtroppo sono andate perse nella polvere degli archivi. Ma le uniformi, l’equipaggiamento, la qualità delle immagini e l’atmosfera patriottica della pellicola numero F01424 non lasciano particolari dubbi sull’epoca rappresentata, quasi certamente corrispondente all’apice della seconda guerra mondiale. Gli uomini seri e disciplinati, ritmicamente intenti a cadenzare il tempo della loro marcia. Mediante uno dei più antichi metodi tipicamente rappresentativi del mondo militare, consistente nell’esecuzione ritualizzata di un impeccabile motivo musicale. Ed è proprio la natura di quest’ultimo, così allegro e al tempo stesso carico di significato, nonché orecchiabile in maniera collateralmente meritoria, a donare un fascino particolare a questo breve filmato, che giunse a costituire un video virale minore sulle pagine di Internet di qualche anno fa. “Waltzing Matilda” canta con enfasi l’ufficiale in testa alla fila e assieme a lui, quello che finisce per costituire un letterale coro in divisa, non meno coordinato che se fosse intento a svolgere una parata d’onore per le strade di Melbourne, Sydney o Brisbane. Questo perché simili note, vagamente familiari per la mente collettiva dell’individuo non specializzato delle nazionalità più disparata, corrispondono effettivamente ad una delle voci maggiormente rappresentative di quel popolo e della sua storia, a partire dalla prima costituzione della storica colonia penale sulla terra di Van Diemen nel 1830, l’odierna isola tasmaniana. Corrispondente al gesto di piantare un seme, ed iniziare la dimostrazione complessiva all’Inghilterra e il resto del mondo, di come non potesse esistere un impulso più essenziale a mettersi all’opera che una terra vasta, fertile e incontaminata. Permettendo lo sviluppo delle più incrollabili radici di un’intera nazione.
Con una collocazione cronologica situata attorno al 1895, sebbene ogni tentativo di datazione esatta sia sfuggita ripetutamente agli sforzi dei filologi musicali, questa celebre canzone scritta dal poeta Andrew Barton “Banjo” Paterson secondo i crismi del genere noto come “ballata del Bush” fu quindi più volte eletta ad un magnifico riassunto dei valori stessi che portarono ad un così alto traguardo, assieme alla capacità d’arrangiarsi di coloro che per tanto a lungo furono una colonna portante dell’industria e dell’agricoltura locale. Definiti per l’appunto, in un tripudio memorabile di terminologia nazionale, gli swagman o “uomini del sacco a pelo” (chiamato per l’appunto, swag o Matilda) usato come un fagotto all’interno del quale custodire l’intera quantità dei propri averi, mentre vagavano (“waltzing“) lungo le aride distese che si frapponevano tra una stazione agricola e l’altra, ben sapendo come una scelta errata sulla prossima stazione del proprio viaggio potesse corrispondere a una mancanza di lavoro e coincidente rischio di morire di fame. Ma questa canzone ispirata, dichiaratamente, a un canto popolare preesistente udito quasi per caso alle corse ippiche di Dagworth Station dalla trentunenne Christina Macpherson, amica e forse spasimante di Paterson, potrebbe in effetti possedere anche un significato politico meno evidente, come dalla particolare vicenda storica cui potrebbe alludere, secondo le nozioni date per ufficiali dalla stessa Biblioteca Nazionale d’Australia. Un aspetto non facilmente trascurabile, quando si considera l’effettiva storia del personaggio di cui parlano quei versi, un swagman che si ferma sotto un albero di coolibah (eucalipto) a bollire l’acqua presso gli argini di un billabong, il tipico residuo di un’ansa di fiume rimasta scollegata dal corso principale, formando una sorta di basso lago a forma di mezzaluna. Quando all’improvviso, l’arrivo di una piccola pecora, chiamata in modo memorabile e per la sua propensione a saltare un jumbuck, lo induce a prenderla e metterla nel suo sacco, mentre le parole della canzone celebrano il fatto che da quel momento, l’animale potrà seguire lui ed il suo Matilda nelle allegre scorribande in giro per il paese… O venire, molti più probabilmente, cucinata. Ma è nella penultima strofa, di un testo non sempre del tutto identico a se stesso, che il racconto prende una piega meno spensierata, quando arriva il proprietario terriero locale, detto localmente squatter, seguito da tre trooper, nient’altro che poliziotti incaricati di restituire l’animale al suo legittimo proprietario. Ma nel catartico finale della situazione, sarà lo swagman a potersi guadagnare l’ultima parola nell’intera faccenda, saltano a piedi pari nel laghetto ed affogandovi all’interno, per lasciare come unico segno del suo passaggio un fantasma eternamente allegro, che continuerà il suo waltzer per le vaste ed incontaminate lande australiane. Una scelta che in quella particolare epoca, non avrebbe potuto fare a meno che suscitare una particolare suggestione…

Il brano musicale originariamente sentito da Christina Macpherson è che avrebbe quindi ispirato la canzone è stato più volte identificato come “Go to the Devil and Shake Yourself” una ballata per pianoforte di origine irlandese. La somiglianza del motivo, anche senza le parole, resta piuttosto evidente.

L’inizio del Novecento, come è noto, portò a una serie di significativi sconvolgimenti mirati alla creazione di una società moderna, in cui non fosse necessariamente l’instancabile operosità dei macchinari, a dettare le tempistiche e le aspettative dei padroni, ma una necessaria considerazione per le imprescindibili esigenze, necessità e limitazioni della gente stipendiata all’interno del sistema produttivo di ciascun paese. Ed in questo l’Australia non fece certo eccezione, con la creazione del primo Partito Socialista al mondo a ricoprire un ruolo governativo nel 1899 in Queensland, seguito dal Sindacato dei Lavoratori nel 1910 e un vero e proprio Partito Comunista nel 1920. Tutte istituzioni politiche, e sociali, che avrebbero tenuto al centro del proprio statuto l’essenziale commemorazione dei primi coraggiosi uomini e donne, disposti a mettere a rischio il proprio unico mezzo di sostentamento e la vita stessa, affinché le leggi di natura potessero prevalere sul bisogno di massimizzare i guadagni, così centrale e irrinunciabile all’interno della società capitalista. Personaggi come l’effettivo swagman che viene riconosciuto come il più probabile ispiratore della canzone, per vicinanza geografica alla stazione di Dagworth e l’effettiva reiterata visita, da parte del poeta Paterson assieme al fratello dell’amica Christina, Bob Macpherson, presso il luogo della sua morte. Sto parlando dell’immigrato noto come Samuel “Frenchy” Hoffmeister, nonostante provenisse dalla regione olandese di Batavia, che trovandosi a lavorare come tosatore di pecore a Dagworth nell’autunno del 1894, finì per guidare un agguerrito sciopero contro le condizioni e la paga ritenuta insufficiente, tale da sfociare nell’impiego di armi da fuoco ed un incendio appiccato nel recinto del bestiame, con conseguente dipartita di una grande quantità di ovini innocenti. Una vicenda culminante con l’inseguimento, da parte delle forze dell’ordine, di Hoffmeister fino alla vicina località di Kyuna, dove il suo corpo venne ritrovato senza vita nella camera di un hotel, dove aveva provveduto a suicidarsi con un colpo di pistola. L’unico, ed ultimo gesto di sfida nei confronti della collettività che gli fosse rimasto, una scelta che nessuno avrebbe mai potuto sovvertire, una volta che fosse stata portata fino alle sue estreme conseguenze.
Spiegata in parole povere, dunque, la canzone di Waltzing Matilda è un inno alla ribellione da parte di coloro che non possedevano nulla, tranne il desiderio di affermare la propria esistenza contro il vento del progresso e della cosiddetta società civile, più che incline a lasciare nella polvere fino all’ultimo barlume dell’inutile, persino controproducente senso d’empatia umano. Qualcosa di estremamente raro, nell’intero panorama globale, per costituire il simbolo musicale di una nazione, nonostante il brano sia stato più volte definito come una sorta di secondo inno nazionale australiano, e si sia trovato almeno in un caso formale, ragionevolmente prossimo a diventarlo: quando nel 1977, il governo Fraser indisse un plebiscito in tutto il paese per scegliere quale canzone dovesse rappresentare il popolo nella sua interezza, vedendo vincere l’attuale Advance Australia Fair (scritta nel 1878) con il 48% con al secondo posto il testo di Paterson, distanziando sensibilmente gli altri candidati ma fermandosi al 28%. Il che non avrebbe certo ridotto in alcuna misura, d’altra parte, l’altissimo valore culturale attribuito a queste memorabili parole, più volte utilizzate come ispirazione o fondamento di altre o successive creazioni musicali. A partire dal primo caso risalente alla seconda guerra Boera del 1899, quando i fanti inglesi adattarono le note e la metrica australiana per trarne il canto militarista The Bold Fusilier (il Fuciliere Coraggioso) un sostanziale sconvolgimento del messaggio originale e forse, una cordiale operazione di scherno nei confronti dei soldati australiani che cantavano continuamente la storia di un malcapitato ladro di bestiame. Ma una delle trasfigurazioni maggiormente memorabili dell’opera di partenza sarebbe giunta solo in epoca moderna, col tributo offertogli dal gruppo folk irlandese dei Pogues nel 1971, intitolato “And the Band Played Waltzing Matilda” una composizione contro la guerra e tutto ciò che questa finisce inevitabilmente per implicare, per la vita di coloro che si trovano a combatterla in prima persona…

La canzone inglese sostituisce la Matilda del ritornello con l’esortazione reiterata a combattere per “Marlborough e me” un possibile riferimento ad una delle regioni principali di reclutamento dei giovani soldati inviati al fronte Boero, o anche la figura storica del generale John Churchill I (1650-1722)

Riferita alla prima guerra mondiale e non alla seconda, quindi precorrendo come ispirazione il video d’archivio mostrato in apertura, questa nostalgica e rassegnata ballata si riferisce direttamente alla campagna di Gallipoli, primo e più significativo fallimento della Tripice Intesa mentre tentava di catturare l’omonima penisola, che si estende nei Dardanelli. Circostanza nella quale i Turchi, assistiti dai loro alleati tedeschi, seppero dimostrare e sfruttare a pieno la difficoltà di coordinare un attacco anfibio in epoca moderna, combattendo una feroce battaglia difensiva che avrebbe finito per costare, in un periodo tra aprile del 1915 e l’inizio dell’anno successivo, un totale impressionante di circa 500.000 morti.
Assieme a un numero letteralmente incalcolabile di feriti, tra cui la stessa voce narrante del pezzo degli anni ’70, nient’altro che uno swagman australiano, concettualmente non dissimile da quello menzionato nell’originale Waltzing Matilda e che a lui sembra ispirarsi, reclutato assieme ai suoi amici per andare a combattere al fronte. E che li avrebbe visti morire tutti, uno dopo l’altro, nel giro del primo sanguinoso assalto. Per poi tornare in patria molti mesi dopo, gravemente ferito e ormai rimasto privo delle gambe, a meditare per l’intero resto della propria vita sull’inutilità e la crudeltà di qualsivoglia tipo di conflitto bellico sul corso della Storia. Un messaggio perfettamente riassunto nelle parole del veterano alla conclusione emblematica del brano, ambientata durante la parata annuale del Giorno della Memoria a Canberra:

I see my old comrades, how proudly they march
I see the old men, all twisted and torn
The forgotten heroes of a forgotten war
And the young people ask me, “what are they Marching for?”
And I ask myself the same question

Lascia un commento