L’uomo che cento anni fa pensò a un’America sovrastata dai dischi volanti

Nell’interpretazione retrofuturista del molo di San Francisco, grandi palazzi fiancheggiano ordinatamente una struttura alquanto singolare. Simile a una mensola che si estende oltre la costa, il cerchio sopraelevato è circondato da una strada, completa di piccole automobili che si avviano verso misteriose destinazione. L’edificio spropositato, perché molto evidentemente di ciò si tratta, presenta inoltre una significativa serie di rientranze, sia disposte in senso orizzontale sul soffitto che passanti da parte a parte, come altrettanti sostegni per chitarre, biciclette o antiche spade o scudi di famiglia. Se non fosse per le dimensioni ed in effetti, l’intera raffigurazione a volo d’uccello è dominata da una pluralità di forme discoidali, intente ad “approdare” o sostare all’interno di questa serie di appositi alloggiamenti. Non è in effetti così difficile ricondurre l’intera scena alla famosa fotografia fittizia del dirigibile Graf Zeppelin che approda presso la cima dell’Empire State Building, ideale base di una lunga serie d’investimenti, e significative risorse messe da parte, affinché il mondo dei trasporti su larga scala potesse essere dominato entro la fine degli anni ’30 dai velivoli più leggeri dell’aria. Ma l’artista, ingegnere e grande creativo Alexander Weygers, olandese naturalizzato statunitense ma nato appena una ventina d’anni prima presso l’arcipelago d’Indonesia, aveva saputo disegnare ed immaginare qualcosa di radicalmente differente. Che se oggi siamo pronti a riconoscere come una fondamentale espressione di nozioni prettamente surreali ed aliene, ci è possibile far risalire tale impressione proprio alla lunga serie di creazioni derivative del suo operato, e potenzialmente un articolo del giornale di Allentown in Pennsylvania risalente al 1950, in cui alcuni avvistamenti di UFO vennero messi in relazione, dall’autore il dentista locale Harold T. Frendt, all’operato di questo importante quanto trascurato personaggio della storia ingegneristica americana. Secondo quanto desumibile dagli specifici disegni creati a partire dagli anni Venti ed il brevetto sancito dal governo, ottenuto poco prima dell’inizio della seconda guerra mondiale quando Weygers aveva deciso di vendere la sua idea al comando militare, nella speranza che potesse rendere più facili, o potenzialmente salvare un grande numero di vite umane. Questo perché lui aveva visto e conosciuto, tramite le trattazioni di dominio pubblico e racconti per lo più di seconda mano, la natura pericolosa ed instabile del nuovo concetto di elicottero, un dispositivo per sua stessa narrazione “Incline a precipitare dal cielo come un masso non appena qualcosa fosse andata per il verso sbagliato.” E ripescando dalle proprie idee pregresse, sulla base di una grande esperienza nel campo della metallurgia e progettazione funzionale, aveva teorizzato una maniera per cambiare e migliorare radicalmente le cose. Il documento perfettamente accessibile ancora oggi tramite i forniti archivi di Google, numero di protocollo US2377835A, mostra gli schemi e descrive qualcosa d’immediatamente riconoscibile, pur sembrando provenire al tempo stesso da una sorta di universo trasversale ed alternativo. Un velivolo chiamato Discopter in cui ogni parte sporgente, dagli immancabili rotori, stabilizzatori o impennaggi di qualsivoglia tipo si trova all’interno di un involucro paragonato dall’autore al “disco lanciato dall’atleta” (un riferimento molto pregno, proprio per i suoi trascorsi in campo scultoreo e i lunghi studi intrapresi sull’argomento) e perciò aerodinamicamente tendente alla perfezione. La trattazione quindi prosegue, accompagnata da disegni minuziosi ed eccezionalmente chiari, descrivendo come l’ingegnoso meccanismo sia effettivamente scalabile, ad un numero variabile di motori, eliche rotanti e dimensioni sulla base delle eventuali necessità future, benché il mezzo-tipo dell’ideale prototipo, dovesse rappresentare un velivolo monoposto con doppio rotore coassiale ad andamento discordante, strutturalmente analogo a quello oggi impiegato per stabilizzare la serie di elicotteri militari russi Kamov ed il Sikorsky S-69. Il che non viene definito d’altra parte come approccio esclusivo, né il alcun modo necessario alla questione, visto anche il metodo con cui l’artista-ingegnere aveva pensato di stabilizzare e controllare il disco volante una volta staccatosi da terra: ovvero mediante una serie di condotti d’aria, apribili tramite l’impiego di una serie di servomeccanismi, da un sistema capace d’interpretare automaticamente l’inclinazione della barra di controllo. Tutto questo mentre l’assemblaggio rotante, mediante un sistema simile all’odierno collettivo elicotteristico, s’inclinava in modo limitato negli spazi concessi all’interno del proprio singolare alloggiamento. La soluzione più importante in materia di sicurezza, nel frattempo, sarebbe stata offerta da una serie di motori a razzo incorporati nella parte inferiore dello scafo, capaci di attivarsi in caso di necessità sviluppando una forza “appena sufficiente a contrastare la gravità”. Permettendo in questo modo, secondo la sua cognizione, di far tornare a terra l’equipaggio di un velivolo in avaria senza nessuna conseguenza irrimediabile. Una visione particolarmente ottimistica, che d’altra parte avrebbe potuto adattarsi in modo altrettanto valido ad un qualsiasi elicottero di tipo tradizionale…

L’effettivo funzionamento del disco di Weygers non è chiaro al 100% dalla trattazione del suo brevetto. Non è del tutto chiaro, ad esempio, quale dovesse essere secondo lui la fonte d’energia motrice. Benché non sia difficile immaginare, oggi, l’impiego a tal fine di un impianto elettrico moderno.

È naturalmente difficile immaginare nascondersi, all’interno dei disegni originali e fantastici di oltre vent’anni prima, una cognizione altrettanto approfondita e complessa di che cosa, esattamente, dovesse trovarsi all’interno dei suoi monumentali dischi volanti. Eppure analizzando la storia personale e i traguardi raggiunti da una figura eclettica come quella di Alexander Weygers, persino un tale anacronismo appare possibile, in una creazione non ancora brevettata che avrebbe in tal caso anticipato i primi esperimenti con il volo ad ala mobile di Igor Sikorsky di almeno una decade, se non un periodo persino più lungo di così.
Lui che, nato nel 1901 e cresciuto fino all’età di 16 anni presso l’isola di Java nella piantagione di zucchero di proprietà della sua facoltosa famiglia, aveva ereditato la passione gli studi umanistici dalla madre insegnante di lingue, e viaggiando per il paese assieme al padre imparato a conoscere le meraviglie degli animali e della natura. Il che l’aveva preparato in modo particolarmente utile ai successivi sette anni trascorsi in Olanda per gli studi scolastici e universitari, inclusivi di un curriculum particolarmente approfondito nel campo della lavorazione dei metalli, una serie di tecniche che in seguito egli sarebbe giunto a definire il fondamento stesso della civiltà umana. Nel 1923 ritornato a Java assieme alla sua fidanzata, con cui si sarebbe sposato l’anno successivo, avrebbe quindi deciso di trasferirsi negli Stati Uniti, dove avrebbe tentato di metter su famiglia. Ma una tragedia, entro il 1928, aspettava la coppia ed ebbe modo di concretizzarsi quando lei, prossima al parto, dovette essere sottoposta all’operazione all’epoca rischiosa del taglio cesareo. Finendo purtroppo per morire assieme al nascituro per una grave emorragia. Un evento drammatico che possiamo ricondurre al suo radicale cambio di carriera, e conseguente abbandono del progetto del Discopter, per dedicarsi pienamente ad un diverso campo operativo: quello della creatività nettamente più emozionale del mondo dell’arte. Così intraprendendo un lungo percorso di studi, che lo porta anche a frequentare una serie di lezioni tenute dall’importante scultore americano Avard Fairbanks, nonché basandosi sulla sua notevole esperienza nell’arte “assoluta” del disegno, raggiunge un livello di preparazione sufficiente a lasciare un segno significativo nella storia di questa particolare forma espressiva. Particolarmente celebre, a tal proposito, il gruppo statuario “Lutto” forse il più anatomicamente corretto della sua carriera, in cui rappresenta una figura maschile che piange disperata appoggiandosi alla consorte dipartita, in un chiaro e netto riferimento alla sua esperienza di vita personale. Le sue altre creazioni create nell’intera decade a partire dal 1930 sono quindi per lo più antropomorfe e metaforiche, iconiche, allusive nei confronti di particolari sentimenti e stati d’animo facenti parte del sentire umano. Ma con l’ingresso degli Stati Uniti nella seconda guerra mondiale nel 1942 ed il suo arruolamento come ufficiale dell’intelligence, causa la conoscenza di numerose lingue, Weygers si ritrova a pensare alla sua creazione di tanti anni prima, e la maniera in cui potrebbe contribuire significativamente allo sforzo del suo paese. Entro un periodo di due anni, lavorandoci quando riesce a trovare il tempo, definisce pienamente il funzionamento del Discopter e ne ottiene il brevetto. Quindi utilizza tutte le sue conoscenze in campo militare, per riuscire ad ottenere l’incarico e le risorse necessarie a realizzarlo. Ma il comando centrale, pur dichiarandosi interessato in linea di principio, dichiara infine di doversi dedicare ad altro.
Gli anni successivi sono quelli più cruciali ed il momento, assai probabilmente, in cui perdemmo l’occasione di vivere in un mondo popolato dai dischi volanti. Al concludersi della guerra, trasferiti e reclutati gli scienziati aeronautici tedeschi come conseguenza della ben nota ed assai discussa operazione Paperclip, i capi di stato maggiore americani danno la priorità all’acquisizione del volo a reazione, maggiormente utilizzabile nel campo nascente della missilistica a lungo raggio, che tutti avevano capito dover costituire la colonna portante di qualsiasi sforzo bellico successivo. Ciononostante, alcuni mezzi volanti e prototipi di forma discoidale vengono prodotti e testati, notoriamente nella zona poco densamente popolata della celebre Area 51. Ma Weygers, vissuto fino all’età di 87 anni con la sua seconda moglie, non avrebbe mai ricevuto alcun credito né pagamento in quanto primo creatore dell’idea.

La moderna riscoperta di Weygers, soprattutto su Internet, può essere largamente ricondotta all’opera del collezionista d’arte Randy Hunter, purtroppo non più tra noi, che per molti anni si prese l’incarico di divulgare l’opera e le straordinarie creazioni dell’artista.

Nella successiva fase della sua vita, essendo riuscito nonostante tutto a risposarsi e conoscere una tranquilla serenità coniugale con l’artista visuale Marian Weygers, l’eccezionale polimata di origini olandesi scelse comprensibilmente di disinteressarsi dalla vita pubblica, trasferendosi con lei presso la località relativamente isolata della Carmel Valley Californiana, nell’area a Sud di San Francisco oggi collettivamente nota come “Silicon Valley”, patria e origine di un diverso mondo tecnologico, capace indubbiamente d’influenzare in modo profondo il corso della nostra storia. In questa località priva di energia elettrica, tra le altre cose, i due ricevettero numerose figure del mondo dell’arte e della cultura internazionale, lasciando un’impronta molto significativa sull’evoluzione creativa del Novecento.
Ma l’idea tangibile di un effettivo disco volante costruito secondo le sue specifiche, per quanto ne sappiamo, non sarebbe mai stata realizzata. Per lo meno, fuori dalle pagine delle riviste pulp, svariate decadi di cinema e fumetti, per non parlare della collettiva convinzione che qualcuno di proveniente da molto lontano, in più momenti, abbia allungato la sua lunga mano verde per cambiare il corso di alcuni piccoli ma significativi eventi. Perché non è difficile immaginarlo: chi possiede un UFO ci tiene a mantenere l’esclusiva. E se permettessi anche a te di averlo, come potrei riuscire a mantenere tutto il mio prezioso ed invidiabile prestigio interstellare, umano?

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