È strana l’impressione che si riceve inizialmente dal breve video del canale Dime Store Adventures, in cui l’autore deambula e sobbalza con passi degni di uno sketch dei Monty Python per le valli e digradanti collinette di un’ombrosa foresta vergine del Nuovo Mondo, per poi giungere a immobilizzarsi all’improvviso, l’espressione catturata, innanzi ad un qualcosa che parrebbe prelevato da un contesto del tutto diverso. E può sembrare uno scherzo, la tipica scenetta di YouTube, quando lo seguiamo con la telecamera all’interno degli angusti ingressi, d’uno, due, tre diversi antri che potrebbero sembrare tane d’orso, se non fosse per la complicata e chiaramente artificiale opera muraria dei rispettivi ingressi, costruita con una precisa collezione di pietroni sovrapposti, ricoperti dal muschio dei secoli lungamente trascorsi. Come tumuli di tombe di un’antica civiltà, se non fosse che qui siamo all’altro lato dell’oceano e in un contesto prossimo all’estremo settentrione degli Stati Uniti, presso cui i nativi espressero le proprie predisposizioni funebri facendo affidamento ad un tutt’altro tipo di tradizioni. E poi, perché potessero servire a un tale scopo, le bizzarre costruzioni mancano di un accessorio d’importanza null’altro che primaria: una porta valida a tenere fuori gli elementi, per non parlare della variegata fauna locale. Ed è così che terminato il siparietto, fatto il suo ingresso dento il primo degli ombrosi ambienti, Mr. Dime Store fa s’impegna in quello che notoriamente l’uomo contemporaneo è solito fare innanzi a questo tipo d’incertezze: tira fuori il cellulare e cerca i termini rilevanti online. Un gesto facile da imitare e che possiamo quindi ben scoprire conduttivo all’acquisizione di una vasta serie di chiarimenti, al tempo stesso ricchi di dettagli e descrizioni ma del tutto privi della risposta alla fondamentale domanda. Poco a poco, quindi, ci si rende conto di essere dinnanzi ad uno dei veri e irrisolvibili misteri della Terra.
Sono circa 800, di varie dimensioni, fogge e configurazioni, le camere di pietra (stone chambers) disseminate nell’intera regione del New England, a partire dagli immediati dintorni newyorchesi fino al Massachusetts, il Vermont, il New Hampshire… Ciascuno parte della sua geografia del tutto distintiva, generalmente semi-nascosto dalla prospettiva di un paesaggio ineguale, ed alcuni orientati, in maniera certamente non casuale, verso l’alba nei giorni fatidici dei solstizi e gli equinozi terrestri. E ce ne di entrambi i tipi: vicino a insediamenti o fattorie tutt’ora inesistenti, piuttosto che sperduti in mezzo al nulla, rendendo ancor più complicato ipotizzare la loro possibile funzione originaria. Il che non ha impedito, d’altra parte, a un’alta quantità di “esperti” e scienziati di varie provenienze di speculare largamente sull’origine di tali costruzioni, tentando per quanto possibile di attribuirle a questo oppure quel periodo storico, posti a letterali secoli, se non millenni di distanza. Il problema fondamentale delle camere in questione, infatti, è la loro natura di costruzioni poste in opera mediante il sistema architettonico dell’arco a mensola, una tecnologia del tutto priva di attestazione tra i popoli indigeni di questi territori. Ma capace di trovare un’ampia attestazione pregressa nei paesi nord-europei, guardando soprattutto verso l’antica storia l’Irlanda. Ed è per questo che la prima ipotesi, in ordine d’elaborazione, avrebbe visto protagonisti della scena niente meno che i popoli vichinghi, di cui oggi possiamo dire di aver confermato le avvenute spedizioni almeno fino all’isola di Terranova, ed i cui insediamenti costruiti attorno all’anno 1.000 avrebbero potuto prevedere, in via ipotetica, strutture simili alle grotte artificiali mostrate nel video. Se non che un’ipotesi di questo tipo avrebbe largamente beneficiato nel trovare, nei dintorni di quest’ultime, di un qualsiasi segno di centri abitati o manufatti risalenti a tali esperti lavoratori di ceramica e metallo, laddove il New England, sotto questo particolare punto di vista, risulta del tutto privo di attestazioni evidenti. Dal che nasce in via del tutto collaterale, un altro tipo d’ipotesi che potremmo definire ancor più ambiziosa…
Un intero continente può essere colonizzato per un’ampia serie di possibili ragioni: ambizione economica e territoriale, desiderio di conquista, mancanza di spazio nelle proprie terre d’origine al di là del mare. Ma per quanto concerne l’America settentrionale (ed in misura minore, la sua controparte meridionale) possiamo affermare con certezza che lo sprone principale legato al desiderio di perseguire determinate scelte religiose. A partire dall’epoca dei grandi sconvolgimenti sociali del XVII secolo, quando i padri fondatori traslocarono assieme alla propria dottrina puritana fino alle distanti spiagge, nella speranza d’eliminare ogni possibile tipo di sincretismo o distrazione dalle proprie idee sul divino. Ma che dire se qualcosa di potenzialmente simile avesse avuto modo di verificarsi, in linea di principio, quasi un intero millennio prima di quanto avessimo sospettato, durante un particolare periodo della storia medievale? Questa particolare teoria in merito alla natura delle stone chambers, primariamente promossa negli anni ’60 a partire dalle ipotesi dello studioso, paleontologo e saggista Alfred Sherwood Romer, si basa dunque sull’aspetto e la natura delle camere sotterranee in questione, piuttosto che l’individuazione di un contesto storico basato su prove tangibili e apparenti. Questo poiché la stragrande maggioranza delle camere murate ricordano davvero da vicino il particolare tipo di cripte o sancta sanctorum costruite attorno al V-VI secolo d.C. dai monaci culdei d’Irlanda, un gruppo d’eremiti che praticavano l’isolamento volontario e mantenevano vive alcune tradizioni druidiche dell’Era pagana. Ricondotti gradualmente alla regola canonica durante la progressiva colonizzazione delle Isole, e che per questo furono a lungo perseguitati e messi ai margini della società coéva. Non è perciò del tutto impossibile immaginare, nell’ultimo periodo della loro Età dell’Oro, l’organizzazione di un qualche tipo di spedizione verso i Occidente, fino all’approdo in quelle stesse terre dove in seguito, avrebbero continuato le loro venerazioni. E poiché tali monaci praticavano, molto appropriatamente, il più assoluto e rigido celibato, ciò basterebbe a spiegare l’assenza d’insediamenti contemporanei o successivi alla prima costruzione delle tombe statunitensi.
Simili ipotesi, tutt’altro che inconfutabili, sono state lungamente guardate con sospetto dalla cultura accademica ufficiale, tanto da aver lasciato ad esploratori e avventurieri il compito di giustificare, per quanto possibile, l’esistenza delle camere di pietra. Tra cui coloro che incontrando i membri delle tribù Lakota in seguito alla prima colonizzazione, scoprirono la loro abitudine a riunirsi all’interno di capanne particolarmente anguste e soffocanti, al fine di sudare copiosamente in una sorta di sauna collettiva, con finalità d’addestramento, purificazione e trascendenza. Per cui una camera di pietra come queste, almeno in linea di principio, avrebbe potuto risultare l’ideale, sebbene ancora una volta la mancata attestazione di archi a mensola, nelle parecchie strutture in pietra costruite dagli indigeni, lascia più di qualche valido sospetto in merito ad un simile tentativo di giustificazione. Con l’unica soluzione rimasta, tra quelle possibili, di un tipo chiaramente meno affascinante ma assai più ardua da screditare: che le camere non siano state altro, nei fatti, che cantine o magazzini costruiti dai primi coloni del Nuovo Mondo, al fine di conservare il più a lungo possibile rifornimenti preziosi come patate, carote o bevande alcoliche, in luoghi il più possibile distanti dalla sempre distruttiva luce del Sole. Il che risulta… Possibile, senz’altro? Ma perché costruire allora grotte con ingressi tanto angusti e del tutto prive di porte, per non parlare della maniera in cui l’acqua piovana filtra copiosa all’interno di questi seminterrati. E che dire dell’orientamento astronomico di talune camere, se non che debba per forza costituire la Solita e Inspiegabile Coincidenza!
Stranamente poco celebri, in un paese normalmente interessato agli eventi pregressi svoltisi tra i suoi vasti confini, questi rari esempi di architettura megalitica statunitense sono quindi progressivamente scomparsi dagli itinerari maggiormente battuti dai turisti. Complica anche la totale assenza di una qualsivoglia tutela da parte del governo, che ha permesso a molti di essi di essere incorporati, attraverso gli anni, in terreni privati e perciò altrettanto chiusi a sguardi indiscreti e l’opera scientifica degli studiosi.
Tutto ciò che resta, al fine di riuscire un giorno a contestualizzarsi, sembra perciò essere lo spirito d’iniziativa del nuovo spazio collettivo d’avventurieri, coloro che con telecamera alla mano (ed un cellulare nell’altra) portano i nostri occhi digitali entro i confini di un possente e irraggiungibile regno del più assoluto mistero. Il che, naturalmente, non fa che accrescere l’interesse dai cultori del complotto e il contributo proto-storico degli antichi alieni. Finché un giorno, finalmente, conoscenze interstellari ci permetteranno di comprendere lo scopo ultimo di questa brulicante umanità indivisa. Ed allora potremmo anche scegliere di smetterla, nel continuare ostinatamente a sottovalutarci.