Perché i pionieri, gli apripista, gli esploratori non sempre hanno vita facile, né scelgono intenzionalmente quel sentiero. Ma qualche volta vengono obbligati dalle circostanze, tutt’altro che flessibili, ad interpretare un possibile futuro della loro specie. Sacrificando il proprio stesso stile di vita, per raggiungere uno scopo inerentemente poco chiaro. Questo avrebbe pensato, se ne avesse avuto tempo e modo, la figura orsina di Yogi, mentre scrutando verso il basso riusciva a distinguere faticosamente la forma perfettamente triangolare della sua prigione per tutti gli ultimi, drammatici minuti. B-58 Hustler, il truffatore: mai nome fu maggiormente appropriato, per la piattaforma bellica aeronautica entro cui ella era stata trascinata dagli umani, con moine e piccoli doni di cibo, prima di essere accuratamente legata e imbavagliata nella posizione del co-pilota. Un mestiere pressoché impossibile da soddisfare, per chi ha dei grossi artigli al posto delle mani e dei piedi. In ogni singola mansione tranne quella più terribile e finale, che trova l’espressione nel momento in cui si rende necessario abbandonare l’aeroplano senza aver compiuto prima il passo, normalmente necessario, di atterrare. Era il 21 marzo del 1962, quindi, quando Yogi guadagnò le sue ali. Poco prima di doverle già abbandonare: con suoni roboanti e movimenti troppo rapidi, mentre la capsula eiettabile si richiudeva attorno al suo pelo arruffato. E con un contraccolpo impressionante, il razzo posto sotto il suo sedile la faceva fuoriuscire (momentaneamente) libera, lasciando il suo fato futuro in mano all’apertura di un paio di grossi paracadute.
La citazione anonima di un pilota americano afferma: “Usare un seggiolino eiettabile è un suicidio incerto compiuto di fronte ad una morte assicurata” Individuando una particolare ambiguità d’intenti che in effetti svanirebbe subito, nel momento in cui l’oggetto alato della nostra discussione si stesse muovendo a una velocità approssimativa di Mach 2 (2450 Km/h). Intendiamoci, nessun pilota che avrebbe finito per essere coinvolto nel progetto sperimentale denominato dalle Forze Armate nel 1949 GEBO II (Generalized Bomber Study) quindi successivamente al coinvolgimento della compagnia aeronautica Convair, FZP-110 e nella sua versione quasi definitiva, MX-1964, aveva mai preteso, desiderato ed invero neanche apprezzato la presenza del particolare sistema d’eiezione nel nuovo, rivoluzionario bombardiere americano. In forza del ragionamento tipico di chi è eccessivamente giovane e coraggioso, secondo cui “In un modo o nell’altro ce la saremmo comunque cavata” e “Avremo quasi sempre l’occasione di rallentare, prima di tentare l’ultimo approccio alla salvezza”. Se non che superate le 20 vittime, in un aereo tra i più complicati e pericolosi della storia, gli ufficiali al comando decisero infine di seguire l’intuizione più responsabile, tentando di salvare non soltanto i loro sottoposti, ma anche il copioso investimento affrontato per addestrarli a compiere l’ardua, eppur nondimeno fondamentale impresa.
Gli anni ’60 sono infatti quello strano periodo, successivo all’invenzione della bomba atomica ma antecedente a quella di sistemi missilistici intercontinentali sufficientemente affidabili e precisi, in cui si pensava ancora che traghettare l’arma della condanna a bordo di un traballante aereo, per sganciarla senza pregiudizi sopra obiettivi o capitali nemiche (tanto, che differenza vuoi che potesse fare?) Avrebbe determinato la sopravvivenza dei nostri o dei loro. Mansione al fine di perseguire la quale, il più utile degli approcci fu determinato costruire un apparecchio capace di volare ad altitudini tanto notevoli, e velocità così elevate, da impedire agli aviatori nemici d’intercettarlo. E tale letterale fulmine di guerra sarebbe stato nonostante i suoi molti potenziali difetti, in quel particolare contesto storico pronto ad accettare molti significativi compromessi, l’aereo destinato a ricevere la codifica ufficiale B-58. Il primo bombardiere supersonico della storia…
Non è del tutto chiaro cosa volesse intendere esattamente il supervisore amministrativo E. Stanton Brown quando, posto per la prima volta di fronte a una tabella recante le straordinarie prestazioni del velivolo, esclamò la frase che avrebbe fornito l’origine aneddotica del suo soprannome: “Wow, sounds like it’ll really be a hustler!” Riesce invece facile comprenderne la ragione, con l’altitudine raggiunta di 19.300 metri e una spinta massima di 67 kN moltiplicata per quattro, fornita dagli altrettanti motori a turbogetto con post-bruciatore General Electric J79-GE-5A, montati su una struttura straordinariamente sottile e aerodinamica, evidentemente costruita per la velocità. Una caratteristica particolarmente distintiva del B-58 era la sua relativa piccolezza per essere un bombardiere, essendo essenzialmente una versione con 17 metri di apertura alare di uno dei primi caccia con ala triangolare, il precedente aereo sperimentale della Convair XF-92A. Con le due superfici dedicate alla portanza che, col fine utile di stabilizzare il tutto, arrivavano quasi a congiungersi in prossimità della prua dell’aereo, con la conseguenza che il corpo centrale di quest’ultimo, ovvero la carlinga, risultasse in proporzione assai compatta e sottile. Ecco perché, fin da subito, il carico di missione più importante rappresentato da serbatoi di carburante e una singola bomba atomica dovette trovare posto attaccato sotto di essa piuttosto che all’interno, in una serie di gondole o nacelle, la cui forma era stata studiata per non interferire eccessivamente con il già difficile controllo dell’aeroplano, che tendeva naturalmente ad inclinarsi in maniera imprevedibile e surriscaldarsi esternamente fino ai limiti dei materiali compositi, costringendo a un utilizzo creativo delle sue superfici tutt’altro che convenzionali. Mentre il semplice ridistribuirsi della benzina all’interno dei serbatoi alari, man mano che veniva consumata, poteva alterare in modo significativo l’entità di simili complicati interventi. Per questa ragione, tra i molti record dell’aereo, troviamo quello di essere stato il primo ad utilizzare avvisi automatici registrati a voce con lo scopo di mettere in guardia il pilota, registrati per l’occasione con la voce suadente, e al tempo stesso rassicurante, della cantante ed attrice Joan Elms, che avrebbe ricevuto in quel contesto il soprannome goliardico di Sexy Sally.
Una volta che il Truffatore si staccava da terra, tuttavia, non erano tantissime le persone che potessero affermare di comprendere a pieno il metodo per riportarlo sano e salvo fino alla base, una questione chiaramente esemplificata dalla maniera in cui dei 116 esemplari costruiti del bombardiere, 26 finirono distrutti in incidenti di grave ed irrecuperabile entità. Una questione esacerbata dalla continuativa mancanza, per svariati anni dopo il primo volo effettuato nel 1956, di un modello che fosse dotato di doppi comandi per l’istruttore, semplificando in questo modo la complicata, nonché rischiosa fase d’apprendimento. Gli stessi tre occupanti che costituivano l’equipaggio di volo (pilota, navigatore ed addetto alle armi incluso il cannoncino posteriore da 20mm a guida radar) erano tra l’altro completamente separati l’uno dall’altro nello spazio claustrofobico delle tre cabine distinte, potendo comunicare solamente tramite l’impiego di un apposito spazio per far passare dei biglietti scritti laboriosamente a mano durante il fervore della battaglia. Un’aspetto quest’ultimo che sarebbe risultato certamente utile, nel momento in cui uno dei relativi sedili era stato fatto occupare ad un’orsa prelevata in maniera non propriamente volontaria dalla sua tranquilla foresta di provenienza.
I test per il rivoluzionario seggiolino d’eiezione iniziarono quindi, come dicevamo, nel 1962, coinvolgendo una lunga serie d’animali tra cui diversi plantigradi e persino uno scimpanzé, che a quanto pare avrebbe avuto la sfortuna d’infortunarsi durante la violenta espulsione nella capsula dalla carlinga dell’aereo in volo. Le sue infelici tribolazioni assieme a quelle di Yogi e le altre, tuttavia, contribuirono al progressivo perfezionamento di un sistema quale il mondo non aveva mai conosciuto prima d’allora: nel momento della verità, infatti, la capsula di colore rosso si sarebbe chiusa rapidamente attorno ai tre malcapitati membri dell’equipaggio, includendo all’interno anche la cloche nel caso del pilota (ma NON la manopola della potenza o i pedali) per poi venire pressurizzata e riscaldata prima dell’epico, irrimediabile lancio nell’Empireo del Giudizio finale. Evento a seguìto del quale, sfruttando la naturale capacità di galleggiamento di un tale involucro, gli occupanti avrebbero potuto attendere l’arrivo dei soccorsi, auspicabilmente a una distanza di sicurezza dall’esercito nemico e bombe atomiche che potevano, o meno, aver appena sganciato sulle loro impreparate teste.
Attraverso il periodo relativamente breve del suo costosissimo servizio operativo, che sarebbe durato solo fino al 1970 causa un decreto del Segretario della Difesa Robert McNamara, il B-58 fu più volte migliorato e perfezionato, senza tuttavia raggiungere mai il suo grado auspicabile di pubblica e bellica utilità. Il suo problema principale era che già nel 1957, infatti, i sovietici col loro missile anti-aereo S-75 Dvina avevano essenzialmente superato la necessità d’intercettare qualsivoglia velivolo in un onorevole duello tra le nubi, potendo semplicemente distruggerlo a distanza dalla relativa comodità delle loro basi. Mentre lungo tutto il corso della decade successiva, l’armamento nucleare di entrambi i paesi avrebbe appreso il segreto per volare senza nessun tipo di accompagnamento attraverso le distese degli oceani, eliminando in questo modo la necessità di sfruttare a tal fine orsi, scimpanzé o umani.
Giungendo alla realizzazione ultima, ed imprescindibile, per cui la spada più tagliente è quella che non necessita di essere mai estratta dal suo fodero. Idea che il grande stratega cinese Sun Tzu, nel V secolo avanti Cristo, aveva già compreso, a sempiterno beneficio sia dei propri amici che nemici. Senza neanche dover spendere svariati miliardi di dollari, in ricerca tecnologica sugli armamenti e il peso specifico degli orsi lanciati ai confini della stratosfera.