Tappeto che dorme non può morsicare. Perciò state state attenti alla barba del pescecane…

Divani di pregio, un orologio sul caminetto, quadri firmati alle pareti. Ma non c’è niente che intiepidisca e renda accogliente l’ambiente di un salotto di rappresentanza nella tua abitazione quanto un rettangolo di tessuto, o la prototipica pelle d’orso, posta in corrispondenza dei piedi dell’ospite di turno. Neppur tale orpello, d’altronde, può essere considerato del tutto privo di accidentali controindicazioni… Secondo il sito Internet programmatico del gruppo d’immersioni locale, nel tratto di fondale noto come “gli Appartamenti” a Nord-Est di Fisherman Beach non troppo lontano dalla città di Sydney, c’è un grosso pesce scuro che segue i visitatori. Il che sembra essere piuttosto insolito per la sua specie, visto come questi squali di oltre 1 metro abbiano normalmente l’abitudine di restare immobili sulla sabbia, nelle caverne, in mezzo alle rocce aspettando il tramonto del sole. O al limite, una giornata particolarmente nuvolosa, affinché spostandosi non venga meno la loro arma evolutiva più importante: l’ottimo mimetismo, garantito dalla livrea maculata a tasselli e i numerosi bargigli che s’irradiano dal loro muso, avvicinandolo vagamente alla tipica rappresentazione del drago dei cieli e dei mari d’Asia. Eppur non c’è nulla di surreale o mitologico nel wobbegong nonostante le apparenze, il cui nome in lingua degli aborigeni significa letteralmente “barba irsuta”, laddove nei contesti moderni si preferisce comunque chiamarlo, con una giustificata metafora, lo squalo che sembra (o si comporta come) un tappeto. Guai, tuttavia, a sottovalutarlo; giacché secondo i dati statistici pubblicati sui siti di settore, la sua intera famiglia degli Orectolobidae si colloca ad un rispettabile settimo posto tra tutte le tipologie che attaccano l’uomo, con 35 casi annuali la maggior parte dei quali finiscono male… Per lo squalo. Questo perché, sebbene sia altamente improbabile e nei fatti inaudito che qualcuno possa restare ucciso da una creatura spesso non più lunga di un cane di taglia media, gli appartenenti alla genìa dei wobbegong hanno la stessa tendenza del pitbull a mordere e non lasciare facilmente la presa. Al punto che, una volta che un braccio una gamba sono stati lacerati dolorosamente dai loro piccoli denti estremamente aguzzi, non resta altro da fare che uccidere a malincuore il pesce. Ammesso e non concesso che si voglia mantenere il possesso dell’arto offeso. Una fortuna che prevedibilmente, non risulta disponibile per le normali prede dell’animale, che includono soprattutto crostacei, molluschi ed ogni pesce possa entrare nella loro grande bocca, inclusi esponenti della propria stessa specie. Avete mai sentito parlare, del resto, di uno squalo che si formalizzi sul piatto principale della propria cena? Soprattutto quando catturarla richiede pazienza e dedizione, come nel caso di queste creature che sono solite fare affidamento sulla loro capacità innata di confondersi con pietre ed alghe, accompagnata talvolta dal movimento sinuoso della coda, usata come se fosse un’esca. Un ulteriore problema, quest’ultimo, per i sub che visitano gli Appartamenti, vista la scriteriata propensione collettiva per andare a toccare o afferrare il pescacane da dietro pensando di essere al sicuro, il quale tuttavia può voltarsi e colpire con la stessa agilità di una tartaruga azzannatrice. Dopo tutto, le lezioni più spietate sono quelle che ti restano maggiormente impresse…

Alcune varietà di squali tappeto, soprattutto quelle più piccole, sono particolarmente apprezzate negli acquari al di sopra di una certa dimensione, benché occorra sempre prestare attenzione nel maneggiarli. E dividerli da altre specie, il cui ineluttabile destino sarebbe altrimenti quello di finire all’interno dello stomaco del pescecane.

Il wobbegong dunque, creatura tutt’altro che rara ma poco conosciuta al di fuori del suo areale principalmente situato nel Pacifico meridionale fatta eccezione per l’O. japonicus del più famoso arcipelago d’Oriente, viene rappresentato da un totale di 11 specie suddivise in tre generi, di cui due ospitano in effetti una singola varietà. Sto parlando del poco documentato Sutorectus tentaculatus e dell’invece piuttosto celebre Eucrossorhinus dasypogon o squalo tappetto tassellato, che avete potuto ammirare nel video soprastante e il quale riesce a rappresentare, grazie alla fantastica modularità geometrica della sua pelle, uno dei pesci più affascinanti delle zone rocciose in cui definisce normalmente il suo territorio. Di cui rappresenta, per la maggior parte dei mesi l’anno, l’unico occupante carnivoro ed assoluto sovrano sonnecchiante, con le piccole pinne ripiegate di lato al fine di mantenere un profilo basso ed ancor meno visibile da parte di eventuali predatori. Almeno fino al sopraggiungere dell’epoca degli accoppiamenti che si ritiene collocata attorno al mese di luglio sebbene non molti studi siano stati compiuti sull’argomento, quando la femmina liberando dei feromoni nelle acque dell’oceano attira a se il suo partner. Il quale, mediante l’impiego dell’apposita pinna ventrale modificata chiamata pterigopodio trasmette il proprio materiale genetico ed apre la strada allo sviluppo interno degli embrioni che resteranno, tuttavia, completamente indipendenti dal corpo della madre nelle loro uova, secondo il principio riproduttivo dell’ovoviviparismo. Partoriti quindi vivi e già perfettamente formati, benché dalle dimensioni comparativamente molto piccole, i neonati saranno quindi fin da subito indipendenti, favorendo notevolmente le loro probabilità di sopravvivere fino all’età adulta. Generalmente considerato non a rischio d’estinzione fatta eccezione per alcune varietà regionali, lo squalo tappeto viene catturato occasionalmente nelle reti, finendo per essere apprezzato a causa della carne tenera e saporita, oltre allo splendore innato della sua pelle usato in un’ampia varietà d’applicazioni d’artigianato tradizionale e moda.
Volendo tornare quindi a parlare del loro metodo di caccia piuttosto che quello del suo principale nemico, l’uomo, si ritiene che i wobbegong non siano particolarmente propensi ad usare il senso della vista a tal fine, data l’assenza di luce nei momenti in cui lasciano preferibilmente la sicurezza dei loro pertugi, aprendo la strada all’ipotesi, mai formalmente confermata, che possano possedere come molti dei loro parenti lo strumento versatile delle ampolle di Lorenzini, organi specializzati in grado di percepire il campo elettrico delle potenziali prede. Concentrate, in modo particolare, nella serie di bargigli simili a vibrisse nascosti tra le frange della loro barba, continuamente usati per esplorare attentamente la sabbia del fondale. Benché l’effettiva cattura della preda avvenga invece, in maniera piuttosto insolita, con un attacco dal basso verso l’alto, generalmente portato con l’ausilio di un poderoso risucchio, seguìto dall’immediato serrarsi dei loro possenti muscoli mandibolari. In più di un caso, a tal proposito, uno squalo tappeto è stato visto attaccare prede vicine o persino superiori alla sua dimensione, evidente ragione dell’istinto a non aprire tanto presto la bocca, finché quest’ultime fossero ormai sfinite e prossime alla dipartita, per procedere quindi a divorarle secondo il suo comodo e senza più alcun tipo di fretta inerente. Un approccio certamente diverso dallo stereotipo tipico dello squalo, che generalmente lacera e distrugge le malcapitate vittime il più velocemente possibile, senza lasciargli alcuna possibile via di scampo.

Riuscite a vedere lo squalo nascosto in mezzo alle rocce ricoperte d’incrostazioni ed alghe? Un giorno, probabilmente, ciò potrebbe servire a salvare una vita. E per voi, risparmiare l’esperienza sgradevole d’iniziare sanguinare copiosamente in acque occupate, talvolta, da ben più letali creature carcarodonti.

Perennemente concentrati sulla pessima reputazione degli squali guadagnata soprattutto grazie a una serie di film e l’oggettiva pericolosità potenziale dei “tre grandi” (Bianco, Tigre e Toro) tendiamo quindi a sottovalutare l’innata bellezza di alcune delle varianti più insolite e stravaganti di questa vasta classe d’animali cartilaginei, per cui l’assenza di uno scheletro in senso tradizionale, e conseguenti fossili in quantità maggiore, ha impedito d’analizzare a fondo la lunga sequela del loro storico pregresso. Si ritiene tuttavia che il wobbegong possa essere esistito, letteralmente invariato, fin dal periodo Giurassico (175 milioni di anni fa) con un antenato comune per tutte le attuali specie, a partire dal più piccolo Orectolobus wardi (“appena” 76 cm) e fino al maggiore wobbegong del Golfo (Orectolobus halei) in grado di raggiungere talvolta i considerevoli 2,9 metri di lunghezza, abbastanza da costituire, in linea di principio, un pericolo fatale per l’uomo. Non propriamente il tipo di tappeto che vorreste calpestare accidentalmente durante una visita agli Appartamenti, nevvero?

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