L’alto castello di porcellana e l’eccezionale sovrana che vi risiede

La nonna di Jingdezhen nella cina sudorientale lavora con dedizione, pensa alla famiglia, s’impegna duramente nel quotidiano: “In 540 comode rate mensili affinché possiate avere, fin da subito, il servizio di piatti che avevate sempre desiderato” Un sogno, la realizzazione di quanto aveva sempre desiderato nei lunghi giorni attraverso cui aveva scelto di risparmiare. Perché indebitarsi non è mai saggio, soprattutto per quanto concerne i piaceri superflui della vita… Come la porcellana. Ma crudele è la regola della ceramica vetrificata, poiché una volta raggiunto quel traguardo, gli anni gravano sulle sue spalle alla maniera d’ingombranti, magnifici lampadari. E dove potrà mai trovare, allora, la forza per un grande ricevimento con figli, fratelli e nipoti?
Se questa fosse davvero la storia dell’eclettica creativa, dall’età rilevata ad 86 anni durante i suoi 15 minuti di celebrità internazionale nel 2016, sarebbe certamente difficile spiegare quanto, al raggiungimento della sua otto volte decima luna, ella avesse deciso d’intraprendere il percorso capace di condurre a un prezioso lascito immanente, tra i più notevoli concessi ad un individuo dell’epoca presente. Un monumento di natura architettonica dedicato a quanto persiste, a suo avviso, di più splendente e prezioso nel mondo.”[Dedicato alla] bontà di ciò che è bello” campeggiano le due scritte dipinte ai lati dell’ingresso dell’edificio, e qualcosa in linea con: “Yu Ermei pianta per sempre in questo luogo” mentre due tra i vasi bianchi dalla pittura blu cobalto che abbiate mai visto fanno da guardiani, sotto l’arcata di un muro esterno raffigurante tra le altre cose una variopinta e serpeggiante collezione di draghi e il quale rivela essere ricoperto, a uno sguardo più ravvicinato, da letterali miliardi di piatti e tazzine letteralmente incastonati nella muratura. Un tema che continua, venendo portato fino alle più estreme conseguenze, nel favoloso ambiente del cortile interno all’edificio cilindrico alto tre piani in cui ogni superficie è fatta di piastrelle, mosaici, maioliche, con i pezzi più grandi posizionati ad intervalli regolari, sporgenti in maniera quasi surreale dalle superfici perpendicolari al suolo. Lo stesso pavimento, con al centro una figura da almeno tre metri di diametro con il simbolo del Tao, è un caleidoscopio di frammenti poligonali incastrati l’uno con l’altro, di tutti i colori dell’arcobaleno e ben oltre quelli. Mentre salendo ai piani superiori il singolare palazzo si rivela per ciò che realmente è: un museo, più unico che raro, finalizzato a custodire la collezione di una vita e illustrare in tal modo ai turisti, e chiunque altro possa essere interessato, la preziosa tradizione nella lavorazione della ceramica nel polo più importante dello Jiangzi (e per estensione la Cina intera).
Yu Ermei racconta in effetti di aver scelto d’edificare il suo palazzo a seguito di una visita presso quello relativamente simile, nonché antecedente di parecchi anni, situato a Tianjin, tratto da una casa coloniale in stile francese che in molti concordano nel definire interessante ma un po’ forzata, ed in ultima analisi una mera trappola per turisti. Laddove il suo palazzo di Jingdezhen nasce da un desiderio sincero di ricercare quanto sia possibile fare per il futuro di una terra che ti ha dato non soltanto i natali, ma nello specifico caso la via d’accesso a una significativa fortuna personale. Non vi stupirà certo apprendere, in merito a questo, come una tale cosa abbia avuto un costo non propriamente insignificante, probabile fonte di almeno una parte delle proteste degli eredi Yu, “preoccupati per la salute” dell’anziana costruttrice…

Una tipica officina di ceramica a Jingdezhen, centro attivo in tale produzione da un’epoca stimata di circa 2.000 anni. Notare lo stile dell’insegna che incornicia l’ingresso, evidente ripreso nella casa di Yu Ermei.

Per elencare numeri, quindi, tali da generare un latente senso di capogiro: circa 80 tonnellate di porcellana e una spesa di 900.000 dollari, parte della considerevole fortuna della signora e investiti attraverso cinque anni di duro lavoro, coronamento di una vita intera trascorsa, sostanzialmente, a fare la stessa identica cosa. Così la biografia dell’anziana matriarca diviene, sostanzialmente, una parte inscindibile della vicenda. Lei che dall’età di 12 anni aveva studiato come giovane promessa presso una delle molte officine di questa città rinomata per le sue ceramiche, fino a trovare posto, attraverso lunghi anni della sua vita, presso un’officina di proprietà statale. Finché sentendosi pronta dopo il lungo periodo di apprendistato, aveva aperto il suo negozio giungendo a uno stato di realizzazione conduttivo anche all’acquisizione di un certo livello di ricchezze. Indubbiamente necessarie, per poter ultimare il suo sogno ultimato verso l’ultimo quarto della sua permanenza su questo pianeta. Proseguendo quindi la visita nel palazzo, emerge la passione della donna per la cultura e tradizioni cinesi, con figure dipinte, o create mediante la diretta combinazione delle mattonelle, che alludono a vari aspetti di quel ricco patrimonio culturale, dai personaggi delle fiabe fino agli augusti detentori dell’egemonia cinese, tra cui la rapida carrellata del video mostrato in apertura permette di riconoscere il primo imperatore Qin Shi Huangdi e Mao Tse-tung. Mentre i corridoi e le scale, nel frattempo, ospitano alcuni dei pezzi “meno pregiati” della collezione, con letterali parete ricoperte da montagne di vasi, piatti e tazzine parzialmente frantumate o venute male, comunque riutilizzate secondo la tipica usanza di questo paese. La stessa forma del castello è in effetti un riferimento diretto alle celebri residenze spesso fortificate, a pianta quadrata o circolare, dei tulou (土楼 – cerchio di terra) dell’etnia cinese Hakka, disseminate nell’intera regione di Fujian ma particolarmente battuti come destinazione turistica nei pressi della città di Nanchino. Dove possiamo prendere ad esempio, volendo, il rinomato Yuchanglou, anche detta fortezza zigzagante per la maniera in cui i montanti della struttura si presentano in alternanza, causa un probabile errore nelle misure prese all’epoca della sua remota costruzione (si parla di dinastia Yuan, attorno al XIV secolo d.C.)
Ciò detto, oltre che un dono immanente finalizzato a celebrare la sua città, l’edificio di Yu Ermei si rivela utile a prevenire lo stesso tipo di casistica temuta dagli antichi costruttori dei tulou, facendo in modo che il tesoro accumulato nel corso di una vita non possa essere acquisito da predatori esterni alla cerchia di chi ne comprende il valore, per essere separato e venduto al miglior offerente. Cementandone la parte maggiormente significativa, in maniera totalmente letterale, in un qualcosa che la Cina stessa possa scegliere di custodire attraverso i lunghi secoli a venire, semplicemente perché niente di simile effettivamente esiste, attraverso le molteplici nazioni della Terra. Fatta eccezione, forse, per la casa di ceramica di Gaudì a Barcellona e quella già citata di Tianjin sebbene, come inevitabilmente accade in simili casi, i criteri creativi e le finalità perseguite sembrino essere di natura molto differente.

Le fortezze tulou, disposte in collina, montagna e lungo il corso dei fiumi, ci raccontano di un’epoca in cui la solidarietà tra vicini era l’unico modo in cui si potesse resistere alla galoppante barbarie dell’universo primitivo. Un sentimento che possiamo ritrovare in questa ricerca tecnologica della perfezione, la porcellana.

Quale possa essere il futuro della casa cilindrica di Jingdezhen dipende e in larga parte anche dall’identità e le scelte dei suoi futuri proprietari, sebbene sia probabile immaginare che venga custodita come prezioso punto d’interesse per questo particolare centro abitato, dove il legame con l’antico è anche la base di una fiorente ed irrinunciabile economia regionale. Poiché tutti possono scegliere, nel corso della propria vita, di accumulare copiose quantità di un qualcosa di prezioso ed importante. Ma ci vuole una mente e capacità d’iniziativa eccelse, a la capacità d’interpretare la natura umana, perché tutto questo possa venire trasferito immutato attraverso le generazioni future.
Una visione interpretabile secondo quanto aveva capito il vecchio Hokusai nell’ora della sua dipartita ad 88 anni, quando pronunciò le famose parole: “Se solo mi fossero stati concessi altri dieci anni… almeno altri cinque anni, sarei potuto diventare un vero pittore” O volendo approcciarsi in maniera direttamente opposta, per citare l’umorista e fumettista americano Don Herold che aveva esordito nell’ultima poesia poesia: “Se potessi vivere di nuovo la mia vita. / Nella prossima cercherei di commettere più errori.” Perché non è importante seguire un particolare canone comportamentale, quando il proprio principale obiettivo si configura nel divergere dalla convenzione. Nella vita e nell’arte. Nella pittura e nella porcellana.

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