La naturale casa della musica sorta sulle rive del fiume Songhua

Esiste una Cina situata oltre i confini dell’orizzonte, una Cina remota e inesplorata dalla maggior parte dei visitatori turistici internazionali. Là, dove la latitudine supera i confini ragionevoli e a poca distanza dal confine con l’estremità estremo orientale della gigantesca Russia. L’area da cui, secondo i calcoli meteorologi, proviene spesso il vento gelido capace di coprire con la neve i territori di Giappone e Corea del Nord, che qui placidamente soggiace, ricoprendo ogni struttura di una lieve patina di candore. Edifici come la Cattedrale di Santa Sofia, chiesa ortodossa costruita all’epoca della Trans-Siberiana, o la Grande Casa di Pietra in stile occidentale, sede delle ferrovie cinesi, distrutta e ricostruita due volte nel 1904 e il 1906, con totale indifferenza dei lavoratori al clima invernale capace di scendere frequentemente sotto i -20 gradi Celsius. Poiché non scherzano di certo, gli oltre 10 milioni di abitanti di questo luogo, nella loro interpretazione severa del Feng Shui, scienza geometrica non solo dei percorsi energetici attraverso e dentro i luoghi oggetto della nostra urbana esistenza, bensì fondamento stesso di un punto d’accordo comune tra cosa sia accettabile, bello, desiderabile e gli esatti opposti. Fu anche perciò decisamente arduo, per l’architetto fondatore dello studio MAD Ma Yansong, effettuare una proposta valida per il concorso del 2011 relativo all’Isola Culturale, una nuova rinnovata zona dedicata a tutte le arti da costruire nella parte nord della città, non troppo lontano dalla celebre attrazione zoologica del Siberia Tiger Park. Lui che, architetto giovane propenso a rompere le convenzioni, attraverso metodi che lo accomunano alla fondamentale mentore ed ispiratrice Zaha Hadid, mutando e incrementando, piuttosto che sovrascrivendo, gli attribuiti pre-esistenti del paesaggio. Verso la creazione di un processo in divenire, che potremmo definire l’interazione dei letterali milioni di sguardi a ridosso di nuovi ed imponenti elementi posti dinnanzi al cielo. Costruzioni come il Grand Theatre, nesso e punto focale del progetto, luogo concepito per la messa in opera di opere, drammi e concerti, all’interno di pareti tanto inusuali da sembrare, complessivamente, il prodotto del costante battere del vento e la pioggia. Verso la creazione di un elemento che al tempo stesso connota ed arricchisce lo spoglio ambiente di appartenenza: spazi vasti, desolati e ricoperti dalla neve in inverno, ove collocare secondo i requisiti del concilio d’amministrazione cittadino due diversi palcoscenici dall’acustica versatile, l’uno con la capienza di 1500 spettatori e l’altro “appena” 400, oltre a una piazza pubblica per l’organizzazione di riunioni ed eventi.
Apparirà chiaro dunque a questo punto che stiamo parlando di un titano da 79.000 metri quadrati, che tuttavia non sembra occuparne, grazie alla forma organica e leggiadra, più di una ridotto benché significativo frazionamento…

Raramente i giri esplorativi su YouTube di una struttura degna di nota raggiungono l’attenzione ai dettagli di questo spezzone del canale sull’architettura DoNotSettle, con tanto di mappa esplicativa dei diversi ambienti mostrati.

Come per molte opere della maestra irachena-britannica di Ma Yansong, dunque, sono le linee curve a farla da padrone nel disegno della poderosa struttura, con un profilo che ricorda a tratti un turbine o ciclone, certe altre volte il corpo di una qualche creatura tentacolare spiaggiata dalla corrente del fiume antistante. Particolarmente preminente tra i pannelli d’alluminio bianco che ricoprono al sua struttura, ad ogni modo, risultano essere gli enormi lucernari, costruiti con una serie di elementi in vetro dalla forma piramidale, in grado di dirigere e sfruttare intelligentemente la luce naturale. Principale ed unico strumento d’illuminazione impiegato nel teatro al di fuori degli spettacoli, con notevole risparmio d’energia e conseguente impronta ecologica migliore. Il che permette inoltre, nel caso in cui lo si ritenga necessario, di utilizzare il paesaggio stesso come parte integrante dei drammi messi in scena presso il teatro principale oltre lo strato trasparente ed a prova di rumore. La struttura principale, costituita da uno scheletro metallico pesante quanto la Torre Eiffel e coperto di cemento rinforzato con fibra di vetro (CRC) presenta inoltre doti d’isolamento termico sensibilmente superiori alla media, arrivando a sostenere un tetto grande una misura complessiva di 50.000 metri quadrati, utilizzato come ponte panoramico per i visitatori intenzionati ad ammirare il sobrio panorama della grande città più settentrionale di tutta la Cina. Tale aspetto placido e accogliente, contro l’impatto mirato ad incutere soggezione dei più alti e futuribili costrutti architettonici di quel paese, non lascia ancora immaginare d’altra parte il contesto rassicurante e tiepido degli spazi oltre le porte d’ingresso a misura d’uomo, in tutte le aree principali ricoperti da uno strato decorativo di legno di frassino della Manciuria (Fraxinus mandschurica) noto per il colore caldo e le notevoli capacità di resistenza. Le cui forme fluiscono, in maniera quasi naturale, attraverso le aree performative, le tre sale da prova e tre da musica, i 28 spogliatoi e i corridoi capaci di condurre agli oltre 20 ascensori. In un ambiente in cui nulla appare rompere con il programma originario, di un qualcosa che potesse definirsi vivido benché del tutto immobile, come catturato nel momento saliente della sua fuga verso l’infinito. Per un insieme nel suo complesso in grado di condurre, senza falla, al conseguimento del Premio Lu Ban per l’Eccellenza Ingegneristica delle Strutture di Metallo all’epoca ormai remota del suo completamento, aprendo la strada ad un apprezzamento generale dell’attenzione ai dettagli prestata dal suo progettista principale. Lo stesso Ma Yasong famoso per ripetere nelle interviste il suo punto di vista operativo, in base al quale l’architettura non dovrebbe fornire unicamente spazi bensì aumentare la qualità della vita stessa, attraverso al ricerca di una scala ragionevole perciò riconducibile a quella di una singola figura umana. Visione pienamente apprezzabile nella configurazione di un “grande giardino” ricercata in opere come il Grand Theatre di Harbin, ove la dimensione pubblica riesce ad occupare uno spazio decisamente superiore a quella privata. Favorendo una dialettica espressiva chiara e d’impatto, capace di rendere maggiormente accessibile la storia raccontata dall’edificio.

Ma per una visita decisamente più emozionale e d’impatto, forse la risorsa maggiormente meritoria è questa danza contemporanea del coreografo Shen Wei, in cui l’artista si esibisce in contorsioni ispirate al Butoh giapponese attraverso molti dei surreali ambienti del complesso culturale.

Ghiaccio quindi, e neve, si combinano per creare l’influenza generativa di un edificio che combina il modulo creativo degli elementi col bisogno, semplicemente, universalmente umano, di rappresentare narrazioni musicali e racconti. Un mondo nel mondo, all’interno della città definita dall’UNESCO nel 2018 “Città della Musica” in quanto sito ove venne costituita, nel 1908, l’Orchestra Sinfonica della Cina nonché luogo di nascita di oltre 100 acclamati compositori.
Scenario, anche per questo, dell’annuale festa del Concerto d’Estate che fin dalla fine della Rivoluzione Culturale, si era tenuta all’interno del capiente ma più semplice Palazzo della Gioventù. Almeno fino al sorgere della “creatura” sinuosa in qualche modo culmine della penna e il sogno modernista di un’intera nuova generazione di progettisti. Poiché l’architettura non è nulla, se non la ricerca della più perfetta integrazione tra i bisogni umani e le contrapposte linee energetiche del mondo. Che non si accontentano, nella maggior parte dei casi, dell’aggiunta di un tetto a forma di pagoda su di un semplice parallelepipedo di ferro e cemento, grattacielo dalle utili premesse ma il minimo charme. Bensì vogliono, o qualche volta addirittura pretendono, un quibus ulteriore di preziosa sofisticazione creativa… Immanente.

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