La strana passione degli architetti cinesi per gli organi genitali giganti

Lo scorso 24 settembre, la cospetto dei responsabili aziendali, i rappresentanti di partito e il popolo entusiasta dell’intera città di Nanning, capoluogo provinciale del Guanxi, si sono raccolti al cospetto del nuovo edificio del network televisivo locale di stato, per assistere a una spettacolare celebrazione della sua costruzione ormai prossima al completamento. Con un notevole dispendio in termini energetici e operativi, l’intera facciata dell’edificio da di 31 piani, 114.000 metri quadri di superficie, costato circa 2 miliardi di yuan (249 milioni di euro) è stato colorato da un sistema di luci al led, tramite cui è stata riprodotta l’immagine della Luna. Per molti dei presenti tuttavia, poco propensi ad apprezzare le qualità maggiormente formali di un simile momento storico, è stato impossibile scacciare dalla mente un’immagine di tutt’altro tipo. Chiamatela, se volete, una sorta di sconcia pareidolia, la tendenza della psiche a individuare dei volti laddove un convergere di linee o forme casuali sembrava darne appena l’accenno, retaggio dei nostri antenati primitivi alla perenne ricerca di predatori mimetizzati tra gli alberi della foresta. Soltanto che oggi, in assenza di un tale pericolo, gli atavici istinti cercano sfoghi di un’altra natura. Ovvero appartenenti a quello specifico ambito della privata Natura, che in molte circostanze guida e sostiene il complesso sistema di relazioni pubbliche e sociali che sono il fondamento stesso della società globale.
“Pene!” Ha gridato qualcuno. E in breve tempo, grazie alla magia di Internet, pene fu. Risate pronte a propagarsi come un fulmine dalle molte ramificazioni, pronto a percorrere il cielo plumbeo del social network nazionale Weibo, verso le  molte testate internazionali, dove l’elaborazione con fotomontaggio in oggetto è stata istantaneamente data per vero, spesso sovrascrivendo completamente ogni possibile intento divulgativo in relazione all’insolito e affascinante edificio. Nel breve video, lungo appena 14 secondi, si vede il palazzo dalla forma oblunga con due strutture vagamente sferoidali alla base illuminarsi completamente, per poi essere incoronato da uno spettacolo di fuochi artificiali che scaturisce dalla sua sommità, con l’apparente scopo d’imitare lo zampillo di una fontana. L’analogia, a questo punto, diventa semplicemente troppo difficile da ignorare. In una serie di comunicati stampa dal tono progressivamente più nervoso, gli addetti alle comunicazioni della Guangxi Radio & Television Information Network si sono quindi affrettati a smentire l’effettivo verificarsi di un simile show pirotecnico, senza apparentemente rendersi conto o affrontare il tema di come la bufala fosse stata realizzata con l’obiettivo di evidenziare quanto ciò che oramai, doveva apparire palese agli occhi di tutti. Esorcizzare la forma fallica, come sanno bene gli abitanti di Londra, non è una missione facile per chi disegna palazzi per professione. Specie se si tratta di edifici al di sopra di una certa altezza e quindi, come loro imprescindibile caratteristica, caratterizzati da una forma sottile e allungata. Basti aggiungere a questo il fatto che una struttura architettonica, come sua imprescindibile prerogativa, debba essere osservata da diverse angolazioni, sia in terra che in cielo, per rendersi conto di quanto risulti essere difficile, talvolta, allontanare questa sorta di arcana maledizione.
E in fondo se lo si guarda dal basso (e possibilmente di fronte) il Guangxi New Media Center, sede di studi televisivi, radiofonici e uffici amministrativi, presenta una forma ondulata che tutto ricorda, tranne lo sconvolgente organo eretto verso l’azzurro cielo. Come nell’intenzione degli ignoti autori, che a quanto è stato dichiarato sul web avrebbero tentato di riprodurre con la forma stratificata dell’edificio i celebri terrazzamenti con le risaie della Cina meridionale e l’intero territorio del Sud-Est Asiatico. Peccato non sia possibile avere un loro commento. Una problematica frequente questa, nel paese del Popolo per definizione, dove tanto spesso gli sforzi collettivi devono preferibilmente restare appannaggio dei burocrati committenti, piuttosto dei creativi che hanno materialmente realizzato i progetti, in assenza del concetto per noi fondamentale di veri e propri auteur del mondo architettonico, intesa come una forma d’arte spontaneamente capace di attraversare le generazioni. E che sussista o meno, in questo, un qualche tipo d’associazione con la strana tendenza a costellare di peni l’intero paesaggio urbano nazionale, resta certamente difficile da definire. Laddove risulterebbe difficile, sotto un ragionevole punto di vista, che una simile suggestione trovi riconferma quasi ogni anno, grazie alle linee guida di una corrente contemporanea trasversale, modernista per definizione, in cui l’estetica funzionale del mero brutalismo è ormai un ricordo privo di conferme situazionali.

Questione di punti di vista al Renmin Ribao, come si usa dire, o circostanze magari temporanee, potenzialmente soggette a rapidi mutamenti. Sarebbe tuttavia semplicemente assurdo, pensare che la suggestione genitale trovi l’origine soltanto nella mente dell’osservatore.

Il precedente più celebre fu probabilmente creato nel 2015 a Pechino, con lo spettacolare quartier generale alto 179 metri del Renmin Ribao (人民日报) o Quotidiano del Popolo, il più importante giornale affiliato agli organi politici di governo, di un paese che non ha mai voluto o potuto abbandonare i propri meccanismi d’informazione dell’epoca dell’economia controllata, sottoposta alla dura supervisione del potere centrale. Per una testata che, attraverso gli alterni risvolti della storia, è oggi una vera istituzione del paese, riuscendo a costituire nelle cognizioni di molti la vera voce ufficiale di questo drago dalle molte teste che ha nome di Cina. Opera, questa volta, dell’intera Facoltà di Architettura dell’Università del Sud-Est (SEU) situata a Nanchino, senza che un singolo nome possa emergere dalla definizione generica di questa prestigiosa istituzione. Il che, almeno all’epoca, deve avergli fatto certamente piacere, visto il pericolo di essere associato a uno scandalo che improvvisamente, sembrò percorrere l’intero paese. Il problema fu che in quel caso, gli scherzi di Internet rimbalzarono all’estero tornando al mittente, necessitando un’ordinanza che minacciava severe punizioni a chiunque fosse pronto a ospitare online, o ripetere in qualsivoglia modo il terribile paragone. Il fatto è che nel caso della foto incriminata, in cui l’edificio appariva ancora coperto dalle impalcature edilizie, i meriti penili della sua forma erano semplicemente troppo potenti per essere efficacemente ignorati.
E fu allora che gradualmente, il paese attualmente più ricco di risorse da dedicare allo sviluppo cantieristico fuori misura, sembrò rendersi conto di una questione fondamentale: spesse volte, se si progetta un palazzo, risulta inevitabile creare un qualcosa che finirà per essere successivamente frainteso. Basta talvolta una sommità stondata, una forma vagamente rastremata, perimetri curvi o coppie di strutture alla base, perché l’immaginazione di qualcuno, armato di telecamera, drone e/o Photoshop, finisca per rovinare l’effetto complessivo dell’edificio. Talvolta anche senza che ve ne sia una ragione effettivamente apparente, come nel caso dello spettacolare sede della tv di stato a Pechino, torre angolare di 234 metri strutturata come un poligono chiuso e opera degli architetti occidentali Rem Koolhaas e Ole Scheeren, la cui frequente copertura fotografica della parte inferiore a causa di scherzi della prospettiva e rilevazione anamorfica delle forme, l’hanno fatta più volte paragonare a “un paio di boxer maschili”. Mentre nel frattempo a Hong Kong, il longilineo e svettante International Finance Centre (415 metri, risalente al 2003) avrebbe in epoca recente ricevuto il soprannome in lingua inglese di The Penis, presumibilmente a cause della forma leggermente bombata del suo ultimo piano. Una somiglianza soggettivamente discutibile dunque, che tuttavia non può fare a meno di suscitare la legittima domanda del “perché” esattamente, abbiano deciso di esattamente in quel modo.
E dire che nel 2013, il premier Xi Jinping si era espresso enfaticamente nel suo famoso discorso contro “la strana architettura” che sembrava acquisire sempre maggiore rilevanza nel suo paese, come una sorta di valvola di sfogo per i capitali pressoché illimitati di un mondo finanziario in continua crescita, spesso ad apparente discapito del buon gusto ed il senso di cosa, effettivamente, meritasse di assumere un ruolo simbolico per la nazione. Non è dunque particolarmente difficile immaginare l’espressione che questa importante figura politica dei nostri tempi deve aver assunto, nel momento in cui ha saputo che tipo di fuochi d’artificio avevano fatto la loro comparsa sopra il New Media Center della Città di Nanning.

La forma dello stadio Guangxi Sports Center non sarebbe neppure un così grande problema, se questo non si trovasse proprio nella stessa città, e non particolarmente lontano dal più recente pene gigante della Cina. Direi che ogni elaborazione di tipo concettuale, a questo punto, sia responsabilità esclusiva degli osservatori.

Il rapporto della lingua e cultura cinese con gli organi genitali è uno dei più complessi e stratificati al mondo. Con una tendenza a ricorrere a una quantità di eufemismi semplicemente senza eguali, spesso interconnessi a un sistema folkloristico dai risvolti molto antichi.
Tra cui la metafora più famosa, che viene spesso ripetuta sottovoce nelle aule filologiche e letterarie, resta certamente quella delle “nubi e la pioggia” derivante dalla leggenda del re dei Song, Chuhuai, che mentre viaggiava lungo il corso del fiume Yangtze si sarebbe addormentato, proprio nei dintorni di un punto d’osservazione panoramica noto come “Nuvole di Wushan”. E fu allora, così recita il racconto, che una Dea gli sarebbe comparsa in sogno, dichiarando di essere Wushan in carne ed ossa, intesa come personificazione del vasto e magnifico territorio. Per poi offrirgli di “condividere” il suo letto per una notte. Difficile fraintendere a cosa stesse alludendo. Compiuta l’esperienza, ed impresso nella sua memoria uno standard che nessuna donna mortale avrebbe mai potuto ambire a eguagliare, il sovrano si risvegliò quindi accanto ad un pezzo di carta, su cui l’augusta figura aveva scritto con calligrafia impeccabile “L’alba è le nubi, il tramonto la pioggia, giorno e notte, dietro le tende.” Un’espressione certamente destinata a durare nel tempo, così come l’antonomasia di “bellezza di Wushan” usata per riferirsi a un particolare tipo di qualità esteriore, strettamente interconnessa nell’immaginario maschile alla specifica attività di cui sopra.
Le fondamenta di un popolo, da un certo punto di vista, possono essere le sue storie, così come le immagini evocate da ogni forma o espressione artistica di coloro che continuano a trovare sfogo nell’attuale universo dell’umana collettività. Tra cui, nonostante il desiderio degli accademici, anche loro: i burloni memetici di Internet, sempre pronti ad unire l’utile, con l’utile, con l’inutile. Combinando in maniera pressoché perfetta le diverse qualità dei molti edifici fin qui citati, soltanto per creare l’anomala corrispondenza di un mech sul modello asiatico, alla ricerca di una sorta di discutibile Goldrake o scandaloso Mazinga. E chi potremmo mai essere noi, che ci limitiamo a osservare la scena da lontano, per esclamare “Ora basta, andate tutti a dormire!”

Per la cronaca, il foro d’ingresso è fornito dallo stadio a nido di rondine (Běijīng Guójiā Tǐyùchǎng – 国家体育场) costruito a Pechino in occasione delle passate Olimpiadi. Il che non fa che dimostrare come sia la natura stessa, a offrire il fianco a possibili fraintendimenti.

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