La rivalsa delle bestie sugli alligatori

Caimano-Leopardo

Non stavolta, amico del giaguaro! C’è sempre in ogni gruppo, un disfattista discordante. Per ciascuna classe di scuola soggetta alle verifiche di fine anno, in tutti gli uffici delle compagnie soggette all’ultima prova dei tempi, all’interno di ogni compatto gruppo di protesta, il singolo che resta stolido nella sua convinzione, certo che ben presto tutti gli altri cambieranno idea. Quel tipo (in)umano che non fa sentire la sua voce, ma rimane in attesa da una parte, pronto a ghermire, con i suoi discorsi e i gesti, l’avversario reso vulnerabile dalla sorpresa. Non c’è un gusto più gradito al suo palato. Denti acuminati, una mascella che può far esplodere un cocomero, il dorso bitorzoluto dalle scaglie non sovrapposte. Un solo aspetto, virtualmente mai cambiato, fin dall’epoca della preistoria. Qualche volta porta la cravatta. E sono anni, letteralmente degli eoni, che rifiuta l’occasione offerta dall’evoluzione. Forse perché… Non ne ha bisogno? Preferisce fare sfoggio di continuità esteriore? Oppure per il gusto di restare quel che era, lucertola imprendibile delle spietate circostanze. Un predatore opportunista. Un collega crudele, infallibile nella sua spietatezza. L’alligatore che nessuno può mangiare, a meno di disporre dei giusti strumenti d’argomentazione.
Ora, ce ne sono di diverse stazze. È chiaro che un moderno coccodrillo, lungo 5, 7 metri, non potrà essere preda d’altri che di chi lo mira col fucile di grosso calibro, la borsa o il portafoglio già ben fissa nella mente (del grossista delle pelli). Ma un caimano jacarè è davvero differente. Perché pesa intorno ai 50 Kg e misura in media un paio di metri e mezzo, dimensione insufficiente a renderlo il temuto super-predatore del suo areale sudamericano, che si estende dal Perù all’Argentina, passando per l’Uruguay, il Paraguay, la Bolivia e il Brasile. Quest’ultimo paese, nello specifico, il luogo dell’azione qui ripresa dalla naturalista Sally Eagle, che si svolge nello specifico all’interno della regione del Pantanal, la più grande zona umida del mondo. Dove cose orribili ed innominabili si aggirano di notte, graffiando con gli artigli le cortecce degli arbusti. Indescrivibili mostruosità che, persino loro, devono ritrarsi quando vedono un felino come questo. Rappresentante locale del non particolarmente vario, eppure estremamente celebrato genere dei Panthera, i cinque grandi felini che vivono in tutti i continenti tranne l’Australia: leone, tigre, leopardo, leopardo delle nevi e giaguaro, per l’appunto, il maculato mangiatore degli ambienti tropicali. Fino a 130 Kg di muscoli irsuti, vibrisse zelanti e soprattutto acuminate zanne, in grado di perforare facilmente un cranio umano. In effetti, è stato calcolato che in proporzione al peso, sia proprio questo il più forte e pericoloso dei felini. Basti prendere nota, come riconferma, della situazione riccamente documentata di un esemplare particolarmente affamato che ghermisca una giovenca di proprietà umana, per poi trascinare, non senza fatica, tutti e 250-300 i suoi Kg di peso fin sopra i rami di un albero, ove consumare il suo banchetto. Tecnicamente, secondo studi effettuati in via rigorosamente empirica, un giaguaro di 100 Kg potrebbe combattere alla pari contro una tigre del doppio esatto della stazza. C’è poi tanto da sorprendersi, quindi, se TUTTI devono temere questa potentissima creatura? Persino la lucertola che giace, silenziosamente, in mezzo alla sua isola nel fiume. E nessuno mai oserebbe disturbarla, a meno di provare un senso di assoluta avidità, il bisogno di nutrirsi ad ogni costo. La natura è strana.
Così avviene addirittura, tra lo sgomento collettivo, che ci palesi l’occasione di assistere a una scena come questa: il grosso gatto che si tuffa in acqua (al di fuori delle comodità offerte dall’ambiente domestico, svaniscono le antipatie per il quarto elemento) e silenziosamente si avvicina alla coda insensibile di quell’altro, prima di schizzare fuori e con un balzo mordergli la testa. O in termini più adatti a descrivere l’inferno della situazione, nelle parole di un Poeta “[…] riprese ‘l teschio misero co’ denti, / che furo a l’osso, come d’un can, forti.

Certo, a margine della situazione lì ripresa dalla titolare dell’impresa divulgativa e scientifica MeadEagle Photos, più volte mostrata dal National Geographic, con all’attivo decine di milioni di visualizzazioni online e per di più vincitrice dell’edizione 2014 del premio Windland Smith Rice per la fotografia naturale, va pur detto che l’effetto shock derivi in buona parte da un fraintendimento popolare. Che tende, sopratutto nella lingua inglese, ad attribuire a tutti gli appartenenti all’ordine delle grandi lucertole diapsidi e semi-acquatiche questo termine generico di “coccodrillo” a sua volta associato alle immagini dei colossali mostri africani o i loro parenti statunitensi e australiani, che possono facilmente ghermire un bufalo o uno gnù. Mentre il caimano, nei fatti, è un animale relativamente piccolo, che in genere si nutre di pesci, molluschi o lumache d’acqua, mentre a sua volta può essere la preda di mostri ben più grandi e forti. Tra cui, per l’appunto, il giaguaro. Però ecco, questo non significa che tutte le occorrenze della sua dipartita siano prevalenti ed incolori, frequenti come quella della gustosissima gazzella, sempre morsa al collo da ben altri predatori. Anche i rettili dovrebbero temere l’elettricità.

Caimano-Anguilla
Negli ultimi secondo del video, il caimano sembra ricominciare a muoversi. Miracolosa resuscitazione?

Il secondo video, proveniente dalla telecamera assai meno formale di un parlante della lingua portoghese, probabilmente nativo dei presenti paludosi luoghi, ritrae la circostanza non soltanto inaspettata questa volta, ma nei fatti decisamente improbabile, di un caimano jacaré (ma potrebbe trattarsi anche della variante con gli occhiali) che per sua sfortuna sta serrando le sue fauci su un Gimnotide. Ovvero l’appartenente alla rara e quasi unica famiglia delle anguille elettriche, pesci del fango dotati di tre grandi organi elettrici composti da cellule definite elettrociti, che occupano i quattro quinti del suo corpo e riescono ad accumulare la carica sviluppata dai muscoli dell’animale. Un approccio evolutivo, questo, nati in origine non tanto per l’autodifesa, quanto per riuscire a generare un campo elettrico circostante, usato dalla creatura per rivelare le sue piccole prede, particolarmente nelle condizioni di bassa visibilità del proprio ambiente naturale. Gli esponenti della specie Electrophorus electricus a tal punto possono contare su un simile strumento, che nel corso della propria vita tendono a diventare ciechi, per il danneggiamento alle retine che deriva dall’impiego continuativo che ne fanno. Ma l’aspetto più interessante, qui tanto spontaneamente e ingegnosamente documentato, è quello che succede quando il pesce, se in pericolo mortale, decide di rilasciare all’improvviso tutto il potenziale elettrico del suo organismo. Ovvero lo sviluppo di una corrente improvvisa di 600 volt, per un ampere nel giro di due millisecondi, essenzialmente il rilascio di un decimo dell’energia contenuta in una singola batteria stilo, ma con 300 volte la differenza di potenziale. Lo shock che ne risulta potrebbe, almeno in teoria, causare un arresto cardiaco in un umano adulto e, benché non esista una casistica documentata, ucciderlo. Qualcosa di simile a quanto capita in questa bizzarra scena, ai danni del rettile malcapitato, che comunque, al sopraggiungere della paralisi indotta ed ai tremori, tutt’altro sembra fare, piuttosto che aprire le fauci e lasciar scappare via l’anguilla. “Alligatore, alligatore. Venite! Ha preso un animale! L’alligatore sta morendo!” Grida forte lui in portoghese (traduzione completa ad opera dell’utente JimmyNavio di Reddit) poi al sopraggiungere dell’amico: “Sssh, fai silenzio e vieni a vedere. Prendi un lasso…”
La scena è talmente surreale ed improbabile, che alcuni hanno anche espresso dei dubbi sulla sua effettiva veridicità. Appare in effetti improbabile, a torto o a ragione, che una scossa di soli due millisecondi possa indurre un qualcosa di simile ad un attacco epilettico nel caimano, per il tempo decisamente lungo di almeno un minuto in mezzo. Qualcuno ha addirittura ipotizzato che la corda, con cui il cameraman sembrerebbe aver preso al lasso l’anguilla prima dell’inizio del video, fosse in realtà un cavo elettrico collegato ad un generatore, e che l’intera sequenza sia soltanto un modo per attirare l’attenzione ai danni dei due esotici animali. Altri affermano che si tratti invece di una scaltra montatura dell’anguilla e del rettile, per distrarre l’uomo mentre un secondo caimano lo ghermisce da dietro. Tutto è possibile, nel folle mondo del web:

Croc-Bat War
Applicazione pop del darwinismo: per catturare un animale dotato di cannoni laser fotonici, il predatore sviluppa l’esplosione al napalm controllato. La somiglianza del sonoro ai campionamenti del videogioco Halo 4, a quanto pare, sarebbe una pura e semplice coincidenza.

Dunque tutti temono l’alligatore. Il che vuol dire che lo rispettano, ma non senza quell’ostile sentimento, spesso nascosto nel profondo della coscienza, che può essere descritto come una lieve forma d’odio, nato dall’invidia. Chi può cacciare senza mai mettersi in discussione? Chi non fatica, eppure ottiene tutti risultati? Chi mangia senza dare nulla in cambio? Lui, Lui, tweee, pweee, twee (tipico verso delle volpi volanti australiane) e anche i pipistrelli più grandi al mondo, nonostante le loro ottime capacità di volo, finiscono nel duro stomaco di quella belva. La dinamica è…Bizzarra. Veniva originariamente dimostrata in questo video della BBC, parte della serie di documentari del 2014 Wonders of the Monsoon, in cui i principali mammiferi d’aria, assetati al termine della stagione secca delle regioni a nord del Queensland, si gettavano con entusiasmo nelle pozze d’acqua formatisi all’improvviso, per il sopraggiungere delle perturbazioni provenienti dall’Oceano Indiano.
Allo scopo di bagnarsi il pelo e bere, non catturare gli insetti come diceva qualcuno (le volpi volanti sono frugivore) ma con un rischio veramente significativo: l’agguato dei prontissimi coccodrilli di Johnston, anche detti d’acqua dolce australiani, rapidi a far scattare la loro trappola dentata sopra i batuffoli di pelo membranoso. E che potrebbe mai fare, un pipistrello pure se gigante, per sfuggire al rischio di una tale circostanza! Se non armarsi, indubbiamente grazie all’aiuto di una qualche entità ultradimensionale, con armi all’avanguardia tecnologica, strumenti di bombardamento estremamente distruttivi e efficaci. Ciò che segue, naturalmente, non è altro che il solito scontro per la sopravvivenza, magari con appena qualche danno collaterale agli alberi, le montagne, le metropoli e i bacini idrici circostanti. Quando i fiumi un tempo eterni si saranno prosciugati, e infine gli alligatori sconfitti, senza più uno spazio per nuotare, torneranno a camminare sulla terra, certamente ci ricorderemo di una tale scena, all’origine di mille profezie. E soltanto allora ci rivolgeremo al nostro oscuro salvatore, l’unico vero uomo pipistrello…

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