L’inganno più proficuo mai impiegato dai giostrai

Razzle game

Fornire dati palesemente erronei a qualcuno non è facile. Occorre creare una storia valida, corroborata dal contesto, che sia a prova addirittura dell’analisi dovuta alla disperazione. Deve poter sembrare, nella mente del pesce umano, che una volta eliminate tutte le più remote o poco probabili soluzioni, l’unica strada che rimane sia attraverso l’amo che gli viene fatto galleggiare innanzi, come un allettante ma sinistro ausilio all’autodistruzione. Sapete cosa, invece, è alla portata di chiunque? Rendere costui un proprio complice del tutto inconsapevole, all’interno di un meccanismo finalizzato all’apparente ed impossibile guadagno, quindi lasciarlo indietro proprio sul più bello, fluttuando via leggiadri con le sue finanze, l’autostima e, nel remoto caso in cui costui ne avesse ancora, ogni briciola residua di fiducia nell’umanità. Non ci vogliono doti particolari di recitazione e comprensione psicologica (benché aiutino) perché proprio questo è il punto stesso della truffa, come seconda professione più antica del mondo: lasciare che la vittima finisca ad ingannarsi da sola, a causa di quel brivido che viene dal Profondo. La Sensazione. Dai, la conoscete! Quel solenne momento interiore, in cui tutto sembra dipendere dai dadi del destino, e una persona dimentica se stessa, i suoi parenti, il suo lavoro, perché soltanto la vittoria nella situazione presente potrà restituirgli la sua naturale personalità. O almeno, così pareva con tutta la forza delle propria anima al qui presente giovane studente, accompagnato da un amico che in realtà mirava a fargli uno scherzo, nella sequenza in candid camera realizzata per una vecchia puntata del 2009 del programma inglese The Real Hustle.
Abbiamo parlato di dadi, ma non è di questo che si tratta. Troppo semplice, troppo scontato. Giacché l’idea fondamentale di questa straordinaria tecnologia per estrarre il denaro dal portafogli dei troppo fiduciosi, è gettarli nella confusione, complicargli la vita fino al punto in cui ogni parola del regista all’altro lato della cassa sembri oro colato, e i presunti premi risplendano di una luce irresistibile e sacrale. Non per niente, il “gioco” (se così  vogliamo chiamarlo) ha il nome segreto di Razzle, dall’espressione inglese idiomatica razzle dazzle, che si riferisce ad un qualcosa di così appariscente da confondere le apparenze, e nascondere l’occulta, fin troppo pericolosa realtà. Il guadagno inizia, come spesso capita, in una maniera apparentemente priva di grosse pretese. L’affiliato di un luna park viaggiante, talvolta assieme a un socio o una socia, allestisce un banchetto nella zona più trafficata dai visitatori, dove si promettono grandi vincite con investimenti non eccessivamente significativi. Nella finzione del programma, il ruolo dei sedicenti truffatori fu interpretato nel 2009 dai conduttori fissi Paul Wilson e Jessica-Jane Clement, capaci di recitare la parte in maniera decisamente priva di fraintendimenti. Sia chiaro che alla fine, tutti i soldi sono stati restituiti al legittimo proprietario. Ma non andiamo tropo avanti. La vittima designata, accompagnata fin lì dall’amico e complice della produzione, è stata quindi messa di fronte ad una coppia di tabelloni, occupati rispettivamente da una serie di fori numerati prima di essere posti in orizzontale, ed una tabella di conversione, per alcuni punteggi ottenibili mediante il primo di questi due implementi. Nel seguente modo, amichevolmente messo in chiaro da Paul: per la modica cifra di due sterline, tutto quello che l’aspirante vincitore dovrà fare è lanciare un certo numero di biglie in modo casuale, affinché queste ricadano in corrispondenza dei punteggi la cui somma, del tutto casuale all’apparenza, compare chiaramente sul bancone. A seguito di ogni totale azzeccato, quindi, il giocatore guadagnerà dei punti o “yarde” (talvolta l’intero ambaradan è presentato come una metafora per una partita di football americano) con l’obiettivo di raggiungere i 10 punti ed ottenere in cambio il premio selezionato tra l’ampio catalogo messo in mostra, con pezzi forti quali televisori all’avanguardia, computer portatili, console per videogiochi. Troppo bello per essere vero? Troppo bello…

Carnival Games
I giochi di fortuna ed abilità tradizionalmente impiegati dai luna park itineranti americani dispongono tutti di sistemi poco evidenti per barare, impiegati da alcuni gestori disonesti per separare gli stolti dai loro contanti di giornata. Possono bastare le stesse leggi della fisica, perché il truffatore possa far sembrare facile un tiro di pallina che, per chi si trova all’altro lato del bancone, risulterà totalmente impossibile da replicare.

Si può generalmente comprendere il grado d’impossibilità della propria vittoria in un gioco da luna park proprio in funzione dell’apparenza magnifica dei premi, talmente belli che basterebbe vincerne uno, in teoria, per rifarsi anche di centinaia di sterline donate con convincimento al servizio del progetto. Le cui redini, in realtà, non sono mai state date in concessione dall’architetto dell’intera situazione. E pensate, a tal proposito, che addirittura il Razzle, nella sua forma primordiale, veniva impiegato all’interno dei locali e casinò di Havana a Cuba verso la metà degli anni ’50, dove la posta in gioco era sempre quella più desiderabile di tutti: il puro, vile, eppur profumatissimo denaro. A tal punto i gestori avevano fiducia nell’impossibilità di vincere a questo gioco, che la prassi prevedeva che il croupier sbagliasse occasionalmente a fare i conti, lasciando che i pochi punti guadagnati mantenessero vivo l’interesse della vittima, che quindi continuava ad acquistare lanci di palline. Perché è proprio questo il “bello” del gioco, che nessuno perde nulla, finché non decide che ne ha avuto abbastanza, si alza e se ne va. Ma è lo stesso meccanismo perverso dell’azzardo, alla fine, che gli impedirà di farlo: “Ho speso tanto, come posso andare via?” Avanti e avanti, fino alla pedissequa distruzione dei propri risparmi tanto faticosamente accumulati. Furono tuttavia i giostrai operanti negli Stati Uniti, di ritorno da una qualche spedizione esplorativa nei Caraibi, a far diffondere ed incrementare la fama discutibile di questo gioco, grazie ad un’aggiunta particolarmente diabolica: il numero 29. Nel caso in cui la somma delle palline dovesse ammontare a tale cifra (e lo farà prima o poi, anche a costo di sbagliare intenzionalmente l’addizione) il premio della partita viene immediatamente raddoppiato. La vittima potrà quindi aspirare ad un trionfo ancor maggiore, ma con un piccolo, insignificante problema: adesso anche il costo di ciascun singolo lancio, è stato raddoppiato. E non c’è limite a quante volte ciò possa capitare. I giostrai più abili, studiando l’eventuale ingenuità di coloro che hanno davanti, possono farne gli ipotetici titolari futuri di letterali dozzine di apparecchiature elettroniche dall’alta desiderabilità, proprio perché è virtualmente impossibile che il giocatore faccia un solo, SINGOLO punto, senza il loro esplicito aiuto. Si tratta letteralmente di una possibilità su 15 milioni, o giù di lì.

Carnival Investigators
Nello stato del New Jersey, a sud di New York, gli ispettori della Divisione dei Diritti al Consumo devono ispezionare periodicamente tutti i giochi a premi dei luna park. Le freccette vengono controllate una per una, i palloncini fatti esplodere, addirittura i cestini da basket sottoposti alla prova della livella. Ma c’è un gioco che non passa quasi mai la verifica: il malefico pesca-tutto con le gru a pinza. Il sospetto l’avevamo sempre avuto…

Paul Wilson, entrato totalmente nella parte, inizia immediatamente facendo “vincere” al ragazzo 5 punti. Spiegandogli chiaramente come, in quel gioco, si tratti di un colpo di fortuna letteralmente straordinario. Cosa puntualmente provata, quando nei successivi 10 lanci quello ne guadagna un altro mezzo o poco più. Con l’obiettivo di raggiungere i sedicenti 10 ed ottenere così la sua adorata Playstation 3 (che volete farci, è una puntata piuttosto vecchia) il giovane continua a spendere e spandere. Del resto, con “evidente” dispiacere del presunto giostraio, gli riesce di raggiungere prima i 7, poi gli 8 e i 9 punti. Jessica, la sua complice nella finzione televisiva, si finge sempre più stupita ed incoraggia lo scommettitore ad investire ancora. Nel frattempo, il premio è stato raddoppiato due volte ed il costo per singola partita, come precedentemente delineato, è aumentato di pari passo. Raggiunte le 116 sterline spese, la vittima non ha più risorse da spendere, e si prepara ad andarsene via con l’amico nello sconforto più totale. Ma niente (molta) paura! Paul “si sente buono” e “gli dispiace per lui” quindi gli offre un’opportunità senza precedenti: se adesso si reca al più vicino bancomat, e torna per continuare a scommettere, non soltanto gli permetterà di tenere i 9 punti accumulati, ma nel momento del conseguimento di quell’ultimo dannato numerino, arriverà addirittura a restituirgli TUTTI i soldi spesi fino a quel momento! E così, la storia continua, continua, continua…
Ci sono diverse leggende sul Razzle, tra cui quella di un individuo anonimo in uno stato del profondo Sud che sarebbe arrivato a spendere, secondo quanto riportato dalla polizia locale, 35.000 dollari in un solo pomeriggio. Per poi tornare armato di fucile e con i rinforzi presso il banchetto del luna park con lo scopo di recuperare il malloppo, soltanto per scoprire che i suoi aguzzini erano già sulla strada per la prossima, ignara ed ignota città. Sembra invece che quando il gioco veniva ancora praticato nei casinò di Cuba, prima che il governo lo proibisse con una legge esplicita, questo riuscisse a superare da solo l’incasso dell’intera serata in ciascun locale, soprattutto grazie all’ingenuità dei molti turisti americani. Un po’ come capita nella situazione dell’onesto, ma poco furbo ragazzo inglese, che nell’intervista dopo il termine della maligna candid camera non può che ammettere la propria ingenuità, rallegrandosi nel contempo di poter riavere i soldi dalla produzione della Tv. Molti altri, al suo posto, non sono stati così fortunati. E ciò senza considerare come la lezione appresa, nei fatti, non abbia alcun prezzo: diffidare dei giochi le cui regole non sono chiare. Ma soprattutto, delle opportunità di vincita troppo facili ed ingenti. Non c’è niente di gratuito a questo mondo. Neppure l’autostima.

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