Riemerge un materiale capace di resistere a qualsiasi temperatura

Luce incandescente al calor rosso che si abbatte sulla mano senza guanti, sopra quella che potrebbe a pieno titolo sembrare una frittella bruciacchiata. Sulla quale, per qualche istante ancora, trova posto un piccolo tesoro di monete. Che si squagliano e appiattiscono, l’una di seguito all’altra, come fossero di cioccolata. In una scena da annoverare a pieno titolo nell’albo d’oro del “Non Provateci Assolutamente a Casa” (e mi sento di reiterare: quasi NIENTE di quanto che fa quest’uomo è sicuro da riprodurre senza un adeguato background chimico o esperienza reale in laboratorio) il famoso YouTuber a tema scientifico NightHawkInLight prende ispirazione stavolta da un celebre segmento della Tv britannica, durante il quale andò in onda la dimostrazione pratica di un invenzione che avrebbe dovuto cambiare il mondo e che invece, per ragioni certamente difficili da determinare, sarebbe stata completamente dimenticata al trascorrere di quel fatidico 1990. Benché intendiamoci, sia difficile immaginare uno scenario in cui manca di fare colpo la scena in cui il presentatore dell’eterno Tomorrow’s World, programma andato in onda per un periodo di oltre 38 anni, punta una torcia ossidrica accesa per svariati minuti all’indirizzo di un’uovo, per poi aprirlo di fronte alle telecamere mostrandone l’interno ancora del tutto crudo. E in effetti l’inventore dietro allo straordinario materiale di cui era stato ricoperto, il parrucchiere per professione Maurice Ward di Hartlepool, contea di Durham, sarebbe riuscito così a catturare l’attenzione di enti di portata internazionale quali la National Aeronautics and Space Administration (NASA), l’Atomic Weapons Establishment (AWE) e le Imperial Chemical Industries (ICE). Senza tuttavia ottenere il lucrativo contratto di fornitura del suo brevetto a cui riteneva di avere un assoluto e imprescindibile diritto. Finché nel 2011, all’età di 78 anni, improvvisamente morì. Forse portandosi, per quanto ci è stato fatto capire da sua moglie e le quattro figlie, la misteriosa ricetta al di là del mondo tangibile dei viventi.
Starlite, era (e resta) il suo nome a scopo commerciale attribuitogli dalla nipote dell’inventore, che poi significa “Luce Stellare” e a dire il vero sono stati in molti a provare a riprodurlo e infine ritenere, in qualche modo, di aver catturato il suo segreto. Il fatto stesso che Ward si fosse dimostrato molto spesso ben disposto a dare in prova dei campioni ai suoi possibili clienti, senza però mai permettergli di analizzarli in modo approfondito, costituisce infatti la prova che dovesse trattarsi di una miscela sorprendentemente semplice, forse persino realizzabile all’interno di una comune cucina. Inoltre materiali simili, benché non esattamente uguali, sono stati nel frattempo perseguiti ed alla fine brevettati in vari campi, dandoci almeno una vaga idea di quello che potesse essere scaturito dalla mente di quel geniale autodidatta all’inizio dell’ultimo decennio del 1900. Così ancora una volta il nostro autore di brevi esperimenti divulgativi, inventa, sperimenta e mette alla prova. Ponendoci di fronte al fatto compiuto di un qualcosa che “potrebbe” forse essere Starlite. Ma la di la di questo, rientra certamente nella stessa categoria di super-materiali termici, capaci di proteggere a partire da un sottilissimo strato persino la delicata pelle umana, dinnanzi a temperature capaci di annientare completamente il metallo. Giunti a questo punto, vediamo di analizzare la scena in cui NightHawkInLight introduceva, col suo solito stile pacato e tranquillo, l’imprevedibile argomento…

Il piccolo chimico è sempre allegro, quando riesce ad operare nel suo elemento. Tanto maggiormente quando tutto ciò di cui ha bisogno per stupire i popoli può essere acquistato, a poco prezzo, in un qualsivoglia discount.

Che la Starlite dovesse essere un materiale di derivazione organica, in effetti, lo si era sempre sospettato, a partire dal momento in cui una delle figlie di Ward aveva vantato la sua natura commestibile da parte di cani, gatti e cavalli, ai quali era stato dato in pasto in più occasioni senza nessun tipo di conseguenza nociva. Così l’idea, di questo vero e proprio artista degli esperimenti internettiani, di associarlo alla pratica da lui più volte reiterata, del cosiddetto “serpente del faraone”, un tipo di fuoco d’artificio in cui una miscela di bicarbonato di sodio e zucchero viene costretta da una fiamma a sprigionare tutto il suo contenuto d’anidride carbonica in una sola volta, generando uno spettacolare flusso di carbone solidificato che si avvolge e arrotola su se stesso. Il che poi non sarebbe altro che l’applicazione semplificata, al solo scopo d’intrattenimento, dello stesso principio sfruttato nel campo delle vernici intumescenti, un innovativo tipo di sostanze ad uso per lo più industriale ed aeronautico (come ad esempio la DC315) capaci di ritardare il propagarsi ed il pericolo immediato di un eventuale incendio, letteralmente gonfiandosi al contatto con le elevate temperature nella generazione di uno strato color della fuliggine assolutamente non combustibile e per sua stessa implicita natura, incapace di trasmettere il calore.
Un risultato ottenuto, in questo caso, con tre semplici ingredienti: bicarbonato di sodio, amido di mais (maizena) e colla vinilica. Mettendo subito da parte quest’ultima, utilizzata unicamente per dare una consistenza plastica all’amalgama, basterà quindi osservare il comportamento degli altri due al contatto con la fiamma ossidrica d’ordinanza, per notare il modo in cui il formarsi di uno strato nerastro ed ebulliente, sulla piccola “frittella” creata dall’autore del video, finisca per assolvere allo stesso scopo dello strato prodotto dalle succitate vernici di derivazione industriale. Permettendogli, tra le altre cose, di riprodurre con successo l’ormai celebre esperimento dell’uovo. Detto questo, NightHawkInLight è il primo ad ammettere come sia del tutto impossibile sapere se la “sua” Starlite corrisponda nei fatti al leggendario materiale mostrato in Tv tanti anni prima di questo momento, benché la performance di quanto lui ha elaborato risulti estremamente simile e teoricamente conforme ai “10.000 gradi” più volte vantati da Ward. Per i più sospettosi, attraverso l’ulteriore (non citato) perfezionamento di quanto era già stato mostrato in precedenza su YouTube da Mick West, un altro divulgatore che usava tuttavia il suo ingegno per giungere a una conclusione diametralmente opposta, sulla falsariga di: “Se l’invenzione era davvero tutta qui, non c’era veramente niente che meritasse di essere tenuto segreto.” E più che sottovalutarlo, le aziende contattate da Ward a partire dal 1990 fino al momento della sua morte si sono comportate in maniera assolutamente coerente coi principi del capitalismo, aggiungerei…

Fin dall’albore dei tempi, l’uovo ci ha colpito e affascinato. Non per la sua forma perfetta, e neppure per l’uso fondamentale in cucina. Bensì per l’implicita promessa che rappresenta, di un futuro essere pennuto in grado di barcamenarsi su questo azzurro pianeta. A patto di riuscire a sopravvivere, in qualche fortuito modo, all’implacabile momento incandescente della Fine.

È un problema che in molti hanno avuto ottime ragioni di conoscere, maledicendo quel sistema estremamente pervasivo e capace di condizionare ogni tipo d’interrelazione contemporanea. Il desiderio, assai giusto dal punto di vista prettamente individuale, di guadagnare soldi e fama imperitura grazie alla specifica bontà delle proprie idee. Convinti di essersi trovati a possedere, grazie a un letterale colpo di genio, il segreto ultimo di un qualcosa di talmente dirompente, innovativo, addirittura rivoluzionario che in qualche maniera, prima o poi, il mondo dovrà riconoscerci e ricompensare i nostri sforzi operativi. E altrimenti, bruci il mondo, senza nessun tipo di frittella quasi-magica per proteggerlo dal suo destino gramo e (certamente) meritato. Maurice Ward, come molti altri prima e dopo di lui, dev’essersi trovato verso il termine della propria vita di fronte a questo tipo di dilemma, con la sua mancanza di contatti fidati all’interno del mondo dell’industria o risorse sufficienti a costituire in solitaria la filiera produttiva di cui aveva bisogno.
Secondo alcuni, d’altra parte, il problema fondamentale della Starlite era che come tutti i rivestimenti di derivazione organica, la sua efficienza nel tempo doveva presentare una durata piuttosto ridotta, limitandone l’impiego nei suoi principali campi d’interesse (e in effetti pare esista anche un rapporto della DARPA americana che lo riconferma). Ciò che è certo, ad ogni modo, è che una sostanza come questa, sopratutto nei primi anni dal momento della sua invenzione, avrebbe potuto salvare un numero potenzialmente molto alto di vite umane o d’altro tipo, come originariamente ipotizzato pubblicamente dal suo stesso inventore in occasione del tragico incendio a terra del volo volo British Airtours 28M (1985, 55 morti) o il disastro ecologico della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico (2010, conseguenze ecologiche tutt’ora impossibili da calcolare). E pensare che tutto quello che costui chiedeva, per svelare il suo mistero potenzialmente salvifico e risolutivo, era una cifra variabile tra il singolo milione di dollari, oppure dieci. Roba… Da nulla, per chi può. Davvero! A volte, chi potrebbe fare la differenza all’interno del mondo tecnologico, sceglie piuttosto di restare a bordo ring. A entrambi gli angoli di un così lungo, ed altrettanto spietato match.

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