E per giungere in orario alla riunione, signora mia, le consigliamo di accendere i fari. Nelle ore successive al mezzogiorno la straße può farsi lievemente oscura. No, nessuna eclissi. Le previsioni dicono soltanto sole. Il problema è nello specifico una conseguenza della… Cosa. Si, ha capito perfettamente. Il gigantesco “sombrero” che domina sul centro cittadino dal principio dell’attuale generazione. Un costrutto affascinante, non lo metto in dubbio. Utile per il turismo e non del tutto privo di un effetto per l’ecologia dei nostri giorni. Ma che agisce sull’incedere dei pomeriggi del quartiere, come l’asta di una meridiana che conteggia le ore di un’apocalisse incipiente. The Berg, la montagna. *N.B. – l’appellativo non costituisce un soprannome. Poiché qui siamo innanzi, da ogni punto di vista rilevante tranne quello geologico, ad un reale massiccio monolitico dell’altezza di 1.072 metri. Figlio della mente di qualcuno che può essere soltanto definito un visionario. E la speculativa concessione da parte degli uffici competenti del via libera più coraggioso e trasformativo nella storia della capitale della Germania. Subito seguito nell’ideale classifica, s’intende, dalla dismissione dell’aeroporto di Berlino-Tempelhof, storico sito ancor prima del secondo conflitto mondiale, subordinato al piano di far confluire tutti i voli presso il campo aeronautico di Schönefeld, trasformato in quel fatale 2004 nel nuovissimo scalo internazionale di Berlino-Brandeburgo. Decisione cui seguirono, in modo pressoché automatico, svariati anni di utilizzo sregolato ed inattività del piano regolatore, in merito all’impiego possibile del grande parco risultante in centro città, chiamato per l’appunto il Tempelhofer Feld. Tanto da motivare, nel 2011, il bando di un concorso dedicato ai pianificatori urbanistici di ogni provenienza professionale col tema di che cosa, esattamente, fosse possibile collocare nel saliente spazio vuoto. Tra orti comunitari, centri sportivi, studi cinematografici e fino all’improbabile proposta di Jakob Tigges, che dopo essere stata presa in considerazione soprattutto per ragioni di marketing, venne rapidamente e prevedibilmente accantonata. Chi mai avrebbe potuto trovare gli svariati miliardi di euro, possibilmente necessari al fine di accumulare e sollevare le quantità spropositate di terra e cemento, necessari per creare l’eminente picco destinato a costituire una delle maggiori opere di geoingegneria mai intraprese dall’uomo? Paragonabile, come portata, alle piramidi trasportate nel mondo moderno e alto quanto il grattacielo Burj Khalifa, vantando nel contempo una massa esponenzialmente maggiore. Impossibile da prendere sul serio, senza dubbio. Se non che parecchie persone non direttamente coinvolte nella commissione, di lì a poco, avrebbero finito per fare proprio quello…
“L’architettura dovrebbe emozionare, coinvolgere, lasciare senza fiato” È una parafrasi ragionevolmente idonea a definire la missione professionale di Herr Tigges, creativo all’apice di una carriera che pur non potendosi definire testualmente “d’avanguardia” (non avendo egli un seguito ne un dichiarato manifesto) non si è mai fatto problemi nell’andare contro il più che legittimo senso comune ed i recinti che quest’ultimo tende a costruire per le idee davvero degne di essere inserite, per una ragione o per l’altra, all’interno di un’antologia del post-modernismo. Per lo meno nelle sue declinazioni maggiormente appariscenti, come potrebbe facilmente definirsi l’ambiziosa costruzione di un qualcosa di tanto imponente, così ponderoso all’interno dello skyline che avrebbe il compito di dominare in maniera del tutto preponderante. Grazie a una visione incline a preferire di suo conto una creazione in grado d’imitare la natura, piuttosto che il solito imponente, straniante iper-palazzo in grado di perforare le nubi. E difficile sarebbe sottovalutare, una volta dato per approvato il piano, le numerose iterazioni vantaggiose derivanti dal posizionamento di un’elevata forma terrestre al centro di una metropoli come Berlino. Offrendo in primo luogo un’attrazione turistica senza pari, ma anche spazio per la tutela della biodiversità con piante ed animali, accentuando ulteriormente gli spazi disponibili per le molte specie di uccelli migratori che già sostano durante i propri viaggi presso il il Tempelhofer Feld. Mentre immagini promozionali ed altri rendering, rapidamente prodotti all’epoca dallo studio Mila di Tigges, mostrano addirittura capre ed arieti che si arrampicano agevolmente sul pendio scosceso, con la vista surreale dei quartieri sottostanti a fare da sfondo inaspettato. Mentre gli estimatori umani dell’alpinismo, non è irragionevole pensarlo, avrebbero fatto di the Berg un sito particolarmente utile al fine di definire i crismi del proprio allenamento. Guidando una campagna di viral marketing particolarmente aggressiva ed efficace, l’architetto di comprovata esperienza con progetti pregressi in Germania e negli Stati Uniti, si sarebbe ben presto ritrovato dunque all’apice dei progetti più discussi del concorso per il riutilizzo dell’aeroporto. Rilasciando non soltanto interviste a vantaggio di giornali e settimanali di mezzo mondo, ma diventando anche il testimonial di un entusiastico comitato, formatosi spontaneamente dagli abitanti cittadini che avrebbero fatto carte false per diventare, nelle parole dello stesso autore, “L’invidia di Monaco con il suo distante panorama alpino e di Amburgo, piatta e rigida nella conservazione delle proprie idee acquisite.” Giungendo a dimostrare quanto, nella maggior parte delle circostanze, il supporto di un significativo plebiscito possa contribuire a far sembrare “reale” il potenziale illimitato di un mega-progetto in fieri, per quanto apparentemente superflua tenda a dimostrarsi la propria logica di partenza.
Ecco, dunque, l’idea. Ma quale avrebbe finito per essere, effettivamente, il suo destino? Basta in effetti scrutare sopra il ciglio dei palazzi di Berlino, per vedere l’ampio cielo scevro di alcun tipo di ostruzione pendente. Libero, ed azzurro, per quanto possa esserlo durante la maggior parte dei mesi dell’anno entro i confini di una paese del Centro Europa. Oggi ammirabile soltanto in una serie di quadri concettuali, noleggiati e nel tempo dati in concessione a prestigiosi locali e punti d’accoglienza turistica cittadini, la montagna non è stata infatti ancora costruita. Avendo lasciato il posto presso il letterale Central Park tedesco, dopo un prolungato periodo di utilizzo libero da parte dei podisti e padroni dei cani berlinesi, all’autodromo effimero impiegato annualmente dal 2015 durante le gare della Formula E(lettrica) per il gran premio della Germania. Un indubbio onore strettamente collegato all’opportunità di lasciare un segno significativo nella mente e nello spirito delle persone. Allontanando forse da un punto di vista fisico l’opportunità di seppellire tutto questo sotto infinite tonnellate cubiche di un gigantesco giardino. Ma mai, davvero, dall’immaginazione fervida delle persone. Come testimoniato anche dal romanzo pseudo-fantascientifico del 2019 di Elvia Wilk “Oval”, in cui la Montagna è stata costruita ed adibita ad una comunità ideale di case abitate dalla nuova elite dei designer e partecipanti al sogno di una migliore Berlino. Destinato in modo pessimistico a naufragare per le tipiche ambizioni della società capitalista, forse il più imponente ostacolo alla posa in opera di grandi meraviglie, paragonabili a quelle del Mondo Antico. Mentre le capre attendono, pazientemente, alla fermata del bus.