Le fantastiche radici dei cipressi non più immersi nell’effimero acquitrino di Tallahassee

In un certo tipo di racconti della fantascienza contemporanea, è convenzione che l’invasione aliena non raggiunga le terrestre sponde da molto, molto lontano. Palesandosi piuttosto come insurrezione o rimozione della maschera, di forze sotto copertura che aspettavano soltanto l’occasione o l’ordine dall’alto di far proprie le instabili strutture di governo costruite dai barcollanti umani. Disseppellendo quell’inarrestabile categoria di macchine, imponenti e longilinee, dalle zampe articolate e un lungo collo indagatore. Una guerra tra i mondi in altri termini, ovvero circostanze poco familiari ed esteriormente non troppo dissimili da quella rivelatosi, la scorsa estate così come nel 1999, 2000 e 2001, a tutti coloro che ebbero l’iniziativa di recarsi presso il bacino idrico di Cascade Lake, non lontano dalla capitale dello stato peninsulare americano per eccellenza. La Florida, quale altro? Un luogo che la convenzione vede già come fantastico, ancor prima che sublimi eventi come questo possano affiancare gli avvistamenti di enormi coccodrilli, pitoni e aculeati eserciti d’iguane alla ricerca di un territorio. Cui aggiungere, in maniera indisputabile, lo spettro longilineo dei Taxodium distichum, più comunemente detti cipressi calvi, cipressi di palude o più semplicemente cipressi, in queste terre ove l’imparentato sempreverde dei giardini formali o cimiteri italiani non è certo una visione di tutti i giorni. Presenze vegetali lungamente adattate ad uno stile di vita tutt’altro che comune, consistente nel prosperare con la parte basica del tronco totalmente immersa nelle acque biodiversamente affollate di uno degli ultimi veri ambienti selvaggi dei nostri giorni. L’immagine parecchio usata in campo metaforico, sia politicamente che altrove, in cui l’acqua incontra il suolo asciutto e viceversa, in un complesso susseguirsi di disomogenei contesti. Un pelo totalmente opaco, caso vuole, proprio per l’alto contenuto di tannini degli aghi perduti dalle chiome soprastanti, capaci di annerire e rendere impenetrabile il mistero dei tentacoli che ne collegano il tronco svettante al suolo della palude. Finché l’evento sopra prospettato, per ragioni chiare ma non prevedibili dal punto di vista cronologico, non agevolano l’immane gioco di prestigio rivelatorio. Già, ma quali sono le ragioni del fenomeno, esattamente?

Per comprendere la reiterata asciugatura e successivi riempimenti del lago di Cascade, appare opportuno sottolineare come pur trovandoci di fronte ad una casistica globalmente rara, essa si verifica con sorprendente frequenza proprio nella specifica zona territoriale, che viene comunemente identificata come Florida settentrionale. Ambiente caratterizzato da un’identità geologica del tipo carsico, con molti laghi clastici il cui fondo è formato dai detriti soltanto lievemente più compatti del poroso, cavernoso e sconosciuto sottosuolo che li sostiene. Specchi d’acqua come i celebri : Iamonia, Lafayette, Miccosukee ed ovviamente Jackson, il più famoso lago sottoposto a simili trasformazioni, tanto da essere stato chiamato in campo non scientifico come “Una vasca da bagno a cui sia stato tolto il tappo”. O nella lingua degli indigeni locali: Okeeheebee, traducibile letteralmente come “Acque che scompaiono”, per l’appunto al susseguirsi di periodi in cui le piogge latitano ed il costante tentativo delle acque di scappare via in profondità, verso le falde acquifere sotterranee, può lasciare in superfici le svettanti e nude forme dei cipressi lasciati scoperti. Tali momenti storici dunque, definiti in inglese drydowns, pur potendo sembrare devastanti per la vita acquatica dei loro luoghi d’occorrenza si verificano effettivamente da parecchi migliaia di anni dimostrando effetti nei peggiori casi non tremendamente lesìvi verso i pesci e loro coabitanti, capaci di ritirarsi nelle poche resistenti pozze umide all’inizio di ciascun evento. E in senso un maggiormente ottimistico, addirittura benèfici al giorno d’oggi, potendo favorire la rimozione sistematica tramite deperimento delle fioriture algali o batteriche dovute alla contaminazione da nitrati provenienti dalle coltivazioni umane. Il che tende a ripristinare, senza alcun tipo di contrattempo, lo stato e le condizioni naturali di questi laghi. A patto, s’intende, che agli abitanti locali venga vietato di recarsi entusiasticamente a pescare nei periodi siccitosi o persino attraversare il fragile fondale con i propri fuoristrada, una sorta di rito di passaggio un tempo praticato poco responsabilmente dai teenager neo-patentati di Tallahassee.
Vige la regola non scritta, inoltre, che i drydown possano essere momenti d’approfondimento scientifico straordinariamente validi o persino esplorazione sotterranea, come quando all’inizio degli anni 2000 le aperture delle doline carsiche del lago Jackson, normalmente delle dimensioni non molto superiori a un pallone da calcio, vennero allargate mediante l’uso di attrezzatura moderna, permettendo a varie squadre speleologiche di visitare e fotografare almeno in parte il mondo sotterraneo delle falde sottostante. I loro reportage fotografici, occasionalmente ricomparsi online, sono ormai leggenda. Non che eventualità simili appaiano probabili nel caso del Cascade Lake, il quale appare incline a svuotarsi esclusivamente per l’effetto del filtraggio delle acque attraverso gli strati clastici, piuttosto che in vere e proprie voragini nel suo fondale. Per non parlare del costante effetto evaporativo, ulteriormente favorito dalla pesante copertura vegetativa degli svettanti cipressi di palude nordamericani.

Vuole a tal proposito una leggenda locale, frequentemente ripetuta nonostante la sua improbabilità, che carpe ed altri pesci dei laghi floridiani possano talvolta essere risucchiati nelle strette doline del fondale, ritrovandosi improvvisamente nell’oscuro mondo sotterraneo da cui non faranno mai più ritorno. E lì nascosti, nel silenzio eterno delle falde acquifere intercomunicanti, diventino ciechi mentre crescono a dismisura fino a trasformarsi in mostri delle inconoscibili sponde. Nutrendosi, possibilmente, delle sottili radici più profonde simili a ife fungine di quegli stessi cipressi, le cui “ginocchia” o protrusioni terrigene altro non sarebbero che prese d’aria per ossigenare le legnose strutture occulte. Fantasia o verità, vi lascio l’opportunità di giudicare. Benché la natura sia effettivamente in grado di operare in vie incredibili o misteriose, l’ultima parola giunge in genere dall’osservazione frutto del metodo scientifico di cui possiamo disporre. Lasciando le metafore alle mistiche palude dei poeti. O agli aspiranti membri della classe dirigente di quel variegato consorzio, qualche volta impenetrabile, di mentalità e persone.

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