Vedi? Le vallate vagabonde del vorace viverride vietnamita

Brutale, spietata, impersonale: se volessimo evocare un tipo di contesto tra i meno accoglienti tra i biomi terrestri, assai probabilmente si paleserebbe nella nostra mente l’effettivo aspetto della giungla equatoriale. Un luogo dove nulla capita senza un motivo, semplicemente perché ogni singola forma di vita è costantemente alla ricerca di risorse, oppure in fuga da colui o coloro che stanno facendo lo stesso. Eppure in questo tipo di battaglia, tra le fronde che si sovrappongono e gli ombrosi vespri ove il tramonto non riesce a penetrare, può palesarsi l’occasione di vedere un qualche cosa di magnifico, la scintilla naturale dell’imprescindibile poesia. Dietro un cespuglio, in mezzo alle foglie cadute, grigio e nero a strisce come il corpo di un leopardo. Ma più piccolo, molto più affusolato, stretto ed appuntito quanto l’affilata punta di una lancia… Dritta verso il cuore stesso dell’intera faccenda. Com’è possibile per un onnivoro della lunghezza di 50 cm, ecologicamente non così dissimile da un gatto domestico, sopravvivere tra questi presupposti, e senza nessun tipo di aiuto umano? La risposta è come sempre nell’evoluzione, e nell’arte avanzata d’incastrare in equilibrio quei fenotipi distinti, collaborativi o qualche volta divergenti, che riescono a condurre a una creatura totalmente fuori dal comune. Come la Chrotogale owstoni o zibetto delle palme di Owston, così chiamato per analogia col più diffuso Paradoxurus hermaphroditus e distinguerlo, al tempo stesso, dallo zibetto e genetta africana, animali imparentati solamente alla lontana di questa stessa famiglia di feliformi. Ma distribuito a differenza di quest’ultimo principalmente in un’area ridotta, che ne vede sporadiche popolazioni nel Vietnam settentrionale, il Laos ed il sud della Cina. Animale endemico, dunque, limitato a paesi in via di sviluppo: una combinazione problematica che come di consueto, e in modo largamente prevedibile, anticipa il problema di un pericolo. Quello che ha portato, nel corso degli ultimi trent’anni, a una progressiva e inarrestabile riduzione dell’habitat e complessiva popolazione di queste creature. Per cui mancano le normative necessarie di conservazione, nonostante l’evidente possesso di un carisma raro. Questo per analogia presunta, molto probabilmente, con il loro parente sopracitato, in realtà parecchio diffuso e spesso parte della dieta di popolazioni locali, abituate a cacciarlo per la carne senza particolari riguardi nei confronti della sostenibilità a lungo termine. Una questione ulteriormente esacerbata, nei confronti della creatura titolare di oggi, a causa del pregio e il fascino della sua pelliccia, valutata molto bene sul mercato internazionale del contesto asiatico, assieme agli organi ed altre parti dell’animale, per sua sfortuna citato in diversi antichi testi della medicina tradizionale cinese. Non che siano servite, attraverso i secoli, ragioni particolarmente elaborate per perseguitare e usare a nostro vantaggio gli zibetti di tutta l’Asia…

Lo zibetto delle palme di Owston, diversamente dal suo parente più comune, non viene sfruttato nella produzione del pregevole e costosissimo caffè kopi luwak, mangiato e defecato prima della vendita da questa categoria d’animali. Troppo significativa risultava essere, comparativamente, la sua rarità.

Siamo d’altro canto innanzi a una famiglia d’animali, quella dei viverridi, notoriamente incline a usare l’olfatto e coerentemente marchiare il territorio grazie ad un’ampia serie di espedienti, incluso quello delle ghiandole sporgenti posizionate in prossimità dei genitali, da tempo “munte” in un particolare tipo d’industria, per la produzione di un’intera categoria di profumi. Nonché la ragione principale, incidentalmente, per cui la variante maggiormente oggetto di studi fu chiamata fin da subito ermafrodita, in quanto sembrò ai primi osservatori che entrambi i generi possedessero i testicoli, ipotesi chiaramente e successivamente screditata. Sebbene applicabile almeno in teoria, dal punto di vista esteriore, anche alla specie monotipica di Owston, in cui la distinzione tra le due alternative possibili risulta molto complessa, venendo generalmente effettuata dalla quantità di pelo arancione presente sul ventre dell’animale. Mentre del tutto identico risulta essere il resto della livrea, con le tre strisce presenti sul muso dagli occhi sporgenti e che continuano fino alla coda folta, offrendo un valido contrasto per le macchie disseminate sui fianchi e le zampe dell’esemplare tipo, come quello classificato nella prima volta nel 1912 dallo zoologo britannico Oldfield Thomas e dedicato ad A. Owston, collega ed uomo d’affari naturalizzato in territorio giapponese. siamo qui di fronte, nel frattempo e come dicevamo, ad una creatura capace di nutrirsi sia di frutta che altri esseri appartenenti al regno animale, in modo particolare gli insetti, di cui va in cerca grazie ai propri sensi acuti ed i movimenti precisi, con una preferenza analoga a quella dello zibetto delle palme fasciato (Hemigalus derbyanus) per quest’ultima fonte di cibo, rispetto alle varietà inclini alla vita maggiormente erbivora dei territori settentrionali. Interessante è anche la sua preferenza per gli spostamenti a livello del suolo, letteralmente all’opposto dello stile per lo più arboricolo di molti altri zibetti, ma che purtroppo tendono ad esporlo maggiormente alla predazione da parte di carnivori più grandi, per non parlare delle trappole disposte dagli agricoltori umani. Questo perché i nostri amici, le cui opzioni alimentari sono limitate da una dentatura fragile e sottile, hanno la problematica abitudine di prendere di mira piantagioni o frutteti, causando potenziali danni nei confronti di economie rurali già disagiate. La maggior parte dei programmi di conservazione internazionali sono stati dunque creati, ad oggi, da organizzazioni occidentali e particolare attenzione è stata dimostrata nel limitarne i commerci, anche per l’aspetto non trascurabile della capacità da parte di queste creature di trasmettere agli esseri umani il virus respiratorio della SARS, che nel 2002 uccise 774 persone in soli 8 mesi. Non proprio un rischio facile da sottovalutare, che ha lungamente limitato la presenza di questi zibetti negli zoo ed altre istituzioni simili, con l’unico centro specializzato nella loro rieducazione e reintroduzione in natura situato nel parco nazionale di Cuc Phuong a Nho Quan, nel pieno centro del territorio rilevante.

Qui mostrato in un contesto che vorrebbe ricordare una fototrappola, in realtà comunque all’interno di uno zoo, un esemplare si nutre di una quantità di vermi decisamente superiore al normale. Eppure nonostante la voracità e la vita sedentaria, sembra aver mantenuto la sua agilità innata.

E dire che, dal punto di vista riproduttivo, gli zibetti delle palme di Owston sarebbero anche abbastanza prolifici, con un periodo degli accoppiamenti che si estende da gennaio a novembre, seguito da una gestazione variabile tra i 75 ed i 90 giorni. A seguito della quale i piccoli messi al mondo variano tra 1 e 3, sebbene raramente riescano a sopravviverne più di 2. Per andare incontro a uno sviluppo molto rapido, che li vedrà perfettamente indipendenti nel giro di 18 settimane e pronti all’accoppiamento entro il 24° mese. Con una lunga vita davanti, vista l’accertata longevità pari ad almeno 11 anni dopo la cattura di un singolo esemplare fatto crescere all’interno di uno zoo. E d’altra parte ci sono esempi di viverridi dimostratisi capaci di raggiungere, in condizioni simili, addirittura il secondo decennio.
Non c’è dunque una ragione al mondo, per cui cercatori di cibo perfettamente adattati al proprio ambiente, senza una particolare pressione ecologica da parte di specie predatrici, dovrebbero trovarsi attualmente soggetti ad un così significativo rischio d’estinzione. Se non per la riduzione progressiva, loro e nostro malgrado, del suddetto habitat, costituente uno dei biomi più notevoli del nostro intero pianeta. Per cui senza una giungla, una foresta pluviale, un polmone che respira per noi tutti, potrà realmente continuare a sussistere la vita per come l’abbiamo conosciuta fino ad ora? Ai “poster” l’ardua sentenza. Ovvero l’unica maniera, attaccata ai muri delle nostre stanze ed aule di studio, in cui potremo un giorno prendere atto dell’esistenza pregressa di creature quasi mitologiche. Come gli zibetti dell’Asia Meridionale.

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