Hotel sugli alberi svedesi offre l’esperienza incomparabile del nido umano

E se un’albero nella foresta verrà “migliorato” dall’apporto artificiale ed abitabile di un “seme” del cambiamento, non è forse ragionevole qualificarlo come un’espressione pratica dell’evidente passione nordica e svedese per il design? Nokia, Lego, Saab… Tre facce della stessa medaglia, che riemerge palesandosi come una stella del mattino ogni qual volta si cammina, meditando, tra i serpeggianti corridoi del più vasto e popolare mobilificio al mondo. Dove quello che in parecchi non potrebbero sapere, nell’assenza di conoscenze topografiche pregresse, è che il nome simbolo di uno scaffale quadriforme sia peraltro quello di una particolare area urbana, situata nel comune di Lulea, contea di Norbotten: benvenuti a Kallax. Ed il suo piccolo aeroporto, da cui mancheranno ancora circa un centinaio di chilometri di strade. Per condurvi in mezzo agli alberi della foresta, in una valle non lontana dal Circolo Polare Artico che potrebbe essere impiegata come un set sulla preistoria della Scandinavia. Questo è il bosco degli Harad, tagliato a metà dal fiume Lule, dove sorge una delle venture di accoglienza più distintive e riuscite del suo intero paese. Ma forse sarebbe più corretto dire che “incombe” o “pende” dalla cima di svariati pini ed abeti. Precisamente in sette casi distinti, ciascuno interconnesso unicamente dalla rete virtuale del servizio in camera e il tragitto di ospiti piuttosto facoltosi intenti a misurare i margini di una nuova ed entusiasmante esperienza. Fate il vostro ingresso, dunque, nella vasta proprietà incontaminata del Treehotel, l’unica residenza turistica che chiedendo un costo di fino a 1.000 e passa euro a notte, offre stanze prive di docce o gabinetti tradizionali. Questo perché sorgono, che ci crediate o meno, ad un’altezza variabile tra i 6 ed 10 metri, dove soltanto esseri piumati o agili scoiattoli sarebbero comunemente inclini a individuare la propria dimora. Sette luoghi, per l’appunto, ciascuno etichettato con il nome di un pregevole architetto che ne ha definito il concept prima di tracciarne il progetto, nel corso di un periodo lungo almeno un decina d’anni (le tempistiche non sono chiare) durante cui l’esperimento si è riuscito a dimostrare non soltanto riuscito, ma perfettamente in grado di fornire utili dalla portata tutt’altro che insignificante. E come dubitare, a tal proposito, del fascino inerente di vivere per qualche notte l’esperienza abitativa di elfi, ewok o altre creature del fantastico contemporaneo? Lontano dai problemi tipici del quotidiano, certo, ma anche immersi in una condizione tale da poter sentire e in qualche modo interiorizzare l’insistente e spesso inascoltata voce di questo verdeggiante pianeta. Per lo meno in luoghi come questo, dove il senso del lusso trova l’espressione di una letterale semplice capanna, declinata in plurime versioni parallele ove divergono gli aspetti, ma non l’effettivo scopo finale: rivoluzionare il concetto stesso di hotel, a vantaggio di coloro che possiedono una mente sufficientemente aperta. Ed un surplus di fondi pari all’ambizione dei creatori di tutto questo…

A supporto delle stanze ragionevolmente autosufficienti dell’albergo, come la spaziosa 7th, la guesthouse e ristorante della struttura alberghiera, un’ex casa per anziani nota con l’appellativo di Britta’s Pensionat. La qualità del cibo servito, prevedibilmente, è aumentata di pari passo con i prezzi dell’hotel.

Il primo termine di paragone che potrebbe palesarsi nella mente viene quindi dall’ancor più settentrionale Icehotel di Jukkasjärvi a est di Kiruna, dove le diverse stanze sono letterali e transitorie sculture ricavate dai ghiacci eterni del Polo Nord. Ogni anno presentate, con ottimi risultati di marketing, ad una collettività di viaggiatori avventurosi che non soffrono inerentemente le basse temperature. Dote certamente vantaggiosa anche per adattarsi alla struttura degli Harad, benché le inerenti e specifiche necessità del piano regolatore prevedano in questo caso un aspetto ben più statico e prevedibile della propria meta ultima di soggiorno. In un ventaglio di temi certamente adattabile ai gusti di chicchessia. A partire dalle prime tre proposte costruite in ordine di tempo, fatte costruire originariamente dal consulente scolastico ed organizzatore di viaggi di pesca Kent Lindvall, assieme a sua moglie Britta Jonsson, sfruttando alcune valide amicizie con figure di spicco dell’ambiente architettonico svedese: niente meno che Bertil Harström, Thomas Sandell e Mårten Cyrén, il primo dei quali si sarebbe dimostrato in grado di fornire il progetto per un UFO sopraelevato dalle piccolissime finestre per osservare gli uccelli senza disturbarli e un groviglio di rami del tutto simile ad un nido delle stesse creature, accessibili entrambi tramite l’impiego di una scala elettrica sollevabile dall’interno. Il secondo il cosiddetto “cono blu”, un capanno sopraelevato di colore inspiegabilmente rosso, accessibile con una lunga rampa obliqua. Ed il terzo, assieme al fratello Gustav, una letterale baita incuneata tra terra e cielo, dall’ampio finestrone panoramico rivolta verso lo splendore incontaminato della valle di Lule. Repertorio cui ben presto si sarebbe aggiunta la proposta (letteralmente) visionaria del cubo specchiato di Bolle Tham e Martin Videgård, il cui nome descrittivo ne preannuncia il surreale stile in grado di mimetizzarsi in mezzo ai rami ove risiede, scomparendo e replicando all’infinito la maestosa sovrapposizione di siffatte pareti. Tutto questo con l’apporto niente meno che fondamentale, risulta importante sottolinearlo, di un particolare filtro ultravioletto a quanto pare visibile per i pennuti, al fine d’evitare incresciosi incidenti di volo. Proposte più recenti, ed imponenti, risultano essere d’altronde i due edifici della 7th Room dello studio architettonico Snöhetta, una letterale suite sospesa del colore nero dello stile giapponese shou sugi ban (tavola di cedro bruciato) in grado di ospitare fino a 5 persone con (quasi) tutti i comfort di un hotel urbano e la Dragonfly, struttura attrezzata come sala conferenze altrettanto simile ad un habitat spaziale costruito con tecniche medievaleggianti. Entrambi costruzioni notevoli, senz’altro, ma non quanto la proposta più innovativa e recentemente portata a termine della Biosfera dello studio danese di Copenaghen Bjarke Ingels Group/BIG, in cui l’esperienza di condividere lo stile di vita arboricolo degli esseri che popolano i cieli della Terra viene portato fino alle sue più estreme ed inimmaginabili conseguenze…

Un’idea di partenza ereditata, a quanto si narra sul sito ufficiale, dal documentario cinematografico sulla costruzione di case sugli alberi Trädälskaren (2008 – Jonas Selberg Augustsén) sebbene la complessità avanguardista raggiunta dalle ultime “stanze” sia di una portata ben diversa. Se tutto questo sia finalizzato soltanto al marketing, o effettiva sostenibilità ambientalista, giudicatelo voi.

Una stanza completamente trasparente, dunque, totalmente circondata da una letterale galassia di scatolette di legno. Le scatolette sono, neanche a dirlo, piccole case per gli uccelli. Difficile immaginare qualcosa di più sorprendente. L’idea di partenza, chiaramente supportata dal committente ed attuale proprietario dell’hotel Jonas Olsson, è senz’altro di natura coscienziosa, vertendo sul tema sempre attuale di fornire habitat funzionali e utilizzabili per specie volatili che trovano sempre maggiori difficoltà a riprodursi. Tanto che a supporto del progetto è stata coinvolta la figura, senz’altro rigorosa, del naturalista e capo dell’Associazione Ornitologica di Norbotten, Ulf Öhman, capace di fornire presumibilmente le caratteristiche richieste per massimizzare la funzione naturalistica dell’installazione. Laddove problemi logistici di tutt’altro tipo, d’altra parte, restano senz’altro ai margini della questione: come potranno effettivamente evitare gli ospiti futuri della stanza, volenti o nolenti, di entrare in contatto con le feci delle amabili creature, la polvere creata dalle loro piume, i parassiti disseminati al momento del loro atterraggio o decollo verso ammirevoli destinazioni iperboree? Domande a cui riesce difficile dare una risposta, mentre la stessa pagina di riferimento alla struttura sul sito degli architetti risulta al momento irraggiungibile. E le prenotazioni, a quanto sembra, tutte piene fino all’anno prossimo ed oltre. Oppure chiuse fino a data da destinarsi…
Misteri che permangono nel cuore, inerentemente difficile da razionalizzare, della foresta stessa. Che ben pochi possono affermare di conoscere davvero, almeno di aver trascorso almeno una notte tra quei frondosi recessi. Un’impresa tutt’altro che semplice per implicazioni e coraggio necessario a portarla a termine, tra lupi, alci e plantigradi ursini. Ben vengano, per questo, strade possibili ed alternative, sebbene fondate su prezzi ed investimenti tutt’altro che trascurabili! Incolpiamo, se davvero necessario, le impietose logiche del mercato globale. Dove le idee si trasformano in valori tangibili, ed in quanto tali necessitano di essere ricompensate adeguatamente. Come i rami che circondano e proteggono le pesanti uova di un facoltoso domani.

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