L’eleganza dell’ultimo edificio creato dal maestro del bambù vietnamita

Nell’odierno schema degli stili architettonici sfruttati attorno al mondo, alcuni costituiscono la conseguenza finale di molti anni di ricerca estetica, altri la realizzazione di un ideale atto a perseguire determinate tipologie di obiettivi, in merito ad utilità, funzionamento e prestazioni degli edifici. Ma non è particolarmente semplice, talvolta, distinguere tra l’uno e l’altro principio operativo, per il tramite di quanto nasce, cresce e si trasforma dalla penna di determinate figure professionali. Uomini e donne che hanno fatto della loro opera una tangibile dichiarazione d’intenti, nata da un sincero desiderio di riuscire a migliorare le cose. Architetti come il celebre Vo Trong Nghia, più volte premiato dalle testate internazionali e che ha costituito un punto di rilievo nella progressione di questi ultimi anni per quanto concerne lo stile modernista ed in modo particolare la corrente contemporanea della cosiddetta architettura “verde”. In cui non è soltanto la sostenibilità dei mezzi e i materiali farla da padrone, ma anche un’effettiva ricerca di quello che lui stesso definisce l’ancestrale principio dell’animo umano. Ovvero in altri termini, un modo d’interfacciarsi con tutto ciò che ha origini di tipo naturale che sia in ultima analisi scevro delle ingombranti sovrastrutture moderne, proprio perché coadiuvato dall’istinto implicito che tende a guidarci verso un qualche tipo di risoluzione apparente.
Vagamente simile alla forma di un’antica longhouse vichinga, edificio lungo e stretto costituito da una sola stanza, la nuova Club House “Casamia” che sorge presso la foce del fiume Thu Bon nella città storica di Hoi An, non troppo lontano dal centro geografico di questo paese peninsulare, invita l’occhio dei passanti e sguardi tanto maggiormente approfonditi, tanto più si riesce a cogliere dall’esterno il profondo significato della sua notevole commistione di stili. Con il tetto in paglia costruito secondo lo stile tradizionale, che già basta a distinguerla dagli edifici circostanti in cemento e metallo, i 1.600 metri quadri della casa e punto di ritrovo comunitario si trovano racchiusi, alle due estremità più corte, da enormi vetrate in grado di lasciar entrare una notevole quantità di luce. Soluzione utilizzata anche sui lati, con una serie di aperture inframezzate da flessuosi pilastri acuti, la cui forma e cadenza sono state concepite per riprendere la naturale curva flessuosa della locale Nypa fruticans, unica palma facente parte del raggruppamento palustre delle mangrovie. Ma è soltanto avvicinandosi, ed entrando da una delle numerose porte laterali apribili per ventilar l’ambiente, che il visitatore potrà giungere a comprendere realmente la natura concettuale di questa notevole costruzione; il cui elemento primario non è un tipo qualsiasi di semplice legno, bensì quello risultante dalla complicata processazione della più alta e svettante erba del pianeta Terra, appartenente alla famiglia delle Poaceae, sottogenere Bambusoideae. Così strettamente associato alle molte culture dell’Estremo Oriente quanto spesso frainteso, in assenza di conoscenze pregresse sull’effettivo significato metaforico e folkloristico derivante dalla sua trasversale presenza. Nella pittura, in letteratura e perché no, anche nell’effettiva costruzione di strutture semi-permanenti, come impalcature, spalti per il pubblico e altri orpelli utili alla fruizione di un qualche tipo di transitorio evento. Questo perché il zhu, come lo chiamano in Cina, o take presso il distante arcipelago giapponese, risulta essere ancor più di altri tipi di legno oggetto di attacchi distruttivi da parte dei parassiti, il che tende a farlo durare non più di 4-5 anni senza un qualche tipo di costoso trattamento chimico dell’Era moderna. O in alternativa l’applicazione di un particolare sistema ben noto fin dall’antichità del Vietnam, consistente nel raggiungimento di una marcescenza parziale all’interno di una quantità d’acqua, finalizzata a privare il legno di tutti i suoi oli e il contenuto in grado di attirare un tale genere d’attenzione indesiderata. Ma anche seccando il legno ed affibbiandogli un odore non propriamente gradevole, a meno di sfruttare il vantaggio offerto da un ulteriore, quanto innovativo passaggio…

Circondata assai appropriatamente dal verde, la club house Casamia rappresenta una valida aggiunta alla larga fama turistica di Hoi An, famosa per le crociere e giri in barca attorno al suo labirintico sistema di canali.

Spesso inclusa nel novero delle invenzioni di Vo Trong Nghia, oggi a capo di uno studio con oltre 60 impiegati di fama internazionale dal nome di VTN Architects, è infatti l’importante procedura di affumicazione del suo materiale maggiormente rappresentativo, di fronte all’opinione pubblica dei critici e le riviste del settore. Come esemplificato dalla colorazione marrone scuro posseduta dalle pareti stesse della club house di Hoi An, ma anche altre creazioni precedenti dell’autore, in cui ricorrono le figure curvilinee raggiungibili proprio mediante l’impiego di una simile escursione termica, atta a modificare temporaneamente e profondamente la struttura molecolare del legno. Le varietà di strutture portanti impiegate nei suoi lavori appartengono quindi a due principali macrogruppi: quelle realizzate mediante l’uso dei bambù di tipo Tam Vong (gen. Thyrsostachys) e le loro controparti Luong (gen. Dendrocalamus), rispettivamente usati al fine di realizzare linee curve o diritte, generalmente mediante l’applicazione di uno schema mirato a riprodurre l’aspetto naturalistico di una foresta di tipo del tutto naturale. Il che rientra a pieno titolo in quella che possiamo definire la logica portante e vera e propria mission aziendale dello studio, il cui obiettivo largamente posto sotto i riflettori è quello di portare un principio decorativo naturalistico, proprio là dove l’avanzamento del progresso e la continua ricerca di un più alto e percepito grado di efficienza aveva fatto tutto il possibile per allontanarlo. Ne parlava spassionatamente e nel suo inglese fortemente accentato l’archistar in una sua conferenza del 2015 presso la Scuola di Architettura della Columbia nella metropoli newyorchese, confrontando in modo estremamente poco lusinghiero la drastica mancanza di verde pro-capite nelle maggiori città del suo paese, Ho Chi Min City ed Hanoi, rispetto ad altri grandi centri asiatici e del resto del mondo. Per poi proseguire mostrando a un pubblico rapito le sue proposte e precedenti realizzazioni atte a risolvere una simile situazione dalle forti ripercussioni sulla qualità della vita. Opere come l’Oasi Urbana presso l’aeroporto di HCMC, una serie di quattro edifici abitativi a forma di scatola, sopra ciascuno dei quali trova posizionamento un vero e proprio giardino con tanto di prati, siepi e veri e propri alberi, che finiscono in tal modo per assomigliare a dei bonsai all’interno di un vaso. O l’interessante orto-asilo di Dongnai, spazio edificato sopra il tetto di una fabbrica dismessa, la cui forma sopraelevata di un triquetra cristiano (simbolo che potreste riconoscere dal logo della software house Treyarch) offre un circolo infinito all’interno del quale insegnare ai bambini a far crescere naturalmente le proprie fonti di cibo. Segue una carrellata di abitazioni create secondo un concetto che potremmo descrivere quale manifestazione pratica della cortina verde applicata sulla base del bisogno, con multiple facciate ornate da piante e vegetazione, così come il tetto stesso, al fine di racchiudere gli abitanti nella pratica illusione di trovarsi all’interno di una vera e propria foresta. Ed è a questo punto che, con grande plauso dei presenti, Mr. VTN s’inoltra nella retrospettiva delle sue opere realizzate grazie all’impiego del legno di bambù, inclusiva di spazi pubblici e privati, luoghi di ristoro, hotel e ristoranti. Strutture organiche per la materia prima e la forma stessa esibita nella loro interessante configurazione, che risulta tuttavia dall’ingegno di coloro che le hanno disegnate, piuttosto che la naturale configurazione di arbusti e piante. Questo nella più totale osservanza delle metodologie tradizionalmente associate al bambù, materia prima d’innumerevoli contesti culturali antecedenti alla nostra epoca, strettamente legati al mondo della cultura ed un sistema estremamente logico di associazione delle idee. Al punto che non può esserci un materiale maggiormente “umano” di questo, soprattutto quando sfruttato per la creazione di ambienti utili a perseguire i propri sogni, finalità ed obiettivi.

Questo eccezionale ambiente creato col bambù si trova al settimo piano di un edificio in cemento presso il centro della città di Vinh, con la funzione di un bar. La vista verso il fiume, la foresta e il centro storico, danneggiato dalla guerra dello scorso secolo, viene descritta come assolutamente straordinaria.

Detto questo, lungi da essere una mera scelta esteriore, il bambù trattato secondo le metodologie sopra menzionate dimostra tutta la sua ineccepibile efficienza anche dal punto di vista tecnologico e funzionale. Con una capacità di resistenza alla compressione pari, o in determinate circostanze addirittura superiore a quella del cemento, nonché la capacità nientemeno che primaria di resistere alla forza del vento.
Una dote, quest’ultima, particolarmente importante presso la foce del Thu Bon, periodicamente colpito da possenti tempeste tropicali, grazie all’avveniristico sistema di tensionamento strutturale messo in opera da VTN per la sua clubhouse. Il che rientra in una serie di scelte assolutamente razionali, che dimostrano la maniera in cui l’architettura verde non debba necessariamente costituire un costo ulteriore nei progetti, finalizzato a renderli in qualche maniera maggiormente popolari o degni d’encomio. Bensì un reale metodo d’approccio alternativo, egualmente valido nella ricerca di effettive soluzioni ai problemi presentati dalla creazione di un costrutto di qualsivoglia tipo. Incluso quello rappresentato da una letterale foresta paragonabile a quella della volta andata rovinata l’anno scorso sulla sommità della famosa cattedrale di Notre Dame. Ma con la capacità, tutt’altro che trascurabile, di ricrescere ad un ritmo di oltre un metro al giorno quando le condizioni climatiche risultano assolutamente ideali! Abbastanza da poter sostituire, o in alternativa totalmente nascondere sotto le loro foglie, i nostri incubi o tentacolari amalgami di vetro, cemento e metallo.

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