L’appariscente ricorrenza che sancisce l’innaturale palingenesi del Fiume Giallo

Qualche dozzina di persone si avvicina cautamente alla recinzione non particolarmente elevata, gli ombrelli stretti saldamente in mano nonostante il sole in grado di spaccare le pietre. È la fine di luglio, d’altra parte, un momento in cui le autorità procedono ad implementare una delle procedure maggiormente spettacolari mai impiegate per regolare e agevolare le caratteristiche idrologiche di un fiume. Al suono acuto di una sirena, dunque, si ode prima un rombo simile al risveglio di un poderoso Leviatano. Ben presto seguito, innanzi agli occhi spalancati dei presenti, dall’improvviso palesarsi di un’enorme cascata, la cui caratteristica principale appare quella di scrosciare orizzontalmente, in una maniera paragonabile all’innaffiatura con la canna di un giardino spropositato. Mentre una pletora di gocce si trasformano in altrettanti gioielli, bambini e adulti applaudono, alzano le braccia, ridono, si abbracciano a vicenda. Ancora una volta, il mondo sta finendo. Per l’ennesima volta, il mondo si sta rigenerando.
Il 22 giugno del 2004, una delle imbarcazioni turistiche utilizzate per assistere all’adeguamento del livello dell’acqua e della sabbia della grande diga cinese Xiaolangdi dalla postazione privilegiata del suo bacino idrico si capovolse improvvisamente. Così 44 persone persero la vita, senza essere andati incontro ad alcun sommovimento ondoso, mentre si trovavano a distanza di sicurezza dal flusso principale, nella più totale assenza di scogli o altri ostacoli visibili dagli argini della scena. Per l’effetto invisibile e spietato di quello che viene definito dai pescatori locali come il terribile drago di fango: una gobba sabbiosa longilinea e serpeggiante, capace di protendersi dal basso fondale per urtare la parte inferiore degli scafi soprastanti. Il tipo di fenomeno abbastanza raro da poter difficilmente trovare un nome, in corrispondenza di qualsiasi altro corso d’acqua che questo. Del cosiddetto Fiume Giallo (Huáng hé – 黃河) la letteratura dell’Asia continentale parla fin dall’alba dei tempi, attribuendo ad esso il ruolo di barriera strategica, antonomasia poetica e risorsa utile a placare la spropositata sete dei giganti. Sostanziale culla di una civiltà, al pari del Tigri, l’Eufrate ed il Nilo, esso fu al tempo stesso venerato e temuto dal popolo della nazione, come origine di molte gravi e terribili devastazioni. Gli straripamenti dovuti alla caratteristica fondamentale del suo tragitto, “soltanto” il sesto nel mondo per lunghezza ma di gran lunga il primo in un parametro piuttosto inusuale: la quantità dei sedimenti trasportati dal potere della sua corrente. In quantità tale da donare alle sue acque una tonalità giallastra, arancione o marroncina che dir si voglia, tanto caratteristica quanto temuta a ragione da chi ben conosce le sue implicazioni più nascoste. Una spada pendente che semplicemente non sembrava potesse essere rimossa, almeno finché attorno alla terza decade del Novecento, un gruppo d’ingegneri associato al Partito Comunista coadiuvati dai loro colleghi provenienti dall’Unione Sovietica, non proposero la costruzione di una poderosa barriera di calcestruzzo, la diga gravitazionale di Sanmexia tra le due province dello Shanxi e dello Henan. Tale struttura completata solamente nel 1954, soltanto parzialmente finalizzata alla generazione di 400 MW distribuiti tra le immediate vicinanze, aveva in effetti l’obiettivo principale di controllare e limitare il flusso del pericoloso Fiume Giallo, benché ci si accorse ben presto di un problema collaterale: per ogni ettolitro, per ogni kilolitro trattenuto prima della foce, il livello dei sedimenti a monte tendeva a crescere piuttosto che diminuire, aumentando i problemi e pericoli generati per chi era tanto sfortunato da vivere negli immediati dintorni. Qualcosa andava fatto entro la fine del secolo, e doveva necessariamente trattarsi di una soluzione alquanto drastica e sufficientemente risolutiva…

Vista dal drone, l’operazione di scarico della diga Xialangdi risulta essere ancor più terrificante, lasciando immaginare il destino di chi fosse tanto folle, o suicida, da gettarsi nei suoi flutti copiosi. Non che casi simili manchino di attestazione in luoghi più internazionalmente documentati, come ad esempio le cascate nordamericane del Niagara.

Ci sarebbero volute dunque ulteriori quattro decadi perché alla presa di coscienza seguisse il gesto ritenuto imprescindibile nell’anno 2001, consistente nella costruzione della seconda diga più a valle di Xiaolangdi nella contea di Mengjin, presso l’omonimo villaggio non troppo lontano da Luoyang. Potendo così disporre di sistema di contenimento ausiliario, con cadenza prevedibile e ricorrente, l’autorità idrica cinese inaugurò l’operazione più notevole ed atipica del suo lungo curriculum operativo: un’occasionale apertura pressoché totale delle chiuse dell’una e dell’altra diga, in alternanza, per permettere l’operazione di desilting, o necessaria rimozione dell’accumulo annuale di sedimenti. Costruita nel giro di circa 10 anni con l’assistenza della compagnia ingegneristica francese Vinci Construction, nonché un importante prestito della Banca Mondiale, la diga gravitazionale di calcestruzzo di Xiaolangdi costituisce in modo particolare un esempio straordinariamente eminente di un simile approccio, con oltre 30 milioni di tonnellate di sedimenti fatti transitare nel corso di circa un paio di settimane circa, durante cui tende a trasformarsi in un’eclettica attrazione turistica, sia su scala regionale che oltre i confini del paese. In quale altro luogo al mondo, d’altronde, è possibile assistere alla furia scatenata di un fiume lungamente imbrigliato dalla mano umana, cui viene temporaneamente permesso di ripristinare se stesso in forza di un processo necessario ad evitare un peggioramento ulteriore delle condizioni di partenza? Ormai giunto alla 21° edizione nell’anno 2022, tale impressionante spettacolo è spesso comparso online grazie alla registrazione diretta dei presenti, benché sia soltanto raramente attribuito con l’apposita etichetta al proprio luogo di svolgimento. Il che rientra, a pieno titolo, nel consueto rapporto impreciso della cultura globalizzata con elementi o tratti culturali provenienti dal Regno di Mezzo (a.k.a. Cina) almeno in parte giustificato dall’alone di segretezza che circonda molti dei suoi eventi e momenti storici e d’attualità pregressa. Ancorché considerate le particolari e del tutto distintive circostanze, sia molto difficile immaginare una soluzione migliore di quella adottata lungo il corso del Fiume Giallo, almeno potenzialmente applicabile anche per i problemi simili vissuti, su scala decisamente minore, lungo il corso del fiume americano Mississippi. Con valori aggiunti non del tutto prevedibili ma pur sempre validi, sia dal punto di vista economico che amministrativo: vedi la costituzione del significativo lago artificiale a monte della diga definito piccolo Qiandao (千岛湖 – L. delle Mille Isole) ovvero una versione sottodimensionata del famoso bacino idrico, anch’esso artificiale, situato a Chun’an lungo il corso del fiume Xin’an. Affinché le antiche vie commerciali, un tempo tanto fondamentali per permettere l’interscambio e comunicazione tra i remoti recessi del vasto impero, possano completare la propria trasformazione in un importante componente del paesaggio, e conseguentemente punto di riferimento culturale per chi vive in prossimità dei loro argini più che millenari.

La quantità copiosa delle acque rumorosamente scatenate lungo il corso del fiume risulta difficilmente misurabile, ed invero su Internet è arduo reperire più di una vaga stima numerica, probabilmente non così vicina alla verità. Riuscite ad immaginare, d’altra parte, una soluzione valida di perfezionamento?

Secondo una storia risalente all’epoca semi-mitica dell’Imperatore Giallo, Huangdi (2698–2598 ca.) la tribù delle montagne di Kuafu che prese parte alla battaglia di Banquan contribuendo a sconfiggere il suo rivale Yandi, l’Imperatore del Fuoco, aveva preso il suo nome e discendeva da un’omonimo titano che aveva lungamente tentato d’inseguire il Sole, fino a disidratarsi per lo sforzo e morire, dando origine alla foresta di Deng. Così per ragioni ignote, correndo da Est verso Ovest, l’enorme Kuafu aveva corso lungo le vaste vallate del territorio cinese, abbeverandosi copiosamente dalle acque invitanti del grande Fiume Giallo. Almeno finché le devastazioni causate dal suo entusiastico passaggio ne avrebbero cambiato significativamente il corso, spostandolo verso nord e riempiendo nel contempo le sue acque di terra, fango e altri detriti. Ciò che svariati millenni dopo la scienza avrebbe dimostrato, tuttavia, è la particolare conformazione dei fondali nel fiume in questione, nei quali piuttosto che accumularsi in alte dune i sedimenti scorrono liberamente percorrendo una superficie lievemente ondulatoria. Ed aumentando, nel contempo, la propria velocità di movimento. Era forse possibile, a quel punto, esimersi dal tentativo d’esercitare un qualche tipo di controllo su tale fenomeno già “artificialmente” agevolato? I corsi e ricorsi della natura, da che esiste l’umanità, hanno influenzato i ritmi della carestia e dell’abbondanza vissuti da innumerevoli generazioni. Per cui non basta certamente l’insorgere di occasionali o significativi problemi, per poter permettere d’affermare in tutta sincerità “Stavamo meglio prima.” Ed ogni volta che sarà necessario risalire il pendio ripido del cambiamento, non c’è nulla di male nel è sedersi ed apprezzare lo spettacolo! Con il dito puntato poco al di sopra dell’orizzonte, nella stessa maniera fatta dal fallimentare esploratore dell’irraggiungibile stella terrestre, Kuafu.

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