L’eccezionale maxi-pecora che rappresenta l’opulenza del popolo senegalese

In un tempo antecedente ai faraoni, quando l’intera area geografica dell’Africa saheliana non era stata ancora occupata da un vasto deserto, le genti di lì apprezzavano a pieno lo stile di una vita nomadica, fondata sulla caccia e la raccolta delle abbondanti risorse naturali terrestri. Fu soltanto sei migliaia di anni dopo, attorno al 7500 a.C, che l’avvicinarsi della fine dell’epoca Neolitica portò alla formazione di un diverso approccio all’esistenza. Con la creazione d’insediamenti permanenti e campi coltivati, gli uomini e donne di quel continente cominciarono a costituire un lascito tangibile, destinato a culminare con la messa in opera delle grandi piramidi e gli altri monumenti egiziani. Eppure ormai a quel punto, soltanto pochi luoghi potevano essere ancora definiti fertili, ragion per cui le nazioni limitrofe dovettero trovare una risorsa alternativa per poter alimentare la propria economia. Così fato volle che un tale tesoro sarebbe giunto camminando sulle proprie stesse zampe, incoraggiato dai commerci, inizialmente attraverso l’istmo di Suez e la penisola del Sinai. Si trattava della pecora domestica (Ovis aries) principalmente del tipo dotato di una coda lunga e sottile. Mentre soltanto a numerosi secoli di distanza, probabilmente per il tramite del Corno d’Africa e le altre regioni orientali del continente, una diversa varietà di ovini avrebbe avuto modo di essere importata, con la loro coda corta e ideale per l’immagazzinamento del grasso. In forza della mera logica delle distanze impercorribili, soprattutto al di là di una barriera paesaggistica come un mare di sabbia inadatto alla transumanza, i popoli dell’Occidente africano avrebbero tratto il principale giovamento dalla prima delle due varietà, selezionata attraverso le generazioni al fine di ottenere un animale perfettamente adattato al clima secco ed arido dell’entroterra. Con gli antenati pressoché diretti di razze come la Touabire della Mauritania e la cosiddetta pecora moresca o Bali-Bali originaria della regione del Mali. Due esempi esteriormente ben diversi, ma fisiologicamente altrettanto validi, di animale domestico capace di fornire latte, lana e carne ai propri proprietari, senza interruzioni di alcun tipo nella propria devozione ed i servizi resi all’umanità. Finché a qualcuno, in epoca particolarmente recente, non sarebbe venuto in mente d’incrociare membri delle due razze contrapposte, creando qualcosa di assolutamente inusitato: una sorta di super-pecora, se vogliamo, più grande, forte e resistente, ma soprattutto distintiva nell’aspetto con il suo muso convesso, la colorazione bianca ed a macchie e le corna ritorte sia nei maschi che nelle femmine. Sto parlando della Ladoum, così chiamata dal nome della tribù Ladem situata nella regione di Hodh El Gharbi, in Mauritania, che soltanto negli anni ’70 dello scorso secolo iniziò a trarre grande beneficio, e notevoli vantaggi economici, dall’allevamento di questa particolare creatura di 114 cm al garrese per 175 Kg di peso. Caratteristiche più che sufficienti a far classificare la pecora nel gruppo degli animali da fattoria medio-grandi, benché il pelo corto e poco vendibile ne avrebbe certamente limitato l’importanza nel mondo dei commerci. Se non fosse stato per l’imporsi di un singolo, fondamentale tratto culturale legato ai rituali di una delle principali religioni al mondo…

In quella che parrebbe una versione da stalla dello show televisivo MTV Crib, l’allevatore Diakite mostra le notevoli qualità del suo gregge di pecore custodito come fosse un garage di preziose automobili sportive. Ed è ragionevole pensare che il valore monetario non si allontani poi così tanto…

Chiunque conosca almeno i fondamenti generali dell’Islam ricorderà a tal proposito l’importanza dell’Eid al-Alha, la festa del sacrificio dedicata all’esperienza umana di Abramo, che aveva ricevuto da una voce divina l’ordine di uccidere personalmente il suo primogenito, alternativamente individuato in Isacco, o nella tradizione coranica il giovane Ismaele. Se non che Allah, di fronte alla dimostrazione di assoluta obbedienza del suo profeta, avrebbe all’ultimo momento fermato la sua mano, dando istruzioni affinché a partire da quel giorno i suoi devoti potessero offrire in dono la vita di un semplice animale, purché appartenesse alle schiere di quelli giudicati convenzionalmente “puri”: una capra, una pecora, una mucca o un cammello. Tale fondamentale momento del calendario situato in un giorno variabile della prima metà di giugno, identificato nell’Africa Occidentale con all’appellativo di Tabaski, viene quindi seguito dal convivio familiare del consumo delle sue carni, date parzialmente in beneficenza, costituendo un’importante catalizzatore di cambiamenti economici e sociali. A partire dall’allevamento di grandi quantità di quadrupedi selezionati in modo specifico a tal fine, il cui costo varia significativamente assieme al prestigio riservato a coloro che potranno permettersi di sacrificarli. Benché gli Imam della maggior parte dei paesi concordino nell’affermare come la bellezza o il valore della vittima non facciano alcuna differenza rilevante, pochi potrebbero opinare come la trasformazione di un maggior numero di capi in cibo da parte di una singola famiglia possa arrecare maggior sollievo ai meno fortunati, con maggiore avvicinamento al prezioso ed invidiabile stato di probità tra i viventi. C’è inoltre un secondo fattore, raramente discusso poiché giudicato largamente evidente dagli appartenenti di ogni singolo strato sociale: il prestigio acquisito in base al valore delle vittime dei propri coltelli, soprattutto quando appartenenti a razze o varietà pregevoli, come per l’appunto la notevole pecora Ladoum. Considerata rara, in realtà, per il semplice fatto di essere allevata principalmente nei contesti urbani, dove lo spazio risulta essere inerentemente ridotto ma è più facile proteggersi dai ladri, visto il costo unitario capace di superare abbondantemente l’equivalente di 5.000-10.000 euro, o persino dieci volte tale cifra per gli esemplari da esposizione, comprensibilmente esclusi dall’essere sacrificati al sopraggiungere del Tabaski. Il che, soprattutto rispetto al valore medio in Senegal di 90-120 euro di una pecora per così dire “normale”, le pone abbondantemente al di fuori della portata della gente comune, facendone una sorta di supremo status symbol, posseduto unicamente dagli straordinariamente ricchi e le celebrità internazionali. Tra i più famosi allevatori e possessori di questa razza, troviamo ad esempio il giocatore di basket dell’NBA Gorgui Dieng e niente meno che Yékini, considerato il più grande lottatore all’aperto nella storia del wrestling senegalese. Molto importante, nella definizione dei trend e le caratteristiche considerate di maggior pregio di questi animali, è il programma televisivo a cadenza annuale Khar bii (“pecora” in lingua wolof) utile a stabilire ogni volta l’esemplare più bello di tutta la nazione. Una sicura garanzia di fama e successo per un minimo di 365 giorni a venire, a vantaggio dell’allevatore ritenuto degno di ricevere il primo premio.

Le pecore Ladoum danno i natali generalmente a due piccoli una volta l’anno, benché l’inclinazione al segreto e la riservatezza dei loro proprietari tenda a generare un certo rischio di consanguineità. Soltanto in tempi recenti la situazione è migliorata, tramite la tecnica dello scambio di maschi da monta tra i colleghi imprenditori.

Resta interessante notare come, nonostante l’alto valore attribuitogli nel proprio territorio di provenienza, la pecora Ladoum resti tutt’ora priva di uno standard e sia per questo giudicata inadatta all’esportazione. Il che contribuisce a renderla, paradossalmente, ancor più rara e preziosa. Difficilmente d’altra parte, dato il suo possesso di meriti per lo più esteriori o altrettanto arbitrari, essa potrebbe raggiungere le stesse vette di valore materiale fuori dalle nazioni dell’Africa saheliana. Il che non la rende in alcun modo meno notevole ed affascinante, come esemplificato dalla sua valenza virale ogni qual volta fa la sua comparsa sui canali social di Internet, dove viene in genere apprezzata per la sua imponenza e l’aspetto muscoloso, tanto da averla fatta definire “l’equivalente ovino di un pitbull”. Scelta di termini forse infelice, alla luce dell’incidente capitato soltanto due settimane fa presso il quartiere Djibelor di Ziguinchor, ad un allevatore di Ladoum di nome Karim Sy. Il quale al fine di proteggere dai ladri il suo gregge urbano del valore complessivo di circa 20 milioni di franchi senegalesi (oltre 30.000 euro, una vera fortuna da queste parti) aveva messo un cane pitbull immediatamente fuori dal suo recinto. Se non che un suo dipendente, per distrazione, ha dimenticato una sera di chiudere il cancello, permettendo al feroce guardiano d’irrompere tra le pecore ed ucciderle fino all’ultimo esemplare. Una sorta di monito apprezzabile, del destino karmico di chi troppo cerca di trarre vantaggi terreni, oppure l’importanza di essere adeguatamente assicurati. Entrambi fattori altrettanto desumibili, con un minimo d’intraprendenza intellettuale, dall’importante esempio abramitico e la cruciale disavventura d’Ismaele.

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