La magnanima disposizione dei nativi verso il grande mostro piatto del Mekong

E fu allora che la piccola barca sovraccarica, con il trio di pescatori momentaneamente intenti a tirare a bordo la rete, subì un’improvvisa battuta d’arresto nella sua marcia lenta e cadenzata. Dapprima con un contraccolpo, mentre la prua si sollevava lievemente verso il cielo. Quindi espressa tramite una vibrazione in grado di percorrere l’interezza del suo ponte, a partire dall’alloggiamento del vecchio e polveroso motore. Dopo un attimo di panico, mentre due degli occupanti stavano per cadere nelle acque rese torbide dal fango, nel giro di pochi secondi il timoniere/pilota realizzò che nulla avrebbe potuto fare, se non spegnere del tutto l’impianto ed aspettare che la situazione si facesse più chiara. Il più intraprendente dei suoi colleghi, allora, si sporse il più possibile dal fianco dell’imbarcazione, immergendo entrambe le braccia alla ricerca del probabile tronco responsabile del problematico evento. Se non che il suo senso del tatto affinato da plurime contingenze pregresse, inaspettatamente, iniziò a narrargli tutt’altro tipo di storia: una larga e levigata superficie, punteggiata di strane… Protuberanze. Come un sopracciglio con al di sotto un buco, seguito da una serie di sporgenze parallele potenzialmente ascrivibili a una sorta di cassa toracica orizzontale. Un contorno adornato da una serie di zigrinature parallele l’una all’altra, dal cui retro sembrò a un tratto sporgere una sorta di coda arcuata, simile a quella di uno scorpione. Così mentre l’animale, perché di nient’altro poteva trattarsi, fece un sobbalzo ed una contorsione, una lunga spina velenosa fece la sua comparsa in prossimità della mano sinistra dell’uomo. Che lanciando un rapido singulto, si gettò all’indietro, ricadendo sul sedile dove aveva trascorso l’intera prima parte della sua giornata. “Cá đuối nước! Cá đuối nước khổng lồ!” (Una pastinaca gigante!) Gridò all’indirizzo dei suoi compagni. Il che avrebbe potuto costituire, incidentalmente, anche il titolo dell’intera esperienza.
Un tipo d’incontro che frequentemente avviene nelle biodiverse acque fluviali della regione di Stung Treng, con oltre 800 specie di cui almeno la metà perfettamente commestibili, e commercialmente rilevanti, ed alcuni dalle taglie sovradimensionate. Ciascuno con un rischio d’estinzione proporzionato alla propria eccezionalità, come nel caso del barbo (Catlocarpio siamensis) o il pesce gatto gigante (Pangasianodon gigas) il che poteva lasciare al vertice di questa classifica di dubbio prestigio soltanto lei, la grande pastinaca d’acqua dolce o Urogymnus polylepis, alias Himantura chaophraya, il cui doppio nome scientifico chiarisce una recente rivalutazione, a seguito della scoperta del tutto isolata di un singolo esemplare praticamente neonato nel 1852 da parte del naturalista olandese Pieter Bleeker. Questo per l’eccezionale capacità e riservatezza, soprattutto da parte di una creatura di queste dimensioni, di nascondersi appiattendosi sul il suolo fangoso delle circostanze, sparendo letteralmente fatta eccezione per i piccoli occhi sporgenti e l’arma sottile del proprio aculeo lievemente seghettato. Il che ha permesso attraverso i secoli, in qualità d’organismi più imponenti del loro ambiente d’appartenenza, a queste creature di raggiungere proporzioni progressivamente maggiori, fino ai due metri di diametro e i 600 Kg di peso. Passando per 180 misurati dell’esemplare di cui sopra, pescato accidentalmente lo scorso 18 maggio ed a seguito instradato lungo un percorso di umanità e condiscendenza da parte dei suoi catturatori. Grazie all’incontro precedentemente intercorso, e subito richiamato alla mente, con un gruppo di studiosi statunitensi, facenti parte del progetto di studio ed approfondimento denominato con il titolo altamente programmatico di Wonders of the Mekong

Pesare una creatura di 180 Kg non è mai particolarmente semplice, soprattutto quando si hanno a disposizione unicamente apparati con un massimo di circa la metà. Per fortuna si tratta di animali mansueti, che non attaccano mai intenzionalmente l’uomo.

Quando una creatura di siffatta ponderosità incontra in effetti le persone intente a ricavare sostentamento dal corso del grande fiume, le immediate conseguenze tendono ad essere tutt’altro che positive. Giacché la carne di queste immense razze, benché non particolarmente pregiata in funzione della loro dieta di spazzini, può comunque fruttare una cifra ragionevolmente apprezzabile nei mercati informali della Cambogia, così come quelli dei paesi limitrofi di Vietnam, Thailandia e Laos. Così che soltanto con la convergenza di una serie di operatori positivamente disposti, unitamente alla moderna ritrovata coscienza ecologica del senso comune, da un simile incontro può scaturire qualcosa di positivo per il pesce o quanto meno, di diverso dalla sua immediata ed impietosa uccisione. Il che avrebbe colpito molto positivamente il team occidentale della spedizione guidata da Zeb Hogan, biologo dell’Università del Nevada, così come noi che siamo inclini ad osservare e giudicare il corso degli eventi grazie alla lente tecnologica internettiana. Dopo che questi ultimi, accorsi rapidamente sul posto dell’episodio, interrompendo le rilevazioni che stavano effettuando tra recessi irraggiungibili mediante la ricca dotazione di droni telecomandati. Soltanto per correre ad ammirare, misurare, pesare e infine districare dalle reti quello che può essere soltanto definito come uno dei sovrani dei più lunghi fiumi asiatici, se non il singolo pesce principale degli ambienti d’acqua dolce noti all’uomo. Più grande di qualsiasi immaginabile coabitante, assomigliando piuttosto per le proporzioni a un qualche tipo di creatura oceanica, capace di trarre sostentamento dall’incalcolabile biomassa dei microrganismi sospesi nella colonna delle acque ragionevolmente oscure. Laddove la pastinaca gigante si nutre principalmente, come dicevamo, di creature che frequentano il fondale e pesci bentici, da lei risucchiati mediante la bocca situata nella parte inferiore. Comunque piena di piccoli denti, più che funzionali al fine di sminuzzare e trangugiare prede dalle dimensioni più grandi. Queste creature sono infatti abituate, di tanto in tanto, a sollevarsi in prossimità della superficie come esemplificato dalla loro livrea contrastante (scura sopra e chiara sotto) utile a mimetizzarsi e passare inosservate dinnanzi all’attenzione dei propri possibili nemici. I quali includono a memoria d’uomo, per l’appunto, soltanto l’uomo ed in particolare tutti coloro che praticano attività connesse allo sfruttamento del territorio fluviale.
Con una durata di vita pari a circa 5-10 anni, le razze giganti raggiungono la maturità sessuale attorno al metro di diametro, in genere verso l’anno e mezzo d’età. Cui fa seguito l’individuazione della partner ideale tramite la misurazione del suo campo elettrico nei pressi delle più profonde pozze estuarine, grazie all’impiego dei suoi organi sensoriali specializzati simili alle ampolle di Lorenzini, immediatamente bloccato dal maschio mediante l’impiego dei suoi multipli pterigopodi o clasper, organi intromittenti capaci di veicolare il fluido spermatico all’interno della cloaca della compagna. La nascita dei piccoli già vivi e ragionevolmente indipendenti, in numero di 1 o 2, avviene dopo il trascorrere di un periodo non del tutto chiaro a causa delle difficoltà incontrate nell’allevamento in situazioni artificiali di queste imponenti creature. Entrambi i genitori a questo punto provvederanno a proteggere ed accompagnare i nuovi nati finché non avranno raggiunto la dimensione approssimativa di un terzo della loro madre. Si tratta d’altra parte di animali non particolarmente prolifici, per cui la perdita di un solo piccolo potrebbe costituire un danno difficile da superare.

Jeremy Wade, il conduttore del famoso show televisivo River Monster, ha incontrato e mostrato più volte le pastinache giganti. Come in questo caso notevole, in cui la grossa femmina tirata a riva avrebbe improvvisamente iniziato a partorire la sua prole.

Le eccezionali scoperte e i nuovi materiali raccolti dai membri del progetto statunitense non poteva dunque prescindere dall’occasione di fare un qualcosa di concreto ed immediato. Provvedendo a districare il titano e trascinarlo nuovamente, tramite l’impiego di un largo telo, fino all’acqua da cui era provenuto. Senza perdere l’occasione, subito colta da alcuni membri della spedizione, di dialogare estensivamente con i pescatori locali, spiegando loro la biologia del grande pesce e l’importanza di preservarne l’ormai rara stirpe, affinché “Anche ai vostri figli e nipoti possa capitare l’esperienza di un simile incontro.” Peccato soltanto per l’aculeo del tutto assente al momento del loro arrivo, possibilmente spezzatosi durante o a seguito della cattura. Un’eventualità comunque non particolarmente rara e già documentata per le razze giganti.
Le prospettive nell’immediato futuro dello Stung Treng, in effetti, appaiono tutt’altro che rosee con l’approvazione recente in linea di principio del progetto per una diga idroelettrica da 1400 watt di produzione. Abbastanza da giustificare agli occhi dei politici il peso, pur notevole, sul prezioso ambiente ecologico locale. Il che bloccherebbe totalmente ogni tipo di migrazione per le pastinache giganti, poiché data la loro imponenza gli sarebbe inaccessibile qualsivoglia tipo di scalinata ittica o altro sistema di trasferimento implementato per accompagnarle idealmente lungo l’asse della verticalità creata dall’uomo. Come un tremendo baratro, dal quale non sarà più possibile tornare alla precedente Età dell’Oro. Se non si cambia presto l’ordine delle priorità considerate importanti dalla civiltà moderna. Il che potrebbe risultare, a conti fatti, ancor più arduo che subire la puntura accidentale dell’aculeo di un pacifico pancake gigante.

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