L’enorme farfalla che combatte per il territorio con gli uccelli della Nuova Guinea

Le popolazioni native della seconda isola più grande del mondo possiedono un metodo tradizionale per catturare gli imponenti e variopinti lepidotteri della loro terra, perfezionato attraverso gli ultimi due secoli al fine di preservarne l’integrità e poterle conservare con finalità turistiche e commerciali. Il ricercatore, naturalista e collezionista di uccelli Albert Stewart Meek, inviato presso tale territorio nel 1906 grazie ai finanziamenti ricevuti dal miliardario Lionel Walter Rothschild, non aveva il tempo, né la pazienza, di costruire una leggera rete fatta di rametti e fili di ragnatela, accuratamente raccolti nel sottobosco. Soprattutto dopo aver inseguito per settimane la leggenda di una farfalla “grande come un colombo della frutta”, senza scorgerne neppure l’ombra in mezzo ai rami del fitto sottobosco australe. Così quando vide qualcosa che poteva corrispondere alla descrizione, senza neppure mettersi a pensare alle conseguenze, impugnò il suo piccolo fucile da caccia a canna liscia, prese la mira e… Questa è la storia, tutt’altro che inusitata, di come mai l’olotipo di uno degli insetti più grandi e notevoli al mondo, oggi custodito presso il Museo di Storia Naturale di Londra, presenti alcuni fori da parte a parte nella vasta superficie delle sue ali. 27 cm di apertura, con una caratteristica forma angolare ed un’interessante livrea in alternanza tra marrone e giallo. Il che la identifica, senza necessità di ulteriori approfondimenti, come un’esemplare femmina della specie, vista la maniera in cui i maschi siano tendenzialmente più piccoli, e di un colore tendente al verde acqua con sfumature nere. Non ci mise perciò molto, il naturalista d’assalto, a comprendere di aver trovato quanto aveva sognato fin dall’origine della sua carriera, facendo quello che molti suoi colleghi avevano contribuito a definire come il comportamento standard in questo tipo di circostanze: usare come ispirazione il nome della regina. Che per quanto riguardava l’Inghilterra in quegli anni era niente meno che Alessandra di Danimarca, moglie di Edoardo VII e nuora della regina Vittoria. Ed è più o meno questa la storia di come la dinastia degli Schleswig-Holstein-Sonderburg-Glücksburg si sarebbe trovata a contenere, dall’inizio del XX secolo, una vera e propria creatura fantastica, degna di essere fuoriuscita direttamente dalle pagine dello scrittore speculativo H. G. Wells. Niente viaggi nel tempo o all’interno di misteriose valli perdute, tuttavia, bensì una semplice applicazione dei princìpi recentemente scoperti dell’evoluzione, ovvero nella fattispecie in quella naturale tendenza verso il gigantismo isolano, quando in assenza di pressione da parte dei predatori nativi le creature tendono a diventare sempre più grosse e longeve, fino agli estremi resi possibili dalle loro rispettive categorie d’appartenenza. E sotto questo punto di vista la Ornithoptera alexandrae, della famiglia delle papillionidi e il genus Ornithoptera (anche detto Birdwing– Ali d’uccello) rappresenta una vera e propria Matusalemme viste le tempistiche capaci di raggiungere i quattro mesi dalla fuoriuscita dell’uovo fino alla trasformazione nella forma adulta, ed ulteriori tre trascorsi a svolazzare da un lato all’altro della foresta, in cerca di una valida compagna per procreare. Un periodo durante il quale la farfalla si trasforma in una vera e propria tiranna all’interno del suo territorio elettivo, attaccando con ferocia ogni possibile rivale in amore ma anche altre creature volatili come i piccoli uccelli locali, che molto spesso non possono far altro che battere in ritirata dinnanzi alla sua massiccia imponenza. In una letterale battaglia combattuta strenuamente, fino all’esecuzione di un notevole rituale di corteggiamento in cui la femmina vola bassa mentre il suo partner compie evoluzioni a qualche metro d’altezza da terra, assumendo l’ineccepibile guisa di un vero e proprio acrobata nei cieli dell’eterna primavera papuana. Come unica via d’accesso possibile alla deposizione di una quantità variabile di circa 200 uova nel corso della vita di ciascuna lady, ovvero non pochissime ma neanche pari alle vette raggiunte da altri esponenti di questo vasto e diffuse ordine di artropodi. Ma soprattutto non abbastanza, per riuscire a sopportare la pressione ecologica di un territorio sempre più ristretto, causa eventi indotti dagli umani ma anche un notevole disastro naturale: l’emersione, all’inizio degli anni ’50 dello scorso secolo, dell’imponente monte Lamington, un vulcano la cui eruzione avrebbe causato un gran totale di 3.000 vittime umane. Nonché la distruzione di svariati ettari di foresta, nella preziosa ed irrecuperabile regione di Oro…

Il rituale di corteggiamento delle farfalle Alexandria costituisce uno degli spettacoli più notevoli del mondo degli insetti, capace di rivaleggiare con quello di molti uccelli dei paesi tropicali distanti. Una visione, purtroppo, oggi non semplicissima da sperimentare direttamente.

Una volta riportata in Inghilterra la farfalla catturata, quindi, il cacciatore d’insetti dal grilletto facile Meek intraprese una collaborazione con il suo mandante e mecenate Rothschild, anche lui zoologo, che scrisse in merito una delle prime descrizioni scientifiche approfondite sul tema di un lepidottero. La cui tribù di classificazione venne denominata Zeunera, almeno prima che l’esistenza di un omonimo precedente portasse all’impiego del nuovo termine Straatmana, ancora oggi in uso esclusivo per la più grande e notevole rappresentante delle farfalle cosiddette birdwing. La cui natura appariscente e memorabile avrebbe finito per costituire, come quasi sempre finisce per accadere, uno degli ostacoli più significativi alla sua sopravvivenza futura. Sull’onda del successo riscosso dall’esemplare custodito a Londra, la Nuova Guinea iniziò infatti ad essere visitata da un letterale esercito di appassionati entomologi con l’inizio dell’epoca contemporanea, mentre le stesse tribù papuane iniziarono a guardare verso questa creatura per loro tutt’altro che rara come una possibile fonte di guadagno assai notevole, capace di valere anche diverse centinaia, se non migliaia di sterline per ciascun esemplare ucciso mantenendone integra la forma, per poi procedere ad infiggerlo sul prototipico spillone da esposizione, possibilmente senza perforarlo con proiettili come fatto dall’iniziatore di una simile mentalità professionale. E fa in effetti una certa impressione, notare la quantità di teche in vendita ricolme di maschi e femmine di questa specie oggi considerata a rischio d’estinzione, almeno prima che il CITES operasse verso la fine degli anni ’90 per implementare uno stato di protezione internazionale, vietandone completamente la vendita e la cattura.
Se lasciata libera di riprodursi nel suo ambiente naturale, d’altra parte, la farfalla della regina Alessandra presenta un significativo adattamento al suo bioma di provenienza, con le dozzine di uova deposte allo stesso tempo ed attaccate con una sostanza arancione sotto una singola foglia tubolare di Pararistolochia, il “rampicante pipa” della Papua, con cui intrattiene un importante rapporto simbiotico di sopravvivenza. Per l’altezza delle infiorescenze di quest’ultimo sopra la chioma degli alberi, del tutto irraggiungibili ad opera d’insetti di natura maggiormente convenzionale, e per il contenuto offerto di acido aristolochico, sostanza nefrotossica prodotta dalla pianta con finalità d’autodifesa. La quale, tuttavia, non soltanto risulta incapace di sortire alcun tipo d’effetto sulle larve nere dai tubercoli vermigli della farfalla, ma contribuiscono a contaminare il suo sangue, rendendo l’animale del tutto incommestibile anche successivamente al raggiungimento dell’età adulta. Il che non è comunque l’unico sistema di autodifesa del bruco, vista la presenza dell’organo ritraibile a forma di Y dell’osmeterium, capace di scaturire dalla testa in caso di necessità emettendo uno strano e sgradevole odore. Nel tutt’altro che improbabile caso in cui tutto questo risulti sufficiente a scoraggiare ogni singolo nemico incontrato sulla strada, il bruco continuerà quindi a nutrirsi della liana in modo anche piuttosto distruttivo, fino al raggiungimento della dimensione non trascurabile di circa 7-8 cm. Evento a seguito del quale, smettendo progressivamente di muoversi, inizierà la trasformazione in crisalide, un guscio duro di colore marrone, concepito per assomigliare il più possibile a una foglia arrotolata su se stessa. Soltanto dopo il trascorrere di un intero mese la metamorfosi potrà dirsi finalmente completa, permettendo alla farfalla adulta di emergere magnifica nelle prime ore della mattina, affinché i raggi diurni possano riuscire ad asciugare completamente entro le ore del vespro il suo enorme paio d’ali. Ed è allora, potremmo dire, che essa riesce a raggiungere il momento culmine della propria intera esistenza.

Creature dall’aspetto surreale, i bruchi delle farfalle “ala d’uccello” vantano un sottile tipo d’eleganza, offrendo un valido contrasto alla magnificenza spropositata della loro imago adulta.

La mera cognizione del modo in cui ciascuna specie animale venga al mondo con già una conoscenza istintiva del suo metodo di sopravvivenza futuro, assieme a come comportarsi per aver successo nella vita e garantire il trasferimento innanzi dei propri geni, risulta già abbastanza notevole senza prendere in considerazione la storia biologica del bruco. Un essere strisciante dotato di una manciata di tozze pseudozampe, la cui metamorfosi costituirà il momento in cui lasciarsi indietro ogni possibile dubbio residuo, saltando verso l’alto ed iniziando a battere la forma estremamente funzionale delle sue due paia d’ali. Il che finisce per assumere tinte più appropriate in un racconto folkloristico o vero e proprio mito nazionale, quando si prende in considerazione un essere capace di far ombra su un’intera testa, e parte delle spalle del suo ipotetico osservatore umano. A meno che questi, preso da un’ispirazione momentanea, non faccia il possibile per poter trarre un qualche tipo di vantaggio da un simile incontro.
Trasformando il guizzo lieve della vita stessa in un qualcosa d’immobile da possedere …Che è poi anche l’unico modo per studiarlo. Ma rimane, nondimeno, un vero e proprio sacrilegio nei confronti della Natura. E conseguentemente, l’intera progressione logica dell’Universo.

Questa Priamus urvillianus, originaria delle Molucche, Isole Solomon ed Australia, potrà anche non raggiungere la stessa dimensione dell’Alexandra. Ma la colorazione risulta ragionevolmente simile a determinate varietà di questa, così come la forma e aspetto della sua crisalide mimetizzata.

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