2021: un crollo improvviso minaccia il forte marittimo di Enrico VIII

Una scena particolarmente spiacevole quella che si sarebbe presentata di fronte agli occhi dei primi visitatori della giornata, durante cui sarebbe sopraggiunta l’inevitabile chiusura dell’edificio, le guide dell’associazione Amici del Castello di Hurst e gli addetti della commissione British Heritage, incaricati di ispezionare lo stato dei fatti successivamente alla lunga tempesta verificatosi nel corso della notte dello scorso 26 febbraio 2021. Il giorno in cui l’antico edificio, capace di resistere alle mire espansionistiche di Francia e Sacro Romano Impero, le guerre rivoluzionaria e napoleonica, nonché i grandi conflitti mondiali del ‘900, si era infine arreso al più inesorabile degli avversari: il semplice trascorrere del tempo, coadiuvato dai corsi e ricorsi delle maree, pioggia, neve e grandi ondate, capaci di erodere un poco alla volta la stessa terra e ghiaia sopra cui poggiano le sue fondamenta risalenti al Rinascimento. Nient’altro che quel Hurst Spit, striscia a forma di mezzaluna dalle origini naturali ma collocata strategicamente all’ingresso della grande insenatura nota come Soylent posta a ridosso dell’isola di Wight, che avrebbe potuto concedere a un’ipotetica forza di spedizione navale un passaggio privo di ostacoli fino alle importanti città portuali di Portsmouth e Southampton. Stiamo parlando, in altri termini, di una delle principali porte dell’Inghilterra meridionale, ponendo le basi della costruzione di un bastione destinato a sorgere, tra tutte le epoche possibili, durante il regno di un sovrano dalla vita familiare particolarmente turbolenta.
Era dunque il 23 maggio del 1533 quando il re Enrico VIII d’Inghilterra ottenne dall’arcivescovo di Canterbury l’annullamento del suo matrimonio con Caterina d’Aragona, che si era dimostrata incapace di concedergli un figlio maschio, scatenando una serie di eventi che avrebbero portato al più grande scisma religioso della sua epoca, non prima di mettere l’intero paese diplomaticamente sotto assedio. Non ci volle molto infatti perché Carlo V, nipote dell’ex-regina, cogliesse l’occasione per inviare una serie di minacce all’indirizzo delle isole settentrionali, cogliendo anche l’occasione per allearsi con l’antico nemico francese in preparazione di un’imminente possibile invasione. Nel 1539 quindi il re Tudor, che si era nel frattempo già risposato altre due volte, proclamò un editto utile come deterrente di guerra, chiamato device (strumento) per la fortificazione del Soylent mediante la costruzione di quattro fortezze: Calshot, Cowes Est ed Ovest e al centro di tutto questo, la possente batteria difensiva di Hurst, destinata a raggiungere il completamento dopo tre anni di lavoro nel 1544. Il cosiddetto “castello” aveva tuttavia un’aspetto sensibilmente diverso nel XVI secolo rispetto a quello dei nostri giorni, presentandosi come poco più di una bassa e larga torre, con tre bastioni attorno e 26 pezzi d’artiglieria di varie dimensioni, tra cui saker, culverine, semi-cannoni e bocche di fuoco navali. Il forte si rivelò prevedibilmente molto costoso da gestire, con un capitano, il suo vice, 12 artiglieri, 9 soldati ed un addetto al trasporto delle munizioni, diventando inoltre superfluo alla stipula di una pace duratura con la Francia nel 1558, dando inizio al più lungo periodo di pace tra le due nazioni a memoria d’uomo. Iniziò, quindi, il lungo periodo di declino inframezzato da restauri ed ampliamenti, in questo luogo che la storia semplicemente non poteva accettare di lasciare al suo destino…

Quattro diversi fari furono costruiti, a partire dal XVIII secolo, presso la stretta striscia di Hurst. L’ultimo, inaugurato nel 1867, resta ancora oggi funzionante grazie all’impegno quotidiano di un’associazione culturale locale.

Per tutto il XVII secolo il forte ebbe quindi un ruolo difensivo marginale, abbandonato all’incuria al punto che navi olandesi poterono passare indisturbate attraverso il Soylent già nel 1628, in quanto i cannoni ancora perfettamente funzionanti erano rimasti privi di munizioni. Nel 1642, durante la gloriosa rivoluzione che avrebbe portato alla deposizione del re Carlo I il castello venne occupato dal capitano dei Roundheads (sostenitori del Parlamento) Richard Swanley, e sotto il suo comando impiegato brevemente come carcere del sovrano, poco prima del suo processo e conseguente pubblica esecuzione di fronte alla Banqueting House, a Whitehall. Rafforzato militarmente e rifornito per il timore di una rappresaglia da parte dei Realisti in esilio, Hurst restò tuttavia al sicuro fino alla restaurazione Stuart del 1660, con il ritorno del figlio del re Carlo II al trono d’Inghilterra. Significativi interventi di restauro vennero quindi messi in atto nel 1675.
Ma ci sarebbe voluto quasi un secolo durante cui Hurst servì più che altro come carcere affinché, con la dichiarazione della Guerra della Prima Coalizione contro la Francia Repubblicana del 1793 e poi quelle napoleoniche a partire dal 1803, l’effettiva pianta del castello iniziasse a venire ampliata significativamente, con l’aggiunta di sostegni e piattaforme per due batterie addizionali di cannoni. Iniziando un percorso che li avrebbe visti sostituiti successivamente con bocche da fuoco sempre più grandi e capaci di sviluppare un volume di fuoco maggiormente sostenuto, finché la semplice forma circolare del forte Tudor venne giudicata insufficiente, portando all’edificazione nel 1860 delle due ampie “ali” Est ed Ovest, la seconda delle quali oggetto del crollo verificatosi lo scorso 26 febbraio. In questa guisa l’imponente barriera, capace di farne uno dei forti militari più ampi al mondo, non poté comunque prevenire la sua progressiva obsolescenza, portando ad ulteriori ammodernamenti che l’avrebbero reso nelle parole dello storico Coad, J. G. “Un’attempata collezione di spingarde legate frettolosamente assieme”. Entro lo scoppio della grande guerra, inoltre, il forte avrebbe iniziato a risentire dell’usura delle sue stesse fondamenta causa l’edificazione di barriere marittime presso le vicine località di Bournemouth e Christchurch, prevendo il naturale accumulo di ghiaia e conseguente rafforzamento della striscia di Hurst. Il più turbolento periodo bellico del Novecento, ancora una volta, non vide il castello coinvolto in alcuna significativa battaglia, sebbene i cannoni fossero stati mantenuti al passo coi tempi e successivamente affiancati a riflettori e difese anti-aeree, per un importante contributo alla salvaguardia delle coste meridionali durante i sempre più frequenti raid tedeschi. A partire dal 1956, trasferito nell’elenco dei beni di valore storico di maggior grado, il forte venne quindi affidato alla tutela del nuovo Istituto dei Beni Culturali. Ma c’è pur sempre un limite a quello che può essere fatto per mantenere solido un qualcosa che risulta in bilico per la sua stessa natura, posto a sfidare l’insistente furia marittima dei mari del Nord…

Visto dal cielo in tutta la sua magnificenza, il vasto muro del castello marittimo sembra uno scudo che si erge a difendere l’Inghilterra. Alcuni analisti affermano tuttavia che la mancanza di fortificazioni laterali e posteriori avrebbero potuto rendere facili eventuali manovre di aggiramento.

Oggi il forte di Hurst, con l’ancora solida torre centrale e le due ali di rispettivamente 215 e 150 metri, si presenta come una testimonianza insostituibile di oltre 5 secoli di guerre possibili, sebbene non ebbe mai modo di restare coinvolto direttamente in esse. Ed è chiaro che sarebbe probabilmente stata proprio questa la sua fortuna, permettendoci in tal modo di acquisire conoscenze particolari su come un edificio militare potesse cambiare ed essere potenziato attraverso l’evoluzione tecnologica delle armi europee, con tutto ciò che questo comportava per i suoi occupanti. Ma come uno dei più importanti punti di riconoscimento sulla costa meridionale d’Inghilterra, il suo ruolo di simbolo nazionale non può facilmente essere sopravvalutato. Ed è soprattutto in tale guisa, che il crollo probabilmente evitabile del muro ovest dovrebbe portare a una tardiva presa di coscienza da parte di chi ha la qualifica necessaria a salvarne il resto; perché la cessazione delle entrate, dovuta al crollo del turismo durante l’epoca della pandemia da Covid, non ha di contro messo in pausa il moto insistente delle maree. Ed ogni giorno d’incuria, alla fine, potrebbe avere un costo maggiore di qualsiasi intervento di manutenzione fuori programma.

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