Le complesse implicazioni abitative di un forte di mare gallese

Si può capire molto del carattere di una persona, dai rumori di fondo del suo appartamento ideale. Onde marine sugli scogli, il sibilo del vento ed il richiamo dei gabbiani? L’eco storico di un susseguirsi roboante di colpi di cannone? Chiaramente, ci troviamo di fronte a un lontano erede filosofico di Thomas Cromwell, primo ministro del talvolta controverso sovrano d’Inghilterra Enrico VIII, che fu strumentale nella creazione di un piano valido utile a sposare la seconda delle sue molte mogli, Anna Bolena. E che proprio per aver tentato di riformare in parte la nuova chiesa capace di sancire divorzi senza l’approvazione del potere papale, sarebbe diventato inviso al sovrano e l’avrebbe seguita a quattro anni di distanza sul patibolo delle esecuzioni reali. Ma non prima di proporre al re un sofisticato piano, nel 1539, per proteggere le coste del paese da un possibile assalto di potenze straniere, tra cui la Francia particolarmente invisa alla dinastia dei Tudor, mediante la costruzione di una serie di potenti forti navali. Uno dei più importanti dei quali avrebbe dovuto trovare posto sopra un’isolotto nell’insenatura di Milford Haven, distintiva caratteristica geografica a metà tra un fiordo e l’estuario del fiume Pembroke, dove l’omonima cittadina faceva ormai da mezzo secolo le funzioni di un importante cantiere navale. Valore strategico, dunque, una posizione chiave ed ottimi presupposti, data la limitata ampiezza dello sbocco disponibile sul mare, a interdire completamente l’accesso ai vascelli di provenienza incerta o indesiderata. Peccato che l’assenza temporanea di fiordi, il disinteresse da parte di chi avrebbe dovuto prendere la decisione ma soprattutto la caduta in disgrazia di colui che aveva postulato l’idea, avrebbero portato ad uno spostamento dell’idea tra i progetti di minore priorità esecutiva. Al punto che ci sarebbero voluti 3 secoli e 11 anni perché qualcuno, finalmente, giungesse a porre la prima pietra su quella minuta striscia di terra, realizzando finalmente il sogno del primo conte dell’Essex.
Assoluta unità di scogli, terra emersa e solide mura alte tre piani, l’ultimo dei quali costellato di efficienti feritoie, soluzione da cui avrebbe conseguito il nome informale di Stack Fort. Ospitante all’inizio un gran totale di quattro potenti cannoni, di cui tre della classe e portata identificata come 32-pounder (del peso di circa una tonnellata e mezzo) ed un 12 pounder (544 Kg) per l’autodifesa delle mura. Il tutto gestito da una guarnigione di 30 uomini ed un singolo ufficiale, secondo i piani attentamente stilati dalla Commissione Reale per la Difesa del Regno Unito, creata per volere di Henry Temple, terzo Visconte di Palmerston, in un’epoca di pace con Napoleone III, che nessuno sospettava potesse durare particolarmente a lungo. Così sorse, finalmente, il piccolo castello assieme a diversi altri forti costieri nella regione ed una grande caserma difendibile nei pressi della cittadina di Milford Haven. E non ci volle molto perché, appena una decina d’anni dopo, le bocche di fuoco fossero aumentate a sedici, sebbene questa particolare zona del Galles non fosse destinata ad ospitare battaglie negli anni a seguire, neppure durante il grande conflitto che oggi conosciamo come prima guerra mondiale. Così che il fortino sarebbe andato progressivamente dimenticato nel corso delle successive generazioni, tanto da trovarsi associato alla definizione di forgotten island, costituendo un polo d’attrazione irresistibile per tre tipi fondamentali di creature: gli uccelli marini in cerca di un luogo sicuro per costruire il proprio nido; gli YouTuber appassionati di urbex e altre discipline finalizzate all’esplorazione dei luoghi abbandonati; ed alquanto inaspettatamente, gli agenti immobiliari…

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2021: un crollo improvviso minaccia il forte marittimo di Enrico VIII

Una scena particolarmente spiacevole quella che si sarebbe presentata di fronte agli occhi dei primi visitatori della giornata, durante cui sarebbe sopraggiunta l’inevitabile chiusura dell’edificio, le guide dell’associazione Amici del Castello di Hurst e gli addetti della commissione British Heritage, incaricati di ispezionare lo stato dei fatti successivamente alla lunga tempesta verificatosi nel corso della notte dello scorso 26 febbraio 2021. Il giorno in cui l’antico edificio, capace di resistere alle mire espansionistiche di Francia e Sacro Romano Impero, le guerre rivoluzionaria e napoleonica, nonché i grandi conflitti mondiali del ‘900, si era infine arreso al più inesorabile degli avversari: il semplice trascorrere del tempo, coadiuvato dai corsi e ricorsi delle maree, pioggia, neve e grandi ondate, capaci di erodere un poco alla volta la stessa terra e ghiaia sopra cui poggiano le sue fondamenta risalenti al Rinascimento. Nient’altro che quel Hurst Spit, striscia a forma di mezzaluna dalle origini naturali ma collocata strategicamente all’ingresso della grande insenatura nota come Soylent posta a ridosso dell’isola di Wight, che avrebbe potuto concedere a un’ipotetica forza di spedizione navale un passaggio privo di ostacoli fino alle importanti città portuali di Portsmouth e Southampton. Stiamo parlando, in altri termini, di una delle principali porte dell’Inghilterra meridionale, ponendo le basi della costruzione di un bastione destinato a sorgere, tra tutte le epoche possibili, durante il regno di un sovrano dalla vita familiare particolarmente turbolenta.
Era dunque il 23 maggio del 1533 quando il re Enrico VIII d’Inghilterra ottenne dall’arcivescovo di Canterbury l’annullamento del suo matrimonio con Caterina d’Aragona, che si era dimostrata incapace di concedergli un figlio maschio, scatenando una serie di eventi che avrebbero portato al più grande scisma religioso della sua epoca, non prima di mettere l’intero paese diplomaticamente sotto assedio. Non ci volle molto infatti perché Carlo V, nipote dell’ex-regina, cogliesse l’occasione per inviare una serie di minacce all’indirizzo delle isole settentrionali, cogliendo anche l’occasione per allearsi con l’antico nemico francese in preparazione di un’imminente possibile invasione. Nel 1539 quindi il re Tudor, che si era nel frattempo già risposato altre due volte, proclamò un editto utile come deterrente di guerra, chiamato device (strumento) per la fortificazione del Soylent mediante la costruzione di quattro fortezze: Calshot, Cowes Est ed Ovest e al centro di tutto questo, la possente batteria difensiva di Hurst, destinata a raggiungere il completamento dopo tre anni di lavoro nel 1544. Il cosiddetto “castello” aveva tuttavia un’aspetto sensibilmente diverso nel XVI secolo rispetto a quello dei nostri giorni, presentandosi come poco più di una bassa e larga torre, con tre bastioni attorno e 26 pezzi d’artiglieria di varie dimensioni, tra cui saker, culverine, semi-cannoni e bocche di fuoco navali. Il forte si rivelò prevedibilmente molto costoso da gestire, con un capitano, il suo vice, 12 artiglieri, 9 soldati ed un addetto al trasporto delle munizioni, diventando inoltre superfluo alla stipula di una pace duratura con la Francia nel 1558, dando inizio al più lungo periodo di pace tra le due nazioni a memoria d’uomo. Iniziò, quindi, il lungo periodo di declino inframezzato da restauri ed ampliamenti, in questo luogo che la storia semplicemente non poteva accettare di lasciare al suo destino…

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La grotta della strega che pietrifica le cose

Alle soglie del 1500, durante il regno di Enrico VIII, l’Inghilterra era un luogo pragmatico e indipendente, dove la superstizione iniziava a lasciare il passo a una diversa visione delle cose e della religione. Nelle campagne, tuttavia, sopravviveva un mondo ancora molto distante da ciò che avremmo avuto dopo, dove gli animali parlavano, gli alberi potevano spostarsi e il vento sussurrava le parole di un’arcana filosofia. La figlia della lavandaia corse rapida per il sentiero di campagna, in mezzo ai faggi centenari ed alle siepi del roveto, dietro la grande roccia, dove sgorgava l’acqua magica di Knaresborough. Nonostante le sue doti magicamente di un tale fluido curativo, o forse proprio per tale ragione, la bambina si guardò bene dal bagnarsi l’orlo della veste, temendo che potesse diventare rigida come il granito. Quindi, raggiunto il bordo esterno della caverna, cominciò a battere sulla pesante porta di legno montata con dei cardini nella montagna stessa:  “Madam Shipton! TOC, TOC! Madam Shipton! TOC, TOC!” A quel punto si udì un suono distante, come il ruggito di un orso, e la porta si aprì da sola. L’anziana donna che a ben pensarci, non sembrava fosse mai stata giovane, era seduta accanto a un luminoso focolare domestico con un gran calderone, proprio nel centro della pietrosa stanza. Il suo mento era talmente aguzzo da incurvarsi fin quasi alla punta dell’enorme naso. Uno strano cappuccio le copriva completamente i capelli, ma lei lo scostò lievemente, per guardare l’ospite inattesa con uno sguardo interrogativo. “Ma..Madam.” Un sospiro lieve: “Avete degli ospiti. Tre uomini…Dalla grande città di York.” L’eco delle parole non aveva ancora avuto tempo di spegnersi, quando gli zoccoli iniziarono a rimbombare per il sentiero. Una, due, tre bestie, contò la donna, e dall’andamento della marcia, su un terreno tanto scosceso e diseguale, comprese anche che i loro proprietari fossero piuttosto arrabbiati. O volessero dimostrare decisione. In un attimo, i misteriosi messaggeri giunsero in prossimità della porta, nella quale si trovava, al momento, incorniciata la bambina. Non vedendo la vera abitante del luogo a causa della prospettiva, il capo si rivolse a lei: “Salve, ragazza. Facci un favore: annuncia all’abitante di questo tugurio che io, il Conte di Northumberland e i miei due cari amici, il Duca di Suffolk ed il Duca di Somerset, siamo giunti ad arrecarle l’onore della nostra presenza. Ma non ti attardare. Ti assicuro che avremmo il piacere di abbandonare questo tugurio e fare ritorno il prima possibile alla civiltà.” La bambina parve esitare, tenendo gli occhi ben fissi sulla su interlocutrice quindi, spostandosi rapidamente di lato, lasciò che fosse lei a prendere la parola. “Prego, signori miei. State parlando con Ursula Shipton in persona, moglie di un umile carpentiere. Al vostro servizio. Forse gradireste accomodarvi nel mio… Tugurio?” Senza una parola, una sagoma elegante fece la sua comparsa nella cornice dell’uscio. L’uomo indossava un corpetto prezioso e portava vistosamente una sottile spada da fianco. La bambina aveva fatto appena in tempo a volatilizzarsi, che con un gesto imperioso egli aveva messo un piede in casa, dicendo: “Donna. O forse dovrei chiamarvi Insigne Malefica Strega. Io e i miei compagni siamo giunti fin qui, oggi, sulle precise istruzioni di un uomo molto importante. Di certo conoscere il Cardinale Wolsey, Arcivescovo di York. Un mio caro amico. Ora, è stato portato alla mia attenzione, e con ciò intendo che ho poi avuto modo di vedere il libello stampato con questi due stessi occhi, che una certa profetessa di Knaresborough avrebbe affermato: L’uomo corrotto giungerà in vista della città che gli spetta, dalla cima di un’alta torre. Ma egli non potrà mai varcarne porte. Sappiate che questo insulto ha causato non pochi problemi al nobile Wolsey. Sono qui ad intimarvi, dunque, di ritrattare l’affermazione.” Madam Shipton, che dall’inizio della conversazione aveva ricominciato a mescolare il contenuto del calderone, alzò brevemente lo sguardo a incontrare il suo: “Ah, si? Beh, io dico soltanto la verità. Quindi se l’ho detto, sarà verità.”
Il Conte battè il piede destro a terra. Sembrava esserselo aspettato. Il gesto costituiva, quindi, una specie di segnale affinché i due duchi, a quel punto, fecero l’ingresso nella stanza. Per primo, parlò quello di Suffolk: “Maleficus, osserva questa corda benedetta dall’acqua santa della cattedrale di York! Con essa siamo giunti a legarti, per  trascinarti volente o nolente di fronte ad un tribunale di Chiesa. Se non ritratti, brucerai, brucerai sul rogo!” Per nulla impressionata, Mrs. Shipton continuò la sua opera di mescolamento. “Behemoth!” La chiamò Mr. Somerset: “Questo paletto di  frassino incorpora una scheggia della Vera Croce. Rabbrividisci di fronte al potere della mia Fede!” Qui la strega parve soffocare una leggera risata, quindi gettò indietro il cappuccio, rivelando una massa di capelli candidi, e intricati come le serpi di Medusa. Le sue fattezze erano orribili a vedersi, tanto che gli uomini fecero un mezzo passo indietro: la testa enorme, gli occhi infuocati. Una sottile peluria le ricopriva il volto. La mano destra, raggiungendo una staffa sul muro, impugnò un bastone nodoso simile a un pastorale, che ella puntò verso il conte: “Voi, uomini di città. Venite a minacciarmi nella mia casa? Siete dei veri… Maleducati! Io non vi temo. Sappiate che io ho già visto il giorno della mia morte: il 22 ottobre del 1561, a causa di una polmonite. E sappiate anche questo, ve lo regalo: ogni vostro discendente perirà nel 1881, quando il ponte di Knaresborough crollerà per la terza volta, e il mondo cesserà la sua esistenza. Credete che il fuoco potrebbe bruciarmi? Ah, ridicolo! Guardate, se questo brucia, allora brucerò anch’io.” Così dicendo, la donna prese un fazzoletto che si trovava sullo scaffale vicino, quindi lo gettò tra le fiamme sotto la pentola, con gesto teatrale. Sotto gli occhi strabuzzati dei presenti, ovviamente, esso restò perfettamente integro. “Ar, Ar, Ar. Ma non prima che gli esseri umani volino in cielo e camminino nelle vaste profondità marine. I loro pensieri correranno più veloci del vento ed io, ed io…Non morirò.” A questo punto, Madam Shipton gettò anche il bastone nel fuoco, e ripetè: “Se questo brucia, brucerò anch’io.” E non bruciò, né diventò incandescente, vista la facilità con cui ella lo prese nuovamente in mano, intingendo le sue mani nella vivida fiamma.
Quindi con il suo mestolo d’ordinanza, pescò un po’ del brodo che stava preparando, ed iniziò a versarlo in tre ciotole poste sul tavolo da pranzo. “Ma voi siete giunti fin qui, avete fatto tanta strada. Per questo, ve lo ordino. ADESSO, mangiate con me.”

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