Splendide noi siamo, con le ali interne di un vivace color rosso, mentre l’altro paio sembra tratteggiato da un pittore pointillista, mentre l’estrema parte sembra ricordare strati sovrapposti di minuscoli mattoni. Come le altre appartenenti alla sottofamiglia delle Aphaeninae, spesso scambiate per farfalle benché siano solite spiccare, al massimo, dei lunghi balzi esplorativi. Entrando a pieno titolo, per lo meno in linea di principio, dalla mente aperta ed ammirata dell’entomologo, mentre ben diversa tende a risultare l’opinione di chiunque debba vivere per forza nei confini nel nostro vasto Impero. Che si estende, ormai da secoli, ben oltre i confini terrestri del giorno della notte… Perché un’invasione possa dirsi effettivamente riuscita al di là di ogni ragionevole critica storica, è necessario che unità su più fronti riescano a dividersi i compiti, in ondate successive finalizzate inizialmente a preparare, quindi improntate a conquistare, il territorio giudicato d’interesse da parte delle forze senza-volto incaricate di decidere l’impresa. Così noi cicaline della specie Lycorma delicatula ci preparammo, fin dalla metà del XVIII secolo, disponendo l’impiego di elicotteri ante-litteram, un’utile risorsa tattica e vegetale al fine di colonizzare il Nuovo Mondo. Quelli che potremmo individuare come costituiti, mediante il senno di poi, dall’effettivo involucro dei semi prodotti dall’albero del paradiso o Ailanthus altissima (in italiano, ailanto) originario della Cina e ingenuamente apprezzato dai molti popoli per la sua forma elegante e gli oltre 25 metri raggiunti in appena la metà della sua complessiva esistenza, generalmente non più estesa di 50 anni. Poiché nessuno avrebbe mai potuto prevedere, all’epoca, la maniera in cui quella pianta fosse in grado non soltanto di propagarsi a macchia d’olio, bensì resistere ad ogni tentativo di contenerne la diffusione, mediante la rinascita da poco più di un ramo o singolo pollone mentre diffondeva, con crudeltà quasi diabolica, un veleno tossico dalle radici, eliminando in maniera sistematica i propri potenziali concorrenti o vicini vegetali nei pressi del punto d’atterraggio del seme. Ma riempire quelle terre di ailanti, alberi importanti per il raggiungimento della fase adulta del nostro ciclo vitale, non era che il primo passo di un vero e proprio piano. Il cui ultimo e più irresistibile passaggio sarebbe stato destinato a richiedere, da quel fatidico momento, poco più di tre secoli a fronte degli ottimi collegamenti internazionali implementati all’epoca globalizzata dei commerci. Niente, in fin dei conti, avrebbe potuto funzionare meglio del carico di materiale edilizio risalente al 2014, destinato ai cantieri di Philadelphia e il resto della Pennsylvania… Dove secondo quanto ipotizzato dai tardivi studi di voialtri umani, si trovavano occultati i nostri padri e madri, ancora in forma embrionale, secondo quel metodo già dimostratosi capace di fornire il predominio territoriale in Giappone e Corea. In attesa del momento opportuno per fuoriuscire dalla sacca delle uova, per poi salire in cima a quelle piante che per tanto tempo avevano aspettato la loro venuta. E poi diffondersi da esse verso i notevoli tesori di quelle terre, tra cui gli frutteti, le vaste foreste, le viti usate per produrre il vino. Tutte piante egualmente vulnerabili, nonché deliziosamente utili, ad assicurare la vittoria ecologica della nostra prolifica genìa…
C’è un probabile rapporto di amore-odio tra la cicalina maculata del Sud-Est Asiatico e l’albero di ailanto, visto come l’una non riesca a stare senza il secondo che pur essendo suo malgrado costretto ad accettarla, sostiene di buon grado il peso ambientale costituito da quel crudele stile di vita parassitario, capace di liberare il territorio da ogni albero capace di occupare spazi utili alla sua propagazione. Per un insetto il quale, come gli altri appartenenti alla famiglia dei Fulgoridi che tanto ben riesce a rappresentare, è solito infiggere il proprio apparato boccale pesantemente specializzato come la punta di una lancia, trafiggendo gli strati superiori della corteccia per succhiare il dolce, nutritivo fluido contenuto all’interno. Ma il pericolo costituito per la sopravvivenza delle molte varietà di alberi e rampicanti colpiti, che includono più di 70 specie al calcolo attuale, non si ferma solamente a questo, visto il passo successivo di un drammatico copione, in cui è previsto che la Lycorma delicatula produca attraverso le diverse fasi del suo ciclo vitale copiose quantità di mielina appiccicosa, durante il nutrimento che ricopre di questa sostanza nutritiva il tronco ed il terreno sottostante, attirando altri parassiti e fornendo superfici ottime per la proliferazione di muffe e altre malattie spesso letali per l’albero colpito. Quando quest’ultimo non muore ancor prima in forza della semplice copertura eccessiva delle sue foglie, rami ed eventuali fiori, dalle letterali centinaia o migliaia d’insetti, capaci di sorpassare abbondantemente il peso complessivo di un elefante.
La cicalina a macchie nella sua forma adulta presenta una lunghezza di 25 mm e circa il triplo di apertura alare, benché nella maggior parte dei casi si riesca ad avvistarla mentre si trova con tali arti ripiegati sulla schiena, lungo l’estendersi del tronco, garantendo una colorazione più mimetica e decisamente meno appariscente rispetto a quella descritta in apertura. Prima di poter raggiungere una tale fase della sua vita, tuttavia, essa appare come una ninfa dalle dimensioni notevolmente inferiori, inizialmente nera a puntini bianchi, che attraverso una serie di mute successive diventa quindi progressivamente più rossa ed infine, guadagna finalmente il doppio paio d’ali, usate più che altro per saltare. La preferenza delle cicaline per la deposizione delle uova sull’albero dell’alicanto è stata quindi ricondotta ad un probabile desiderio di sfruttarne la natura tossica come mezzo di difesa dai predatori, un accorgimento d’altra parte superabile nel caso in cui tale albero non sia nei fatti disponibile, eventualità che porta generalmente la femmina a deporre le sue uova sul primo oggetto verticale che riesce a trovare. In una quantità tra le 30 e le 60, contenute all’interno di una sacca biancastra che assomiglia vagamente ad un’incrostazione marina, la quale ormai da tempo è diventata immediatamente riconoscibile per tutti gli agricoltori della parte occidentale degli Stati Uniti e non solo, estremamente motivati a raschiarne via ogni singolo esemplare, nel futile tentativo di ridurre la diffusione della cicalina. Per un danno complessivo annuale che si stima aver superato, nel 2020, i 18 miliardi di dollari divisi tra i diversi campi dell’industria agricola, portando molti imprenditori all’abbandono fallimentare delle loro fattorie o tenute. Mentre nei tre stati di New Jersey, Delaware e Virginia vaste aree di territorio si ritrovano del tutto ricoperte degli alberi moribondi e strati sovrapposti d’insetti che si affollano a succhiarne fino all’ultima scintilla vitale. Mentre al centro di tali distese l’albero del cosìddetto paradiso, alto ed orgoglioso, permane a silenziosa testimonianza dell’imperdonabile crimine compiuto.
Chi può ragionevolmente affermare, a questo punto, che la diffusione su scala internazionale delle cicaline sia stata portata compiersi con null’altro che il più assoluto ed omnicomprensivo gesto di buona fede? Poiché ogni invasione, nel corso della storia pregressa, si è basata sulla convinzione soggettivamente giustificata di stare agendo per il bene collettivo della propria nazione più o meno metaforica, in qualche modo depositaria di uno stato di diritto superiore a quello degli altri.
Un’effettiva eliminazione sistematica e totale della Lycorma delicatula dagli Stati Uniti, al giorno d’oggi, appare quindi ormai irrealistica, persino considerando i risultati relativamente validi ottenibili mediante l’uso di strisce adesive sui tronchi degli alberi e trappole disposte lungo la loro circonferenza, dato l’istinto della cicalina ad arrampicarsi verticalmente, sempre e comunque, fino sopra i rami e dentro la verdeggiante chioma. Tutto quello che resta, quindi, è definire validi confini e regole precise di convivenza. Mansione niente affatto semplice, quando si considera che stiamo parlando di una specie che parla un linguaggio evolutivo, e vive seguendo regole, completamente diversi da quelli elaborati nei millenni della nostra pur sempre limitata filosofia. Tanto vale ammirare, quindi, almeno il rosso delle ali. Poiché loro rimarranno a farci compagnia, assieme all’alicanto complice, ancora per moltissime generazioni a questa parte.