A largo della Florida, il selvaggio sabba oceanico dell’invadente insetto in luna di miele

Sussiste uno stereotipo, su Internet, secondo cui la Florida sarebbe un luogo di fantastici eccessi e terribili deviazioni dalle aspettative legittime delle umane circostanze, coadiuvate da una sorta di atmosfera che in qualche maniera riesce a deviare ed influenzare la realtà. Così che basta inserire su Google il nome dello stato peninsulare, proteso come una magica passerella sull’Atlantico, possibilmente accompagnato da parole d’uso comune come “man“, “alligator” o “sheriff“, per inoltrarsi in una rassegna che sfiora il surrealismo e cambia radicalmente le logiche interconnessioni degli eventi. Al punto che imbarcandosi e lasciando dietro di se le coste sabbiose di una tale landa, a bordo di una conveniente imbarcazione da diporto, può sembrare di essersi temporaneamente liberati da una simile foschia, ritornando almeno per qualche ora dei perfettamente ragionevoli, e del tutto rilassati rappresentanti della civile società contemporanea. A patto di non essere… Sottovento. Direzione verso cui tra aprile e maggio, agosto e settembre e qualche volta anche a dicembre, le correnti ascensionali prendono in custodia un vasto popolo d’interconnessi volatori, nel senso di esseri costantemente e saldamente attaccati l’uno all’altro per la parte posteriore dei loro corpi, a due a due. Sono i famosi e odiati “insetti in luna di miele”, “insetti innamorati” o “f***ing bugs” (in più di un senso) che come una pioggia biblica finiscono per ricadere un po’ da tutte le parti, incluso a quanto sembra questo motoscafo a largo della baia di Tampa, i cui occupanti non possono far altro che alzare le proprie braccia contro un cielo vendicativo, mentre si ricoprono letteralmente di una pioggia quasi biblica dei piccoli invasori, lunghi non più di 6-9 mm dalla testa con le antenne alla parte finale del proprio addome. Orrore, stupore ed anche un po’ di meraviglia, sebbene siamo innanzi al tipo di creature che tornando puntualmente ogni anno, hanno finito per diventare un simbolo inscindibile perfettamente rappresentativo di una buona parte del meridione statunitense.
A partire da quando, nell’immediato dopoguerra, iniziarono ad essere notati allo stesso tempo dagli entomologi non soltanto floridiani ma anche di Texas, Alabama, Mississippi e Louisiana, che non poterono far altro che notarne l’arrivo dall’America Centrale passando per lo stato messicano dello Yucatan. Diventando una visione pressoché costante fino all’apice della loro presenza verso la metà degli anni ’70, momento in cui parevano essersi moltiplicati fino a ricoprire letteralmente ogni centimetro di cielo nel corso dei loro frequenti eventi migratori da un lato all’altro del continente. E tutto questo senza arrecare danni degni di nota all’agricoltura, pur trattandosi di nettarivori, principalmente interessati a piante erbacee come meliloti, solidaghi e pepe brasiliano, per il semplice ma fondamentale aspetto della breve durata della loro vita: appena 3-4 giorni per i maschi, poco più per la femmina; abbastanza per portare a termine il compito per cui sono stati creati, culminante con la deposizione di una significativa quantità di uova (100-350) negli strati marcescenti di legno, torba o altra materia biologicamente feconda…

Il dimorfismo sessuale è piuttosto pronunciato in entrambe le varietà di Plecia, con il maschio riconoscibile dalle dimensioni maggiori e gli occhi notevolmente sporgenti. Il pronoto di un vistoso color arancione, posseduto da entrambi i sessi, potrebbe nel frattempo costituire un tratto aposematico di comprovata efficienza: dopo tutto, quasi nessun predatore si nutre di questi insetti.

E di certo c’è parecchio nell’ecologia dei lovebugs, formalmente suddivisi in due varietà dalla maggiore diffusione statunitense (Plecia nearctica e P. americana) che pare il prodotto intenzionale di una natura fastidiosa ed ostinatamente invadente. Sebbene essi non pungano, non siano velenosi o in altro modo portatori di altra condanna ai danni delle persone. Mentre per quanto riguarda le loro proprietà, o per essere maggiormente specifici, i veicoli a motore, vi basti sapere che… I risultati possono variare. La principale caratteristica associata con implicazioni negative alle coppie intente a compiere il proprio primo ed ultimo volo nuziale, infatti, è rintracciabile nella loro inclinazione istintiva ad andare costantemente in cerca di un luogo adatto alla deposizione e successiva crescita della prossima generazione, mansione che li porta ad inseguire il tipo di sostanze chimiche di origine vegetale note come fenilacetaldeidi, malauguratamente simili all’aroma emesso dagli aldeidi dei gas di scarico quando attivati per l’effetto dei raggi ultravioletti solari. Il che porta questo popolo dei cieli, per quanto possibile nella scomoda posizione dei maschi e le femmine attaccati a 180 gradi, a dirigersi con sicurezza verso strade, autostrade e parcheggi, ricoprendo letteralmente le automobili, oscurando il parabrezza ed arrecando non poco disturbo ai guidatori. Per non parlare delle conseguenze a breve e medio termine, generate dalla maniera in cui queste letterali migliaia di insetti morti o moribondi possono riuscire ad intasare la griglia del radiatore o semplicemente esalare l’ultimo respiro sopra la carrozzeria, vedendo il proprio pH variare verso l’acidità per effetto della decomposizione batterica e lasciando per questo macchie indelebili nel giro di qualche ora appena.
Ditteri appartenenti alla famiglia dei Bibionidi o mosche di marzo, per la ben nota ciclicità della loro occorrenza, i Plecia sono quindi possessori di un ciclo vitale che inizia con l’incubazione autonoma di circa 2-4 giorni, seguita dalla nascita pressoché immediata delle larve simili a vermi o bigattini, i quali provvederanno a nutrirsi e crescere costantemente per un periodo variabile tra i 120 giorni (in estate) e 240 (in inverno). In questa forma, d’altra parte, l’insetto dell’amore può essere definito come un servitore estremamente utile della società, consumando materia morta e trasformandola in terreno fertile per la prosperità di specie vegetali native o persino coltivazioni poste in essere dall’uomo. Ma sarà dopo un ulteriore breve stadio di 7-9 giorni nella forma di pupa inamovibile che, acquisita finalmente la loro forma di adulti, procederanno alla riscossione dei crediti acquisiti dalla società oscurando letteralmente i cieli con la loro pazzesca baldoria collettiva d’accoppiamento. Messa in pratica, secondo un preciso copione, in tre fasi orarie successive al sopraggiungere delle ore diurne, ciascuna cominciata con il volo in formazione dei maschi sopra un territorio sgombro, cui fa seguito il sollevarsi delle femmine che intrecciando le proprie traiettorie, sceglieranno il partner andando a posarsi temporaneamente da qualche parte. Ed è allora che i due si attaccheranno saldamente tramite l’efficace funzionamento dei propri organi riproduttivi, con priorità data agli esemplari più grandi di entrambi i sessi, sebbene sia possibile guadagnarsi un posto combattendo oppure sovvertire l’ordine di priorità tentando d’intromettersi nelle coppie già formate. Ciò detto, al trascorrere di una quarantina di minuti circa, mogli e mariti diventeranno letteralmente inseparabili, provvedendo a sollevarsi nuovamente in volo. In una configurazione prevedibilmente inefficiente e ben poco aerodinamica, sebbene trasportata a grandi altezze e distanze dall’energia del vento, in cui sarà principalmente lui a guidare per le dimensioni leggermente superiori e gli occhi esponenzialmente più efficienti, in uno stato che durerà per buona parte del resto della loro esistenza su questa Terra. Finché le stoiche vedove, lasciato il consorte morente, possano dirigersi verso il luogo scelto per infiggere l’ovopositore fatale, provvedendo al lascito dei pargoli a beneficio della sopravvivenza della propria specie.

Il caso generato per mare non è tuttavia quasi alcunché, al confronto della quantità d’insetti che possono sopraggiungere in località di terra, senza alcun tipo di preavviso né misura preventiva possibile. Come si può utilizzare d’altra parte l’insetticida, contro letterali milioni d’insetti che piombano all’improvviso dall’alto dei cieli?

Letteralmente sconosciuti negli Stati Uniti fino alla metà del secolo scorso, gli insetti dell’amore sono stati fatti oggetto di numerose ipotesi e leggende metropolitane, non ultima quella secondo cui sarebbero stati creati artificialmente in laboratorio dall’Università della Florida, come predatori utili a ridurre la quantità di mosche. Un’ipotesi questa, dell’esperimento in qualche modo fallito o sfuggito al controllo, non soltanto poco probabile in forza della mera logica, ma materialmente non possibile data l’assenza di alcuna caratteristica predatoria nella conformazione fisica del genere dei Plecia. Il cui spostamento geografico può quindi essere visto come una mera conseguenza del mutamento climatico, vista la maniera in cui simili insetti riescano davvero a prosperare soltanto in condizioni di temperatura e umidità estremamente precise (una condizione chiamata in gergo “Riccioli d’Oro” dalla protagonista della celebre fiaba per bambini) tanto che negli ultimi anni la loro quantità parrebbe essersi ridotta, causa la mancanza reiterata di tali variabili circostanze. Benché la situazione possa deviare nuovamente nei prossimi anni, con conseguenze fin troppo facili da immaginare. Dopo tutto in quanti altri casi abbiamo creato, con le nostre strade asfaltate, un perfetto e sgombro ambiente d’accoppiamento? Vicino a prati pressoché perfetti per deporre le uova e costantemente aromatizzato con quello che potremmo definire l’afrodisiaco inquinante d’interi sciami di passaggio verso località distanti… Il tesoro di qualcuno, la condanna di qualcun altro. Un perfetto aforisma, per definire taluni tratti inerenti e del tutto inscindibili dalle assolate lande peninsulari dell’estremo meridione statunitense.

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