Le parrucche stravaganti poste in capo al sistema giudiziario inglese

Ci sono grandi meriti, ma anche un senso fondamentale di malinconia, nell’essere gli ultimi rappresentanti di un qualsiasi tipo di concetto o procedura. E questo è vero sia a livello delle usanze nazionali che nello specifico, per coloro che possiedono e dirigono, attraverso i mari tempestosi di quest’epoca post-moderna, l’espressione commerciale di un’antica tradizione di famiglia. Sto dunque per annunciare, per il tramite di quest’introduzione, la figura di Christopher Allan, Direttore del settore Legge e Cerimonie presso l’antica e stimata sartoria londinese di Ede & Ravenscroft, nel presente video intervistato in uno dei concisi, e come sempre memorabili servizi della serie GBS – Great Big Story. “Udite, udite” (e toglietevi il cappello. Non toglietevi i capelli) “Innanzi ai gentiluomini e le gentildonne della Corte, fa il suo ingresso colui che, a suo modo, può permettere l’esistenza di codesto approccio, se vogliamo dirlo, Visuale alla questione.” Perché un conto è dire che la legge è uguale per tutti, mentre tutt’altra cosa dare forma a quel sentimento secondo cui coloro che la praticano, ed in molti casi la difendono, dovrebbero anche loro assomigliarsi tutti quanti. Nel vestiario, il modo di parlare, nell’aspetto e addirittura, quel che hanno sulla testa.
Già, parrucche. Come tanti altri accessori di vestiario, in origine un sinonimo di vanità, per poi diventare un segno di decoro, distinzione, addirittura pudica avvenenza situazionale. Intrinsecamente associate alle figure dei giudici e degli avvocati inglesi nonostante esse costituiscano, nello schema generale delle cose, un’aggiunta relativamente recente al loro guardaroba, benché fosse sempre esistito, fin dal XIV secolo, una “convenzione” ad abbigliarsi in una certa maniera, dar risalto a dei particolari aspetti implicati dal proprio ruolo. Poiché l’immagine ha un potere, come ben sapeva re Edoardo III (1327-1377) iniziatore della guerra dei cent’anni essendosi autoproclamato re di Francia, in aggiunta all’Inghilterra, ma non prima di aver dato ad intendere che ogni giudice preposto all’esercizio della legge britannica portasse un certo tipo di mantello, in base alla stagione ed alle circostanze. I quali dovevano essere d’ermellino o taffetà (seta) e di colore verde in estate, viola d’inverno, rosso per le alte cerimonie, venendo donati a tale scopo proprio a spese e per premura della Corona stessa. La questione sarebbe stata dunque formalizzata soltanto nel 1635, attraverso l’atto del re Carlo II intitolato The Judges Rules; non che ve ne fosse stato alcun bisogno, fino a quel momento: la parola ed il volere del Re sono legge, anche quando non vengono accompagnati dal suo sigillo sopra un foglio o carta dei diritti dei suoi sottoposti… Salvo rare, problematiche eccezioni. Caso volle, in effetti, che la particolare storia personale di quel sovrano, il cui padre era stato decapitato dal dittatore Oliver Cromwell sulla pubblica piazza, prima di ritornare al trono grazie alle campagne militari dei lealisti avesse trascorso quasi un’intera decade in esilio, spostandosi tra l’Olanda e la Francia d’epoca Barocca. Ove il concetto della moda e del gusto derivava, in quel periodo, principalmente da una singola eminente figura: quella di Luigi XIV, l’abbagliante Re Sole. E tutti sanno che costui, ogni qualvolta appariva in pubblico era solito indossare spettacolari ancorché voluminose parrucche. Ad ogni modo, secondo alcuni, l’inclusione della regola per indossarle “volenti o nolenti” all’interno delle sue aule di legge, potrebbe anche essere stata una sorta di benigna vendetta, verso quell’elite che nel momento del bisogno, aveva mancato di agire per proteggere la propria dinastia…

“Indossare una parrucca…” spiega l’avvocato inglese Eborn nel video GBS ” É come mettersi qualsiasi altro tipo d’uniforme, ti permette essenzialmente di calarti nel ruolo. E può darti forza, ricordando l’armatura del cavaliere che si prepara alla feroce battaglia…”

“Quanto morta e spenta appare, al cospetto di simili Grandi Uomini, la figura dell’oratore alla barra inglese, con la testa sollevata in alto nella più insipida Serenità e lungo i fianchi, una parrucca lunga che gli arriva fino a metà schiena?” Veniva scritto con intento satirico già nel 1712, in un’articolo del quotidiano Spectator, invocando per comparazione le figure di Demostene e Cicerone raffigurate nel quadro di Raffaello della Scuola di Atene. Ed in effetti le parrucche usate attorno a tale epoca per chiunque praticasse la legge, pur essendo conformi alla moda dell’inizio del XVIII secolo risultavano particolarmente difficili da mantenere in buono stato, scomode da indossare e fastidiose soprattutto l’estate, con il volume notevole e le capacità d’isolamento termico garantitegli da folti strati di capelli umani e qualche volta, crini di cavallo. La situazione doveva cambiare ed in effetti già attorno al 1770, basandoci su alcuni ritratti e illustrazioni d’epoca, possiamo iniziare a vedere avvocati che indossano una forma nuova di parrucca, più corta e dotata di vistosi boccoli candidi come la neve, ulteriormente impreziosita dalla doppia coda inviata ad attorcigliarsi sopra la nuca del portatore. Per l’inizio di un processo d’innovazione destinato a semplificare ulteriormente le cose particolarmente a partire dal 1822, quando un “certo” Thomas Ravenscroft, vero salvatore della Patria, ebbe ad inventare un nuovo processo produttivo in grado d’imitare l’effetto della cipria (il famoso pomatum) che doveva normalmente essere applicata quasi ogni giorno a simili complessi componenti del vestiario di giudici e avvocati. Mentre anche i primi iniziarono a indossare una versione decisamente più corta della parrucca originaria, benché destinata ancora a coprire completamente i propri capelli, quasi premurandosi che alcuno, nelle proprie aule, potesse penetrare con lo sguardo i loro preziosissimi pensieri. Così che oggi, a quanto ci spiega cordialmente nel nostro video di apertura Christopher Allan di Ede & Ravenscroft (un semplice caso di omonimia? Non credo) ne esistono esattamente tre versioni, da costo e complessità produttiva crescente: rispettivamente tre settimane (parrucca da avvocato) sei (parrucca da giudice) ed un periodo che può facilmente raggiungere i due mesi (parrucca lunga cerimoniale). L’ultima delle quali riservata nei fatti, assieme alle vesti più preziose delle maggiori figure incaricate di proteggere la Costituzione, solamente alle particolari cerimonie o incontri di corte. Aspetto, nei fatti, alquanto problematico e più volte criticato, visto che lo stato affronta per i propri giudici una spesa di fino a 1.500 sterline per le parrucche lunghe, mentre coloro che studiano legge devono per forza, prima o poi, investirne 400 per la versione maggiormente economica, ma comunque percepita in talune circostanze superflua, o persino dannosa. É ormai da tempo, in effetti, che nel nostro mondo contemporaneo le due parti possono concordare per una dispensa temporanea dall’indossare tale affettazione ancestrale, una scelta spesso compiuta nei casi per questioni familiari o quando sono coinvolti dei bambini, potenzialmente impressionati da uno stile tanto al di fuori della norma comune. Una serie di riforme iniziate nel 2007 e continuate fino al 2011, nel frattempo, è giunta gradualmente a cancellare completamente l’obbligo del cosiddetto “abito legale” e con esso le amate-odiate parrucche, benché queste rimangano tutt’ora necessarie ogni qualvolta ci si trovi ad affrontare progressi di natura penale.

L’esposizione permanente di abiti legali presso la Corte Reale di Giustizia a Westminster, uno dei più grandi palazzi d’Europa, dimostra ancora una volta l’orgoglio nazionale inglese nei confronti di tutte le proprie usanze, anche quelle che sembrano aver perso l’antico lustro e significato di partenza. Proprio qui risulta possibile, inoltre, abbigliarsi per una rapida foto a tema.

Sarebbe riduttivo, ed in un certo senso superficiale dunque, considerare la parrucca inglese come un semplice retaggio di epoche trascorse e ormai dimenticate. Ancora viva ed affamata come il bruco peloso a cui assomiglia, benché parzialmente accantonata, essa continua in effetti a strisciare ai margini della coscienza di chi studia Legge in quel paese, assumendo le caratteristiche di un vero e proprio rito di passaggio, spesso trasmesso di genitore in figlio o figlia, verso la perpetuazione di un mestiere che è in se stesso appropriatezza ed uniformità, massimo rispetto della norma costituita.
Perciò quando finalmente un simile retaggio verrà accantonato, come è inevitabile che sia persino in queste terre tradizionaliste, nessuno probabilmente arriverà mai effettivamente a rimpiangerne gli attorcigliati crini. Tranne coloro che, prima di un simile momento, avevano avuto l’imprescindibile diritto, nonché dovere, d’indossarli. Ritornando a quello stato di quiete secondo cui, nelle parole del poeta satirico Christopher Smart (1722–1771):

’Twas better for the English Nation
Before such scoundrels came in fashion,
When none sought hair in realms unknown,
When every blockhead bore his own.

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