L’esperimento della palla che non può cadere

Quando tutto è acqua, l’aria è intrisa d’umidità, così come la pelle da cui traspira sudore, e qualora dovesse piovere, si sviluppa uno scroscio così potente da scuotere le chiome degli edifici. Acqua e caldo, caldo intenso e inusitato. Neanche il fresco di una bibita del frigorifero, può cambiare il segno delle circostanze. Ed è allora che si guarda verso la piscina, quando viene da pensare: se fossi un pesce, vorrei nuotare. Ma poiché in me sussistono gli spiriti degli elementi, incluso il cielo, la mia preferenza è per il sogno di volare. Ed ecco dunque, cosa fare: prendi una sfera dal peso intermedio, ma che sia perfettamente circolare. Costruisci, con il tubo della pompa, una minuscola fontana. Quindi metti su la prima e accendi la seconda: se tutto è stato fatto correttamente, l’oggetto verrà come catturato, e da quel fluido sollevato. Fluttuando verso l’alto, ma in modo estremamente stabile, come il capitello di un’invisibile colonna gravitazionale. Ma la cosa più incredibile, in merito all’intera questione, è che l’oggetto-palla non si troverà centrato sopra il flusso, nossignore. Bensì piuttosto, incuneato a lato di quel getto, in equilibrio su uno spillo virtuale, come conficcato ai margini della sua presenza. Gira e rigira, non si muoverà di lì. Non si sposterà qualora il getto dovesse essere cambiato nella sua potenza. Non si sposterà se una mano, oppure un frisbee, verrà posto ad interrompere il sistema (purché brevemente, questo è chiaro). Mostrate questa cosa a una persona normale, e quella si trasformerà in un fisico, tanta concentrazione sarà devoluta alla risoluzione del problema. Ma mostratela ad un fisico, e lui diventerà qualcosa d’altro. Con gli occhi spalancati, le mani protese, un gran sorriso sopra il volto che si anima dell’entusiasmo di un bambino. Un uomo delle cause e degli effetti come Derek Muller, il creatore del tentacolare network di canali a sfondo scientifico dal nome Veritasium, i cui exploit, già in precedenza, tante volte ci hanno affascinato. Il quale in questo caso si è recato dal suo amico Blake alias “Innovinci”, inventore di giocattoli, per la dimostrazione di un’idea. Qualcosa di splendido, a vedersi, che proprio per questo meritava una valida disquisizione. Lui la chiama Backyard Levitation (la levitazione da giardino).
Un termine, soprattutto la prima parte, che può trarre in inganno, finché non gli si aggiunge l’aggettivo di “idrodinamica” a immediata riconferma che ci troviamo dinnanzi, in effetti, a un qualcosa che deriva dalle leggi fondamentali della fisica e non da un miracolo indiano. Ovvero quell’insieme di comportamenti delle forze e della materia, che hanno sempre un senso, benché talvolta risultino tutt’altro che intuitive. Fenomeni che prendono il nome, molto spesso, del loro scopritore. E pensate che per comprendere a pieno quanto stiamo effettivamente vedendo, c’è l’esigenza di chiamarne in causa addirittura TRE! Prima ipotesi: l’effetto Coanda, dal nome del fisico rumeno che ne fece la dimostrazione pratica nel 1936. La cui postulazione afferma che il flusso di un fluido, che si dirige in una direzione, tende a trascinare con se una certa quantità delle molecole che lo circondano, aumentando la pressione circostante. Ragione per cui la sua maggiore parte, tendenzialmente, viene premuta verso le superfici e tende a seguirle, talvolta anche lungo una direttiva curva, come quella di una sfera. E in un primo momento potrebbe sembrare di trovarci ad una dimostrazione da manuale di questo principio, finché non si prendono in considerazione due aspetti: primo, che l’effetto Coanda si sviluppa all’interno di un solo fluido, non al confine tra due (aria ed acqua) e conseguentemente, la larghezza del getto della fontanella non potrebbe mai risultare sufficiente allo scopo. E secondo, che anche se l’acqua sviluppa una forza di adesione alla palla, questa devierebbe solamente il suo corso, permettendo comunque all’oggetto più pesante di ricadere a terra. Quindi, c’è qualcosa di diverso all’opera in tutto questo, qualcosa di più antico e niente meno che fondamentale, per comprendere più a fondo la realtà…

Il tipico esempio dell’effetto Coanda in azione si ottiene con la pallina da ping pong incapsulata nel getto di un asciugacapelli. In questo particolare caso, dimostrata in maniera pratica da Mr. Wolfgang dell’università di Harvard, tramite una ripresa con il sistema ottico delle strie, o Schlieren. (Vedi precedente articolo sull’argomento).

Una seconda tentazione che proviene dall’evidenza potrebbe puntare verso il cosiddetto effetto Magnus (1830 ca, chimico tedesco) il presupposto secondo cui la rotazione di una sfera trascina con se l’aria, creando una reazione per cui essa è portata a muoversi verso una particolare direzione. E sarebbe anche possibile, in linea teorica, che il getto proveniente a gran velocità dal basso sviluppi in qualche modo l’effetto inverso, portandola a spostarsi verso l’interno del sistema. Ma questo non spiega da solo, in effetti, la stabilità dell’insolita situazione: perché la palla non cade mai? Qual’è il motivo per cui torna sempre nella sua posizione “impossibile” così visibilmente fuori centro rispetto a quanto ipotizzabile dall’uomo della strada? Chiedetelo a Johannes Diderik van der Waals (matematico olandese, premio Nobel nel 1910) che per primo dimostrò l’ipotesi secondo cui le molecole posseggano sempre un lieve campo elettrico, che gli permette di attrarsi o respingersi a vicenda. Le cui forze, che da lui prendono il nome, benché meno forti dei loro legami di natura chimica, influenzano sensibilmente il mondo che ci circonda.
Ecco, dunque, che succede: l’acqua aderisce, per l’effetto della semplice tensione di van der Waals, alla superficie della sfera, e facendola ruotare ne viene trascinata in maniera trasversale per un percorso di quasi 180 gradi. Ciò che ne consegue, dunque, è che le sue molecole H2O vengono gettate a gran velocità non più verso l’alto, ma in direzione opposta, causando come reazione contraria il sollevamento della palla. Qualora poi questa si sposti verso l’esterno del getto, la quantità di fluido che riesce a ruotargli attorno aumenta, portandola a spostarsi verso l’interno. E nel preciso attimo in cui ciò avviene, il fluido istantaneamente diminuisce, spingendola di nuovo in senso contrario. Ed è per questo che, finché l’acqua continua ad essere fornita, la palla non cadrà mai. Salvo turbolenze accessorie più o meno volontarie, come l’intervento di un amico “disturbatore”. Ed è fantastico tutto questo, poiché istintivamente risulta facile da comprendere: “Se metto una palla sopra un getto, quella resterà su.” È un gioco che in molti abbiamo fatto, col getto di una fontanella nel parco, o come parte di quel periodo di perenne scoperta che è l’età parallela alla scuola. Eppure l’avreste pensato, a quell’epoca, che si trattava di un’applicazione dello stesso principio del volo a motore?

Ogni anno l’Associazione Americana della Dinamica dei Fluidi (ehm, si. Esiste.) Organizza un’evento in cui i membri propongono delle dimostrazioni pratiche dall’evidente valore creativo o artistico, che viene quindi valutato. Nel 2013 vinsero Roberto Zenit ed Enrique Soto, con una versione concettualmente identica dell’esperimento di Veritasium.

Il che ci porta, finalmente, alla forza che è alla base di tutte quelle fin qui citate, che ho prima descritto come “più antica” vista la data remota della sua prima pubblicazione: il testo Hydrodinamics del 1738, ad opera del matematico svizzero Daniel Bernoulli. Il quale capì, attraverso lo studio della dinamica dei fluidi, l’esistenza di un rapporto inverso tra velocità e pressione. Capite che cosa intendeva? Che più l’acqua, o l’aria, si trovano premute all’interno di un’area definita, minore sarà la loro velocità. Ma cosa estremamente importante, è anche vero l’inverso! Il che, in altri termini, è il motivo per cui gli aerei non cadono a terra, purché continuino a muoversi innanzi. Il funzionamento della struttura dell’ala, infatti, è quello di comprimere e spingere verso il basso una certa quantità di molecole aria, proprio in funzione del flusso che si sviluppa nella loro parte superiore, e creando quindi il fenomeno della portanza. Ecco dunque l’inusitata verità: la palla che rimane in aria sopra quel getto funziona esattamente come un alettone. Si tratta, a tutti gli effetti, di una sorta di idro-aliante.
Prendete allora, presso un qualsiasi ferramenta, il materiale necessario per l’esperimento. E realizzate, se ne avete voglia, la dimostrazione pratica di questa meccanica alla base del viaggio internazionale moderno, degli aeroporti e perché no, persino della migrazione degli uccelli. C’è un video tutorial sul canale di Innovinci. Ma non dimenticate che l’acqua è un bene prezioso. Per chi scivola terra, come tutti coloro che fluttuano verso l’alto. Ecco perché ci unisce, e rende parti interconnesse dello stesso, indivisibile flusso della Natura.

2 commenti su “L’esperimento della palla che non può cadere”

  1. Sicuro che Coanda fosse Svedese? Mi pare di ricordare che fosse Romeno.
    Per il resto COMPLIMENTI per quanto pubblichi. Molto spesso vado a cercare molte informazioni su dubbi o conferme.
    Buona giornata.

  2. Buongiorno, ti ringrazio per l’apprezzamento (molto gradito) e l’utile precisazione che, dopo una rapida verifica, ho subito incorporato nel mio post. Onestamente non ricordo come mai commisi l’errore, anche visto che avevo già citato Coanda almeno una volta nel 2016, indicandone correttamente la nazionalità.

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