Inseguitore di tempeste scopre nuovo fenomeno atmosferico in Kansas

Luminosi punti di riferimento nel cielo notturno, gli spiriti divini appaiono e scompaiono a comando, mentre tentano di prevalere sul consorzio dei dominatori del cosmo. Mentre umile spettatore di tutto questo, l’uomo può soltanto volgere lo sguardo in alto, assistere e se propenso, tentare ipotesi in materia. Umile… Timido, dimesso, atterrito? Qualche volta, ma non sempre (forse, un tempo) e certamente non nel caso di Pecos Hank, uno dei più famosi praticanti di YouTube di quell’approccio che ogni anno, al cominciare del periodo centro-americano stagionale in cui s’inseguono tornado, supercelle e altre caotiche battaglie della meteorologia, si mettono al volante e iniziano a viaggiare, telecamera al seguito, per documentare a vantaggio d’ognuno la furia incontenibile della natura. Ecco, dunque, un qualche cosa di profondamente diverso. Il nostro amico divulgatore si trovava infatti lo scorso 4 giugno verso gli estremi confini settentrionali del grande Texas, durante lo svolgersi di una delle sue missioni di ricerca, quando ha scorto sulla distanza il formarsi di un vasto sistema temporalesco. Volgendo lo sguardo e l’obiettivo ad est, quindi, verso il punto in cui la mappa degli Stati nordamericani vede soltanto una sottile striscia d’Oklahoma dividere “il Gigante” dal luogo in cui Dorothy trovò le scarpette rosse nell’opera letteraria di L. Frank Baum “Il Mago di Oz”, ottenne proprio quello che tanto lungamente, aveva desiderato: l’occasione di riprendere in alta definizione il verificarsi del particolare accumulo di plasma nella troposfera noto come spettro rosso, capace di presentarsi come netta sagoma di una serie di enormi figure vagamente antropomorfe al di sopra delle nubi del temporale. Una contingenza, questa, in realtà ampiamente documentata fin dal 1989 grazie a scienziati dell’Università del Minnesota, mentre lo stesso non può essere detto per quello che avrebbe seguito subito dopo.
“Riuscite a vederlo? Aguzzate lo sguardo. È come una sorta di bagliore verde scuro…” Afferma il popolare personaggio del Web, prima di assisterci con un fermo immagine e la più opportuna zoomata immaginabile a tale scopo. Qualcuno nei commenti consiglia anche di alzare la luminosità del monitor. Finché sotto gli occhi di tutti, il misterioso fantasma atmosferico indubbiamente appare. Ora, l’ultra-razionale Mr. Hank non tenta affatto di dargli un nome, né si lancia in entusiastiche tirate sulla natura inusitata di quanto apparso dinnanzi a due attente pupille ed al tempo stesso, l’oggettivo sensore della videocamera facente parte della sua dotazione. Mentre la sua reazione consiste, essenzialmente, nel chiedere riscontro ad altri praticanti della stessa scienza largamente empirica, del produrre vagheggianti ipotesi online. Alcune delle quali, tanto per cambiare, capaci di veicolare notevoli fattori d’interesse…

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Raro video mostra tutta la potenza di un fulmine positivo

Era giallo, ma tendeva all’arancione. Segmentato, come l’arma di un predone barbaro delle pianure. La durata misurabile in secondi, invece che istantanei battiti di ciglia. Comparso all’improvviso sulle pagine web della gazzetta di Boynton, nel sud della Florida, successivamente al convergere di un vasto sistema di tempeste con rovesci e grandinate su una buona parte dello stato, questo è il tipo di testimonianza che molto difficilmente può passare inosservata. Sopratutto quando ripresa, come raramente capita, con mano ragionevolmente ferma, tanto da vicino e tramite un’inquadratura (verticale) che risulta almeno in questo caso pienamente logica & giustificata. Ciò perché il soggetto principale della scena, davvero incredibili a vedersi, è una scarica di volt e ampere di fino a 10 volte superiore a quelle osservabili nel corso di un normale temporale. Ciò che in gergo trova la codifica di CG+ (clouds-to-ground+) dove il segno positivo, in effetti, non ha il compito di segnalare un qualche tipo di miglioramento o un upgrade. Ma visto l’effetto sul cassonetto metallico oggetto di tanta furia, potrebbe…
Fenomeni atmosferici: nient’altro che un brusco risveglio, dal torpore delle nostre sicurezze più o meno giustificate, che pongono la condizione umana in un recesso privilegiato del sistema naturale, al di sopra d’influenze in qualsivoglia nefaste. Ciò dovrebbe, dopo tutto, preoccuparci? A noi esseri che dominiamo il mare, il cielo e la terra, comandiamo su ogni altra forma di vita sia animale che vegetale, possedendo inoltre l’ultimo tesoro della scienza. “Al convergere dei foschi presagi, gli Dei delle saette e dei tuoni convergono in un solo luogo, per decidere sopra le nostre teste a chi sia destinato l’alto scettro del comando.” Qui osserva lo sciamano, al vertice di una moderna aula d’universitari laureandi in metereologia. Le prime file sembrano perplesse. Qualcuno, dalla parte opposta della sala, trattiene a stento una risata. Eppure strano a dirsi, ciò che abbiamo per spiegare quei fenomeni è di certo maggiormente razionale, pur non risultando (molto) più preciso e dettagliato di così.
Prendiamo, come esempio, il caso qui mostrato dall’impressionante contingenza statunitense, catturata per un puro caso dal sensore fotografico di un cellulare. Il CG+, o scarica a terra di un fulmine di polarità positiva, piuttosto che negativa, è uno di quei fenomeni largamente incomprensibili agli studi di settore, sul quale un ampio di numero di teorie è stato prodotto nel corso degli anni, spesso in evidente contraddizione tra di loro. Vediamo, dunque, di approfondire almeno quella maggiormente accreditata…

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Cosa causa strani gorghi tra le sabbie del deserto del Mojave?

Risulta molto facile, questo saremmo pronti a giurarlo, per un uomo in piedi sopra un tetto a lato della strada illuminata dalle insegne nota globalmente come “lo Strip” (Striscia)… Affermare, intendo, mentre s’indica a ridosso della linea dell’orizzonte, il punto in cui il deserto lascia il posto alla città. “Qui è il confine oltre il quale la natura cessa il proprio predominio, per lasciare spazio alle incrollabili barriere dell’asfalto.” E così avviene, d’altra parte, per ciascuna significativa strada dello stato del Nevada, inclusa quella panoramica che porta al canyon delle Red Rocks, paesaggio reso celebre da mille o più film del genere ambientato nel cosiddetto Far West. Quando l’evidenza ci ha provato, a più problematiche riprese, il modo in cui bastano pochi attimi, durante il proseguir di un pomeriggio di pioggia, perché gli antichi arroyos (depressioni o canyon secchi dove un tempo transitavano torrenti) adattati tanto attentamente per l’ausilio alla viabilità motorizzata, facciano ritorno a quello stato primordiale per cui tutto scorre, sotto il margine di un liquido tumulto, fronte smisurato dell’inondazione.
Ed allora, apriti cielo (e suolo)… Perché nulla sembra più avere un senso! Come nel frangente qui documentato, in grado di suscitare parecchi interrogativi sul pubblico locale e nazionale, dalla nature girl
Jessica Forsthoffer sulla sua pagina Twitter e da lì a seguire, verso Facebook, Reddit e YouTube. Un qualcosa che potremmo definire semplice o addirittura normale, se soltanto ci trovassimo a guardare il bacino artificiale situato a monte di una diga. Poiché pare, sotto i nostri occhi increduli, che una serie di tappi siano stati tolti al fondo della piana sabbiosa con vegetazione rada. Affinché l’acqua, vorticando diligentemente, si affretti a correre verso destinazioni sotterranee sconosciute. Ma prima d’inoltrarci nella questione titolare, vediamo di affrontarne un’altra, parimenti significativa: deserto? Acqua? Piane alluvionali? Se mai c’è stata a questo mondo una contraddizione in termini, beh, sarebbe assai difficile negarne trovarne una maggiormente palese. Ma per tutto ciò esiste, parlando in chiari termini ed unicamente quelli, un’importantissima ragione. Che può essere riassunta nel binomio di ambito meteorologico composto dall’espressione “Monsone Messicano”. Chiaro, non si tratta di una storia spesso discussa sulla scena meteorologica internazionale, tanto meno quanto la sua nota controparte del subcontinente a sud dell’Asia. Benché costituisca, sotto più di un punto di vista, il maggior evento stagionale dell’intera zona centro-meridionale statunitense, fin quasi alle distese dell’entroterra texano. Che trae l’origine, come molti altri fenomeni di natura ambientale, tra le masse d’aria umida del golfo della (Bassa) California…

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La barba di ghiaccio che cresce sugli alberi moribondi

Siete mai andati nella foresta in una mattina di pieno inverno? È strano quante esperienze siano a nostra portata di mano, eppure per motivi di mera logica e tranquillità mentale, evitiamo di sperimentare, a discapito di lunghi viaggi avventurosi e complesse prove fisiche o mentali. Perché andare a correre una maratona in Thailandia, quando può bastare mettere piede fuori di casa e prendere una strada diversa lungo qualche chilometro trasversale, per un’ora o due, al fine di ritrovarsi oltre i confini di un mondo letteralmente inesplorato, le cui regole esulano dalla cognizione presunta dell’universo naturale. D’altra parte, forse, l’avrete già visto coi vostri occhi: come una matassa di zucchero filato, più longilinea ma altrettanto candida e voluminosa, gettata a terra da un’invisibile bambino del popolo degli gnomi. È un fatto: tutto ciò può verificarsi anche qui da noi in Italia, quando le condizioni sono giuste sia dal punto di vista biologico che ambientale. Ma occorre sussista una temperatura sugli 0 gradi, per ovvie ragioni, e serve anche la compartecipazione di due fattori: un particolare sostrato di legno marcio e una sufficiente quantità di spore.
Più volte discusso in sede scientifica e non, definito occasionalmente dai seguaci delle teorie di complotto come “ghiaccio chimico” una sostanza artificiale concepita da ignoti per controllare le menti/diffondere malattie/modificare l’ecologia terrestre, questo strano fenomeno ha affascinato il mondo accademico per generazioni. Descritta per la prima volte in maniera puntuale dal meteorologo e geologo tedesco Alfred Wegener nel 1918, lo scopritore della deriva dei continenti, che l’aveva incontrato in gran quantità durante le sue spedizioni in Groenlandia, questa insolita manifestazione del processo di cristallizzazione dell’acqua potrebbe ricordare molto da vicino il particolare dolce coreano della barba di drago, costituita da una quantità di fili di zucchero estrusi manualmente e mescolati col miele, durante un rituale che è al tempo stesso spettacolo e complessa procedura culinaria. Quando in effetti il suo processo di creazione è molto più semplice, automatico e soprattutto non coinvolge in alcun modo la mano dell’uomo. Sostituita, nel presente caso, da un ben più antico e basilare organismo, appartenente al quel cosiddetto quarto regno, al di fuori di quello vegetale, animale o minerale. Sto parlando dei funghi, la cui capacità d’influenzare le ragionevoli proporzioni di cose o persone è stata ampiamente teorizzata già da molti autori, tra cui Lewis Carrol e Shigeru Miyamoto. Possibile, dunque, che nelle loro elucubrazioni albergasse una debole scintilla di verità? “Sissignore!” potrebbe rispondere lo scoiattolo. Mentre si avvicina per dissetarsi, afferrando con le zampette anteriori una generosa manciata di peli biancastri. E infilandosi tutto in bocca, con espressione avida e soddisfatta. Senza interrompere, neppure per un secondo, il contatto visivo con i suoi osservatori umani perplessi.
I capelli di ghiaccio (in tedesco Haareis) hanno un diametro individuale di 0,02 mm e una lunghezza massima di 20 cm. Essi compaiono esclusivamente sul legno intaccato dalla decomposizione e ormai per questo privo di corteccia, preferibilmente appartenente al gruppo degli alberi a foglia larga. E pur essendo delle formazioni naturalmente delicatissime, che vanno in pezzi al benché minimo tocco, la loro capacità di persistere finché la temperatura non si alza di svariati gradi è sorprendente, con una permanenza documentata di oltre 48 ore. Ragione che fece sospettare per loro, già da parte di Wegener, un’origine di tipo fungino. Ma gli anni da attendere per un’effettiva dimostrazione di questa teoria sarebbero stati davvero molti, fino alla pubblicazione dello studio risalente al 2015 di Hofmann, Preuss e Mätzler intitolato Evidence for biological shaping of hair ice, durante il quale una quantità statisticamente rilevante di pezzi di legno affetti dalla misteriosa propagazione pilifera sono stati sottoposti a una serie di analisi approfondite. Bastanti a rilevare, tra tutti loro, una caratteristica comune: la presenza del micelio di Exidiopsis effusa, un fungo simile a muffa grigia capace di formare una sorta di crosta grigiastra, che terminato il periodo di propagazione scompare, disgregandosi e venendo trascinata via dal vento. Mentre un diverso destino tocca alle sue radici, un agglomerato in grado di alterare la composizione cellulare stessa del proprio legnoso condominio d’appartenenza….

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