La sfera elettrica capace di confondere generazioni di filosofi del mondo antico e moderno

Nella seconda metà del XIX secolo il futuro Zar Nicola II si trovava con il padre nella chiesa di Alexandria a Petergof assieme al padre, per una vigilia notturna. Nei suoi diari egli avrebbe dunque raccontato in seguito di una sfera fluttuante di luce concentrata, apparsa all’improvviso in prossimità dell’iconostasi, la parete che racchiude il santuario delle chiese ortodosse. Allo spegnimento improvviso delle candele, la misteriosa presenza scoppiettante avrebbe dunque attraversato la navata, raggiungendo una finestra mentre l’attuale signore di tutte le Russie continuava impassibile a farsi il segno della croce. Suo figlio ed erede, inizialmente spaventato, avrebbe quindi all’improvviso compreso di dover confidare nella grazia di Dio. E da quel momento, non avrebbe più avuto paura di alcuna tempesta nei cieli questa Terra. Molte sono le teorie possibili sull’origine di un tale fenomeno, ammesso e non concesso che possa effettivamente essersi verificato, ma pochi i dubbi sul termine corretto per definirlo. Simili luci volanti rappresentavano un tipo di fenomeno, del resto, conosciuto e discusso almeno dall’Alto Medioevo, la cui definizione pratica è riassunta nel concetto di “fulmine globulare”. Un accumulo di energia visibile ad occhio nudo, sospeso e incandescente, possibilmente simile al fuoco di Sant’Elmo con un’importante, sostanziale differenza: la capacità e propensione a spostarsi. Talvolta innocuo, come nel caso russo, certe altre pericoloso; vedi l’episodio sperimentato più di cento anni prima dalla nave britannica HMS Catherine and Mary, a seguito del quale prese fuoco l’albero maestro, rovinando sul ponte e finendo per uccidere un membro dell’equipaggio. Laddove in innumerevoli altri casi, la sfera in questione è stata riportata incapace di dissolversi senza produrre, nel contempo, un qualche tipo d’esplosione potenzialmente letale. A tal proposito, lo studioso e naturalista Wilfrid de Fonvielle avrebbe scritto di come nel 1845 una sfera di luce verde fosse penetrata dalla finestra in una casa del villaggio di Salagnac in Francia, passando dinnanzi all’attonita abitante della dimora. Rimasta fortunatamente illesa mentre l’oggetto non identificato passava attraverso un muro, penetrava nel fienile e deflagrando improvvisamente, uccideva uno dei suoi maiali. Ed è proprio questa qualità migratoria, apparentemente indifferente ad ogni tipo di barriera architettonica o costruita dagli umani, ad aver costituito nel tempo una delle caratteristiche più difficilmente spiegabili di un tipo di evento reiterato, la cui origine parrebbe d’altra parte appartenere senza dubbi residui alla sfera dei fenomeni realmente esistenti del mondo della materia. Essendo stata sperimentata direttamente, in base ad una stima, da circa il 5% delle persone viventi, incluse molte figure storiche di leader e personaggi del mondo della cultura. Sebbene in molti abbiano provato attraverso le generazioni, fallendo miseramente, di attribuirgli un’origine inconfutabile e del tutto acclarata…

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L’annichilente, deflagrante ma non troppo pratico cannone al plasma del Dr. Leyh

Il fulmine, l’esplosione, le fiamme. Uno scatto rapido in avanti, delle 30 canne in configurazione circolare. Temetemi, sfuggitemi, tremate innanzi a questa splendida maestà. “Poiché [invero] sono diventato Morte, il distruttore dei mondi.” Verso religioso, massima induista, reazione del famoso fisico della seconda guerra mondiale. Slogan cinematografico di altissimo profilo. Mai parole furono percepite come più versatili, nel vocabolario citazionistico statunitense, né altrettanto ripetute, come fossero napoleonica celebrazione del proprio regale copricapo ricevuto dal Divino tra le vaste navate del duomo di Milano. Ma pinnacoli di un altro tipo, non meno lucenti, campeggiano nella visione ultra-napoleonica e i traguardi di Greg Leyh alias Lighting on Demand (“Fulmine a comando! Ultima ratio regum!“) il tipo di creativo che possiede poco più di ventimila follower su YouTube, per cui posta in modo ricorrente contenuti che potremmo definire, senza offrire il fianco alla confutazione, come unici su Internet e nel mondo. Ciò a causa e nella nella misura in cui questo moderno ingegnere elettrico nonché inventore, le cui qualifiche accademiche persistono avvolte da un soffuso alone di mistero, mantiene la sua pluri-decennale relazione con le idee, la vita e le opere del semi-mitico scienziato croato-statunitense Nikola Tesla (1856-1943) da lui imitate e analizzate in modo approfondito più volte, senza disdegnare in più occasioni la realizzazione di un qualcosa di profondamente Suo, proprio perché privo d’ispirazioni latenti. Vedi ò’ultimo esempio in ordine di pubblicazione sul canale, pur avendo una storia pregressa risalente ad oltre un ventennio a questa parte, quando un prototipo era stato costruito per il roadshow itinerante del Survival Research Laboratory: un’arma. Ma funzionante nello specifico grazie all’applicazione di un principio ancor più terribile ed impressionante delle tecnologie da campo schierate dagli eserciti di ogni parte del mondo, tramite l’impiego lungamente atteso di materiali e componenti all’epoca non ancora sul mercato, ma oggi facilmente (?) acquistabili online. Allorché alla pressione del tasto di fuoco il cosiddetto cannone di Lorentz, senza suoni particolarmente significativi funzionando grazie all’energia pneumatica, scaglia innanzi un sabot di alluminio, che fa da guida per l’estendersi di un lungo filo. Che persiste nelle proprie vibrazioni una frazione di secondo ancora, finché all’impatto col bersaglio, esso diverrà il binario momentaneo di un flusso di corrente superiore agli 800.000 volts, sufficiente a garantirne l’istantanea vaporizzazione. Assieme, s’intende, a (quasi) qualsiasi cosa dovesse trovarsi nelle immediate vicinanze di quel punto d’interesse finale…

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Inseguitore di tempeste scopre nuovo fenomeno atmosferico in Kansas

Luminosi punti di riferimento nel cielo notturno, gli spiriti divini appaiono e scompaiono a comando, mentre tentano di prevalere sul consorzio dei dominatori del cosmo. Mentre umile spettatore di tutto questo, l’uomo può soltanto volgere lo sguardo in alto, assistere e se propenso, tentare ipotesi in materia. Umile… Timido, dimesso, atterrito? Qualche volta, ma non sempre (forse, un tempo) e certamente non nel caso di Pecos Hank, uno dei più famosi praticanti di YouTube di quell’approccio che ogni anno, al cominciare del periodo centro-americano stagionale in cui s’inseguono tornado, supercelle e altre caotiche battaglie della meteorologia, si mettono al volante e iniziano a viaggiare, telecamera al seguito, per documentare a vantaggio d’ognuno la furia incontenibile della natura. Ecco, dunque, un qualche cosa di profondamente diverso. Il nostro amico divulgatore si trovava infatti lo scorso 4 giugno verso gli estremi confini settentrionali del grande Texas, durante lo svolgersi di una delle sue missioni di ricerca, quando ha scorto sulla distanza il formarsi di un vasto sistema temporalesco. Volgendo lo sguardo e l’obiettivo ad est, quindi, verso il punto in cui la mappa degli Stati nordamericani vede soltanto una sottile striscia d’Oklahoma dividere “il Gigante” dal luogo in cui Dorothy trovò le scarpette rosse nell’opera letteraria di L. Frank Baum “Il Mago di Oz”, ottenne proprio quello che tanto lungamente, aveva desiderato: l’occasione di riprendere in alta definizione il verificarsi del particolare accumulo di plasma nella troposfera noto come spettro rosso, capace di presentarsi come netta sagoma di una serie di enormi figure vagamente antropomorfe al di sopra delle nubi del temporale. Una contingenza, questa, in realtà ampiamente documentata fin dal 1989 grazie a scienziati dell’Università del Minnesota, mentre lo stesso non può essere detto per quello che avrebbe seguito subito dopo.
“Riuscite a vederlo? Aguzzate lo sguardo. È come una sorta di bagliore verde scuro…” Afferma il popolare personaggio del Web, prima di assisterci con un fermo immagine e la più opportuna zoomata immaginabile a tale scopo. Qualcuno nei commenti consiglia anche di alzare la luminosità del monitor. Finché sotto gli occhi di tutti, il misterioso fantasma atmosferico indubbiamente appare. Ora, l’ultra-razionale Mr. Hank non tenta affatto di dargli un nome, né si lancia in entusiastiche tirate sulla natura inusitata di quanto apparso dinnanzi a due attente pupille ed al tempo stesso, l’oggettivo sensore della videocamera facente parte della sua dotazione. Mentre la sua reazione consiste, essenzialmente, nel chiedere riscontro ad altri praticanti della stessa scienza largamente empirica, del produrre vagheggianti ipotesi online. Alcune delle quali, tanto per cambiare, capaci di veicolare notevoli fattori d’interesse…

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La felce che fiorisce dove il fulmine colpisce

Sotto ogni singolo punto di vista concepibile, manca al mondo una ragione valida per mettersi a smontare i forni a microonde. Poiché all’interno c’è un condensatore, il cui potere è accumulare e trattenere l’energia. Per poi scatenarla tutta assieme, anche se l’hai scollegato dalla rete elettrica, con una forza sufficiente a fare fuori una persona o due, anche a molte ore di distanza. Soltanto un pazzo, dunque, potrebbe pensare d’imitare un tale esperimento. Ma negli occhi vividi dello scienziato e dell’artista, non c’è nessuna cosa non bella. Il folto pelo della natura, le sue orecchie a punta con gli artigli da gatto e la coda sinuosa e serpeggiante, che si appoggia alle caviglie delle cause pretendendo la carezza dell’analisi efficace. Ed è proprio in questo miagolante gatto, nel cui verso c’è la pioggia o il rombo delle cascate, il fruscio dei raggi cosmici e la musica del cosmo dei pianeti, che alberga l’armonia perfettamente intatta di un fondamentale senso d’equilibrio. Persino quando sfodera gli artigli, per punire l’ospite che si è preso troppa confidenza nella stanza del padrone dei divertimenti. È un po’ questo il senso ultimo dei temporali, a ben pensarci, per cui accade che talvolta l’elettricità si accumuli all’interno di una nube. Fino al raggiungimento di un potenziale talmente elevato, da doversi scaricare verso il singolo oggetto più elevato nel bel mezzo oppure ai margini di una radura. E fu così che qualche volta, un tale oggetto era costituito dalle spalle o dalla testa di una singola persona. “Illuminato da Zeus” lo chiamavano un tempo “Fortunato per definizione.” per poi aggiungere “La sua sopravvivenza è un ricettacolo ricolmo di presagi.” Il che naturalmente, non aveva alcun riscontro tra i fenomeni osservabili coi nostri stessi occhi. Nossignore, più che altro, essere colpiti è un’esperienza sconvolgente. Che scombussola i tessuti, infrange le pareti cellulari, scuote le ossa e aumenta la temperatura, fino ad ustionare gli organi causando un mare di dolore. Ma c’è una chiave di lettura, come dicevamo, che riesce a ritrovare addirittura in questo, il nesso e la ragione. E fu così notato, fin dai tempi antichi, che le vittime dei fulmini talvolta riportavano disegni sopra il corpo. Simili ad un tatuaggio rituale, di talune culture d’isole remote, concepito per raffigurare gli elementi o le creature, al fine di carpirne la potenza innata in qualche impercettibile maniera. O per essere specifici, figure vegetali e ramificazioni.
Perciò sapete che vi dico? Si può fare, in teoria. Col che intendo che vi sono alcune classi di persone, particolarmente immuni la senso universale della ragionevolezza, che quel forno orribilmente pericoloso l’hanno smontato. E con un filo avvolto nel nastro isolante, ne hanno veicolato il potenziale su di un pezzo di legno, materiale in nessun modo conduttivo, con una potenza tale da renderlo, alla fine, luminoso. Col che non intendo che abbia preso fuoco (benché talvolta, succeda proprio quello) ma che l’energia termica che si accompagna all’elettricità ha iniziato a diffondersi su questa superficie, in maniera all’apparenza totalmente casuale. Rispettando unicamente due leggi: seguire la strada di minore resistenza, ed evitare lo spazio già occupato da cariche che abbiano la stessa polarità. Il che, in soldoni, ha portato al formarsi di un debole alone attorno al punto di contatto, dalla carica del tutto negativa, da cui s’irradiano una serie di rami serpeggianti, tracciati dal passaggio della fuga di più intensi, e rapidi, conglomerati di protoni. Che è poi la stessa cosa che succede sulla pelle di chi incontra il fulmine celeste senza una colpa, e ricevendo il tocco del suo marchio, riporta il danno delle sfortunate circostanze. Ma guardiamo la questione da principio, ovvero con lo sguardo di colui che l’ha scoperta, finendo poi per dargli il proprio nome: tedesco, scienziato, saggista, anglofilo, Georg Christoph Lichtenberg, insegnante di fisica all’università di Göttingen a partire dal 1769. Famoso per la sua idea, all’epoca del tutto nuovo, di far accompagnare le sue spiegazioni a vari tipi d’esperimenti e dimostrazioni pratiche, tramite l’impiego di strumenti scientifici di vario tipo. Tra cui ce n’era uno chiamato l’elettroforo, che egli amava particolarmente, costituito da un disco metallico sospeso del diametro di circa due metri, attaccato a una carrucola. Sotto il quale, trovava posto un’altro in materiale dielettrico (isolante) come cera o resina che qualcuno, presumibilmente uno studente, veniva chiamato a strofinare con un panno generando l’elettricità statica. Al che lui, manovrando il meccanismo, avvicinava il piatto sovrastante per permettergli di caricarsi. E poi, toccandolo semplicemente con un dito, faceva continuare in se la corsa dei protoni. Intrappolando nel metallo una carica di certo non letale, ma bastante per effettuare una singola, essenziale prova…

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