Il tiro più difficile nella storia del frisbee golf

Disc Golf Albatross

È successo lo scorso 11 giugno durante il torneo nazionale del Beaver State Fling, un evento dell’Oregon ufficialmente sancito dalla federazione della PDGA, ovvero la Professional Disc Golf Association (da non confondere con la più famosa PGA, dove per l’appunto manca il DISC). Si è trattato di uno di quei momenti, più rari di una congiunzione astrale, in cui il gesto di un singolo praticante riesce a scuotere le fondamenta stesse del suo sport. Sarà stato fortunato? Puoi scommetterci: non vedeva neanche la “buca”. Ma quanti al suo posto sarebbero riusciti anche soltanto a porre le basi di un simile trionfo? Pochi, pochissimi…
Basket e baseball soprattutto, football americano, hockey, qualche volta addirittura, Calcio: il particolare segmento della seguitissima Tv sportiva americana ESPN dedicato alle “migliori 10 giocate della settimana” è tanto eclettico quanto la propensione degli abitanti d’Oltreoceano ad appassionarsi con enfasi alle attività di squadra più diverse, specie comparativamente alla maggior parte dei paesi europei, dove in genere c’è un solo tipo di pallone che sovrasta tutti gli altri. Ciò che invece latita, in tali supremi momenti d’intrattenimento, è in genere il momento dei trionfi personali sul campo verde con 18 buche, ove molto spesso gli sportivi si guadagnano somme considerevoli offerte dagli stessi organizzatori, proprio perché in tali ambiti gli sponsor giocano un ruolo comparativamente meno significativo, e l’interesse del pubblico generalista risulta, purtroppo, inferiore. Di conseguenza, quando capita che una giocata di questo sport diventi parte della carrellata in questione, si può contare sul fatto che essa sia, in più di una singola maniera: A – sportivamente ineccepibile B – facilmente spettacolare, anche per chi non dovesse conoscere i tecnicismi del settore. Ma ora, prendete coscienza di quanto segue: l’altro giorno, con estrema sorpresa forse degli stessi montatori del programma, nell’albo d’oro dei partecipanti è entrato a far parte Philo Brathwaite, abilissimo praticante di quello che internazionalmente viene definito il Disc Golf. Uno sport fantastico ma quasi sconosciuto fuori dall’America, che viene spesso giocato nei parchi pubblici e consiste nel giungere a colpire nel minor numero possibili di lanci un bersaglio apposito, mediante l’utilizzo di un numero variabile di frisbee ad alte prestazioni. Un qualcosa, insomma, di ben lontano dal senso comune del tradizionalismo di settore, e che molti videogiocatori italiani avranno forse conosciuto, a loro tempo, tramite la buffa interpretazione di Nintendo per Wii Sports Resort. E che ora, certamente, si guadagnerà dei nuovi estimatori, grazie a un tiro che è stato…Beh, giudicate voi!
Il video, disponibile anche online, inizia con l’ormai irrinunciabile carrellata della buca via drone, la quale pur creando un iniziale vago senso di spiazzamento, risulta valida a rendere palesi le distanze di cui stiamo parlando: 850 piedi, ovvero poco meno di 260 metri. Si tratta dunque, per utilizzare la terminologia del golf per così dire “normale”, di un Par 5, ovvero un luogo in cui far buca in un solo colpo non sarebbe soltanto improbabile, ma umanamente fuori da ogni probabilità. Ed infatti, non è questo il successo conseguito da Brathwaite, che con il primo lancio del suo frisbee giunge un poco oltre la metà del campo, e si prepara per il suo secondo tiro d’avvicinamento, che dovrà superare la curva a sinistra del fairway per giungere nell’area generale del traguardo. Egli giudica le distanze dunque, prende la mira ed effettua un lancio attentamente calibrato. Ciò che segue, sfida l’immaginazione: il disco vola prima verso destra, evitando gli alberi, poi di nuovo a sinistra sfiorando le alte fronde, per dirigersi come un missile a ricerca termica diritto nella cesta con catene, che costituisce per chi non lo sapesse il bersaglio ultimo delle attuali buche professionistiche di frisbee golf. Con un gran fragore metallico, l’attrezzo arresta la sua corsa. Il pubblico di circa una decina di persone, basìto, tace. Per uno, due secondi. Quasi tre. Quindi, spontaneamente, erutta in scrosci d’applausi e congratulazioni con il vento, le nubi, la fisica stessa della natura. Nel momento in cui lo sportivo supera la curva del boschetto, sorridendo perché ha già compreso quello che è successo, egli è diventato, a tutti gli effetti, un eroe.

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Nodi che districano le fiamme giapponesi

Pompiere corda

In questa dimostrazione del dipartimento dei vigili del fuoco di Kasuya-Hokubu, presso la città di Koga, prende forma un tipo di spettacolo drammatico e ammaliante: quello di una serie di corde, non così diverse da un moderno e tecnologico guinzaglio per cani, qui trasformate in cobra ammaestrati, così eccezionalmente obbedienti e sibilanti di purezza d’intenzioni. Senza nessun tipo di veleno, né occulta zanna pronta per ghermire. Con le fibre intessute, piuttosto, del fluido salvifico che ha nome Competenza. Rapidamente piegate, intrecciate, manipolate dai protagonisti eroici della situazione pregna. Che è rapida, come la scena culmine di un film hollywoodiano. È corroborata dal maestoso magnetismo tipico dell’animazione giapponese. È magistrale nelle conseguenze. È difficile da accantonare nei recessi polverosi della memoria!
Ha inizio con l’arrivo simulato presso il luogo del disastro divampante: i gelidi pompieri, con già il caratteristico caschetto bianco e la vistosa tuta arancione, si bardano freneticamente con la compatta bombola d’ossigeno e la maschera per respirare. Quindi, senza un attimo di esitazione, l’uno lega l’altro, all’altezza delle sue caviglie. Tale espediente, assai probabilmente, sarebbe utile nel caso in cui le fiamme stessero per sopraffare il collega: circondato da ogni lato dall’eterno nemico dell’umanità incauta, costui, potrebbe ancora contare sul suo valido alleato, pronto a tirarlo fuori da ogni tipo di pertugio. È un crescendo questo rutilante show, accompagnato, per il nostro beneficio, dalle note di un’azzeccata e ritmica colonna sonora: il primo componente dinamico duo, superata la ragionevole approssimazione di un condotto dell’aria condizionata, trova un terzo membro della sua brigata. Egli è disteso a terra in modo stranamente composto, ormai privo delle forze necessarie per fuggire. Niente paura! In un secondo, pressapoco, la corda magica lo avvolge e lo avviluppa, poco prima che lui venga trascinato fuori. Sembra il coniglio di un prestigiatore. Inizia giusto allora la prima strofa della canzone, epica e spontanea quanto certi componimenti dei fulgenti anni ’80.
Il seguito, a vedersi, sembra quasi un videogame: scivolamenti al fulmicotone verso l’orizzonte, usando delle zipline tese sul supremo giro del secondo; arrampicate lungo pareti verticali, con ferito al seguito, perfettamente insalamato dal fibroso filo conduttore; balzi e scivolate degni del migliore tipo di parkour. Il video crea un interessante tipo di associazione procedurale, piuttosto trascurata, fino ad ora. Quella relativa all’arte di creare nodi, in caso d’occorrenza, con le chi ha il compito di liberare i prigionieri delle gravi circostanze. Così. Dopo il marinaio, dopo il montanaro, ecco profilarsi un altro fuoriclasse delle corde: il pompiere. In Giappone, giustamente. Dove fin dall’epoca dei Tokugawa (1603-1868) il campo del soccorso urbano è stato considerato tra le poche alternative valide, nonché parimenti meritorie, alla pericolosa percorrenza della via del samurai. Che era sempre pronto a perdere la sua battaglia con la morte, in ogni arroventato giorno della sua missione di vita. Proprio per questo sempre inevitabilmente vittorioso, nello schema confuciano delle cose.

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