Il parere dei ciclisti di Amsterdam sui due nuovi parcheggi subacquei della capitale

La praticità situazionale del principale veicolo a due ruote spinto dalla propulsione muscolare tende ad essere generalmente sottovalutata, nella maggior parte delle città e nazioni di buona parte del mondo. Ciò per l’effettiva necessità di caratteristiche infrastrutturali imprescindibili, quali una precisa disposizione delle strade, l’assenza dei dislivelli evitabili e soprattutto, l’abitudine degli automobilisti a distogliere lo sguardo da ogni utilizzatore della strada che utilizza meno di un’intera corsia. Non così, come sappiamo molto bene, l’Olanda, benché si tratti di una contingenza motivata in larga parte da fattori di contesto, quali la dislocazione in pianura dei propri più celebri centri urbani, oltre alla loro relativa piccolezza in termini d’estensione, tale da garantire l’appropriata possibilità di giungere a ogni angolo mediante l’uso della propria pedalata nel giro di una ragionevole quantità di minuti. Il che conduce al tipo d’idillio in termini teorici, di una città del tutto priva di chiassoso traffico, ingorghi inquinanti e spazi dedicato all’uso esclusivo degli automobilisti, rendendo la deambulazione priva di veicoli esponenzialmente più complicata. Chiunque creda che un simile stile dei trasporti personali sia del tutto privo di problematiche implicazioni, tuttavia, non si è ancora trovato a considerare come persino la migliore delle cose, in quantità eccessiva, possa tendere a creare situazioni imprevedibili, talvolta all’origine di un calo drastico della qualità e il decoro della nostra comunitaria esistenza. Vedi l’affollamento alla rinfusa, caotico e disordinato, del tipico parcheggio ciclistico di questi luoghi, una distesa a cielo aperto dove rastrelliere senza fine vedono il formale susseguirsi di una quantità impossibile da contare di biciclette, tra l’occasionale mucchi di rottami e l’accumulo di sporcizia che tende inevitabilmente a conseguirne. Particolarmente, come spesso capita, in prossimità del centro cittadino e la storica Centraal station di Amsterdam, progettata nel 1889 dall’architetto Pierre Cuypers con il fine dichiarato di ricordare vagamente una cattedrale. Struttura magnifica il cui necessario ma sgradito contrappunto è stato, per gli ultimi 22 anni, il cosiddetto fietsflat, una struttura di tre piani sopra il margine del fronte-IJ, bacino/lago artificiale che si trova innanzi alla rinomata capitale olandese. Una soluzione, oggettivamente antiestetica, proposta inizialmente come temporanea e che doveva durare soltanto fino al 2004, finché non ci si rese conto che le alternative non erano ancora in alcun modo pronte all’implementazione, né risultava possibile tornare allo stato dei fatti precedenti, di una sostanziale anarchia in cui i velocipedi si affollavano attorno a ogni lampione, cartello o altro arredo cittadino delle immediate vicinanze. Da qui l’idea, messa in opera nel corso degli ultimi 4 anni, per la costruzione di una nuova serie di due aree adibite allo stesso utilizzo, nella prima fase appena completata, dotate di un totale di spazi per la sosta pari a 11.000 di questi versatili mezzi di trasporto, sfruttando spazi che nessuno in città avrebbe mai pensato neppure di avere. Fino all’inaugurazione, tenutasi verso la fine dello scorso gennaio, del notevole Fietsenstalling Stationsplein (letteralmente “Stalla per Biciclette nella Piazza della Stazione”) opera dello studio architettonico Wurck con i suoi 4.000 posti a disposizione, un intrigante sotterraneo ricavato dalla fondale dello stesso specchio riflettente dello IJ, preventivamente drenato e scavato in profondità, prima di essere attentamente incapsulato tramite l’impiego di mura a rigorosa ed auspicabile tenuta stagna. Operazione progettuale ampiamente trattata a suo tempo dai telegiornali e notiziari di mezzo mondo (quando mai si era visto nulla di simile?) laddove l’altrettanto significativa controparte situata sul confine esterno dello IJboulevard, aperta soltanto a partire dall’altro ieri, non parrebbe aver suscitato lo stesso livello d’interesse internazionale. Quale migliore occasione dunque, per visitare virtualmente questi due luoghi, valutando l’opinione che parrebbero averne i loro principali utilizzatori futuri…

L’utilizzo di metodologie avanzate per l’instradamento ed utilizzo dell’acqua è sempre stato al centro dei progetti infrastrutturali di Amsterdam, spesso utilizzati come biglietto da visita tra i maggiori punti forti del paese. Qualcosa della precisa natura e sulla scala dei due nuovi parcheggi subacquei per biciclette, tuttavia, non era mai stato tentato prima.

Una sensazione dunque di sollievo, quella esternata in apertura al video sopra riportato del famoso canale olandese di YouTube “Notjustbikes”, il cui titolare si è occupato lungamente di far conoscere le notevoli soluzioni stradali e di viabilità del suo paese unico al mondo. Soprattutto per l’assenza finalmente di alcun tipo di cantiere nella zona della Centraal Station, dopo i lunghi anni durante cui il desiderabile idillio di quest’area era stato soltanto un remoto miraggio, tra il suono roboante delle ruspe ed i sistemi di dragaggio, impiegati in modo pressoché incessante al fine di giustificare gli oltre 50 milioni di euro investiti dall’amministrazione cittadina per l’implementazione dei nuovi parcheggi. Un proposito alquanto difficile da immaginare, se vogliamo partire dal nostro punto di vista, finché non si comprende fino a che punto simili risorse siano caratterizzanti e necessarie per massimizzare la vivibilità di una città come Amsterdam, dove la maggior parte degli abitanti si spostano sulle due ruote prima di salire a bordo di un treno, e alternativamente sono inclini a noleggiare un mezzo analogo una volta giunti all’altro limite dei binari. Ecco dunque la notevole funzione secondaria di tutte le fietsenstallingen che si rispettano, inclusa quelle della Centraal Station, come piattaforma per il servizio per lo stoccaggio e ricarica delle OV Fiets, biciclette dalla pedalata assistita per lo più proposte ai turisti in visita di ciascuna meta popolare tra i siti più densamente popolati del paese. Così come avviene anche nel secondo parcheggio sull’IJboulevard coi suoi addizionali 5.000 posti, comparativamente posto presso il retro del suddetto scalo ferroviario, all’interno di un appagante edificio lungo-lago che ne segue anche la naturale curva facente parte del paesaggio naturale. Creato in questo caso dalla VenhoevenCS in collaborazione con Blankevoort, posizionando una letterale piattaforma galleggiante sul confine tra terra e mare, entro la quale sono state disposte le ampie aree dedicate al parcheggio e prelievo di veicoli da parte dei ciclisti locali. Con strutture e servizi comparabili a quelle dello Stationsplein, incluso il sistema d’ordinanza per il sollevamento meccanico dei mezzi di trasporto su un livello sovrapposto a quello del terreno, soluzione inerentemente inadatta agli esemplari dotati di grossi cestini o le diffuse bakfiets, tipiche biciclette con pianale da trasporto diffuse in tutti i Paesi Bassi. Il che non pare tuttavia essere un significativo problema, ancorché venga fatto notare nella maggior parte delle recensioni pubblicate dal pubblico di Internet in relazione ai nuovi spazi cittadini. Tutti al tempo stesso concordi nel restare, al tempo stesso, sinceramente colpiti dall’eleganza degli spazi accuratamente organizzati ed illuminati, in modo tale da assomigliare ad un set cinematografico di Odissea nello Spazio o Star Trek, così da suscitare un istintivo senso di rispetto e appropriatezza dei comportamenti, particolarmente nel parcheggio principale decorato con mappe di Amsterdam formate da singoli “pixel” fotografici, in realtà singole fotografie scattate in giro per la città. E gli oculi luminescenti sul soffitto, creati per imitare in modo convincente una splendente luce del cielo limpido che nei fatti, risulta essere piuttosto raro nella parte settentrionale d’Europa…

Il tradizionale fietsflat di fronte alla stazione, per quanto funzionale allo scopo, è stato lungamente problematico dal punto di vista estetico ma soprattutto, insufficiente alle necessità di una popolazione in constante crescita, fino all’affollamento caotico dei nostri giorni. Nuove soluzioni, presto o tardi, avrebbero dovuto trovare modo di essere implementate.

Ulteriore ed importante fattore di distinzione tra i due nuovi parcheggi risulta essere, al tempo stesso, la modalità con cui gli utilizzatori sono chiamati a raggiungerne i locali sotterranei. In assenza della possibilità, severamente vietata in tutto il paese a partire dal verificarsi di alcuni gravi incidenti, di pedalare direttamente fino ai locali interrati, dovendo piuttosto utilizzare delle rampe pedonali dove accompagnare il mezzo spingendolo innanzi. E farlo di nuovo in salita, al termine del proprio periodo di sosta. Un approccio da affrontare con metodi tradizionali presso l’IJboulevard piuttosto che essere agevolato, come nel caso dello Stationsplein, da un pratico sistema di tapis roulant obliquo, coscienziosamente fornito di numerosi avvisi vocali all’inizio e al termine del suo tragitto. Un’attenzione forse eccessiva alla sua sicurezza d’impiego, cionondimeno pienamente giustificata una volta che si giunge a considerare l’elevato volume di traffico che si è già trovato a sostenere. Verso la trasformazione in una sorta d’eclettica attrazione locale, forse tra le più inaspettate ed insolite, e perciò così straordinariamente utile a dimostrare le più singolari caratteristiche di questa notevole metropoli in miniatura. Che gli olandesi chiamano talvolta la propria Disneyland, visto l’evidente impegno a più livelli per configurarsi come un perfetta attrazione su scala globale. Senza perdere mai davvero, nonostante tutto, lo spirito che scorre all’interno delle sue piste ciclabili e gli antistanti canali. Arterie di collegamento cui dovrebbero idealmente corrispondere una quantità equivalente di organi finalizzati a mantenere l’organismo che ne consegue. E forse oggi, più che in precedenza, iniziano effettivamente a emergere nel piano regolatore ed il respiro di una siffatta entità metropolitana.

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