L’approdo abitativo di un palazzo sospeso tra la terra e il mare d’Olanda

Quasi tutte le città del mondo hanno un carattere distintivo e non ci sono particolari dubbi su quale possa essere quello maggiormente attribuibile alla capitale olandese di Amsterdam, un luogo in cui le acque parzialmente salmastre dei canali entrano a far parte dello schema urbanistico vigente, a punto da influenzare e modificare il concetto stesso di un sostrato abitativo condiviso. Così che la tipica casa locale, alta e stretta, assume talvolta le proporzioni di una torre magica con scale anguste che si avvolgono su loro stesse, mentre la facciata pende lievemente in avanti, permettendo agli abitanti dell’ultimo piano di estendere il caratteristico gancio, utile a sollevare carichi da barche o chiatte nel punto d’approdo antistante. Me se le imbarcazioni in questione, sembra chiederci coi gesti l’ultima grande creazione dello studio BIG di Copenaghen, assieme ai locali Barcode Architects con sede a Rotterdam, invece di fermarsi fuori dalle mura proseguirono fino al di sotto di esse ed oltre i confini abitabili dell’edificio? Penetrando, in questo modo, in uno spazio geometrico attentamente calibrato per donare un qualche tipo di significato ulteriore alla particolare contingenza di coloro che si trovano all’interno… Privilegiati, senza dubbio (visto il prezzo di un appartamento) ma anche parte inerente di quel flusso pervasivo che caratterizza ed in qualche modo connota il senso stesso di un simile luogo interessante. Poiché a poco serve, un’arnia, senza il costante ronzio di coloro che vi producono il dorato “miele” all’interno. Dolce quanto l’esistenza di coloro che hanno già deciso, e gli altri che li seguiranno, di entrare a far parte del primo condominio di 442 appartamenti di cui una buona metà posizionati, per qualche piccolo ma significativo metro, oltre il confine calpestabile d’Europa. E sopra il grande lago artificiale noto come IJsselmeer o più brevemente IJ, costruito nel 1932 a partire dalla foce del fiume da cui prende il nome, prima che il mare interno dello Zuiderzee progressivamente drenato e fatto ritirare dalle terre reclamate d’Olanda.
Opere d’ingegneria pubblica e incapsulamento delle risorse idriche anch’esse tanto rappresentative dell’estrema competenza nazionale in materia, così come il vasto polo abitativo costituito da Amsterdam e Rotterdam è diventato, nel corso delle ultime decadi, un punto di riferimento per l’architettura post-modernista dell’intero società globalizzata di cui siamo parte. Per creazioni come questa dello Sluishuis (letter. “il cancello delle acque”) che si erge a partire dalla metà dello scorso anno per 49.000 metri quadri tra la zona di IJburg e il centro cittadino, con l’ulteriore utile apporto di 234 parcheggi sotterranei e 88 posti per le barche tra dimore galleggianti e yacht di varie dimensioni. Ma anche la notevole presenza di estensivi e giardini pensili sui propri tetti, raggiungibili mediante un percorso ascendente affine ad una vera e propria passeggiata panoramica tra il mondo umano e quello dell’iperborea e parzialmente acquatica natura antistante. Qualcosa di raramente visto altrove, e certamente non in questi termini alquanto impossibili da riprodurre nell’assenza di collocazioni paesaggistiche adeguate…

Con una particolare inquadratura dal basso, un traliccio della corrente elettrica si trova ad ergersi nel centro perfetto dello spazio triangolare vuoto disegnato dalle mura sopraelevate dell’edificio. Difficile pensare, oggettivamente, che possa essersi trattato di un mero incidente.

L’edificio dall’impiego prevalentemente abitativo dello Sluishuis rappresenta dunque un’ideale coronamento del processo progettuale elaborato attraverso gli anni dallo studio di Bjarke Ingels, l’architetto teorico del concetto di worldcraft, o approccio integrato dell’architettura idealmente utile a combinare l’artistico con l’ergonomico, la creatività con il pragmatismo. Giungendo in tal senso a rappresentare una possibile opera d’arte abitabile, ancor più di molte altre svettanti e più ingombranti costruzioni provenienti dallo stesso ambiente creativo. Costruito dunque con una preponderante quantità di materiali dall’aspetto vagamente naturalistico, come l’alluminio lasciato grezzo ed il parquet dei terrazzi, l’edificio si propone in qualità di punto fermo paesaggistico per chi rivolge il proprio sguardo al mare, che riesce a riflettere cambiando nel corso della giornata il proprio aspetto complessivo e principale armonia di colori. Senza coprire lo scenario ma piuttosto incorniciandolo, mediante l’utilizzo intelligente del vasto spazio vuoto al centro della propria struttura. Tale da ricordare in modo trasversale una precedente creazione della BIG, la 8 House di Copenaghen, un intero vicinato ad utilizzo misto di 62.000 metri quadri, dislocati in una facciata serpentiforme che s’intreccia e ritorna su se stessa creando due spaziosi cortili interni. E spazi comunitari in abbondanza, atti a favorire l’incontro e confronto tra coloro che utilizzano nel quotidiano i diversi aspetti paralleli della struttura. Senza l’apporto dei negozi e gli uffici situati al piano terra in quel caso, la nuova creazione viene dunque sublimata come un ideale corpus di residenze non propriamente alla portata di tutti, egualmente interessanti siano esse collocate sui “montanti” laterali a ridosso della terra reclamata sulla riva lacustre oppure nella zona del doppio arco a mensola, che getta la sua ombra sulle acque sottostanti delicatamente mosse dal vento. Benché sia importante sottolinearlo, tutte le residenze dall’estensione e prezzo più elevato sono situate in tale punto centrale, potendo beneficiare di un raro quanto insolito elemento architettonico: alcune caratteristiche finestre inclinate in avanti, con vasti muri laterali che ricordano un piano mansardato, collocato in modo speculare all’inverso. Soluzione interessante, senza dubbio, ma pratica? Ai posteri, e acquirenti, l’elaborazione di un giudizio finale. Altri aspetti, nel frattempo, risultano più convenzionalmente pratici e atti a incrementare la vivibilità dell’edificio, come gli ampi foyer dotati di magazzini accessibili digitalmente per ciascun lotto, al fine di effettuare le consegne postali anche in assenza dei proprietari. Degna di nota anche l’inclusione di una significativa quantità di pannelli solari sul tetto dell’edificio, inziando un trend continuato anche presso l’apposita isola galleggiante antistante, giungendo a generare una quantità di energia elettrica superiore a quella consumata dai suoi occupanti, con un coefficiente EPC (Energy Performance Contract) di 0.00. Altre zone di terra artificiale nelle immediate vicinanze acquatiche dell’IJ, nel frattempo, forniscono amenità di vario tipo alla comunità del condominio, tra cui locali turistici, zone d’accoglienza ed anche una scuola di vela e un santuario per gli uccelli. Dal cui decollo ed agile passaggio, facilmente osservabile attraverso le finestre e parapetti trasparenti delle residenze, costituisce un ottimo strumento per agevolare l’elaborazione fantastica di nuove idee.

Una finestra inclinata in avanti dopo tutto non è che la riproposizione in chiave moderna della tipica parete domestica delle grachtenpand. Anche se portata ad evolversi, se vogliamo, fino alle sue più estreme conseguenze.

Edifici che tentano di fuoriuscire dagli schemi quasi imposti della logica ultra-razionalista dei tempi moderni, al giorno d’oggi, non sono particolarmente rari nella parte settentrionale d’Europa. Dove sembra che l’analisi ed introspezione concepite per la prima volta grazie all’invenzione della psicanalisi abbiano portato, con il proseguire e successivamente al concludersi dell’ultimo secolo, ad un principio espressivo capace di riflettersi non soltanto nelle opere dell’uomo in quanto tali, ma anche tramite il suo particolare rapporto con l’ambiente e la natura stessa. Per cui quello che a molti potrebbe sembrare una forzatura dei principi generativi, effettivamente leggiadro soltanto quando osservato dall’angolazione che lo fa rassomigliare alla prua di una sorta di vascello fantastico sospeso sui confini d’Olanda, per altri riuscirà a manifestare tutta la sua forza espressiva al primo e più sfuggente degli sguardi. E dopo tutto va anche bene così: per gli altri, di certo, non mancheranno soluzioni altrettanto valide e decisamente più a buon mercato. Poiché la condivisione di taluni spazi o servizi non deve necessariamente implicare l’appiattimento delle reciproche visioni del mondo. Né la rigida ed invalicabile chiusura, nei confronti delle acque che lambiscono le rive dello sconfinato mare dell’immaginazione.

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