Ma le anatre meccaniche digeriscono il grano ad orologeria?

Nella versione alternativa della Rivoluzione Francese presentata all’interno del recente videogame Steelrising l’assemblea degli Stati Generali riunitasi per la prima volta nel 1789 sarebbe stata il primo capitolo di un incubo di proporzioni inusitate. In una Parigi devastata dalle sommosse e ribellioni, con barricate ad ogni incrocio e la stragrande maggioranza dei cittadini rifugiatisi all’interno delle proprie abitazioni, creature mostruose soltanto in parte antropomorfe avrebbero vagato per le strade, in un vortice di archibugi, elettriche scintille e lame insanguinate. Frutto dell’unione sacrilega con le anime dei morti intrappolate dal sortilegio di una figura storica vicina al Re di Francia (probabilmente conoscete il nome di quell’occultista) le macchine pensanti di Jacques de Vaucanson hanno preso vita e sono in cerca di soddisfazione. È lo scenario del metallo che sovrasta ogni cosa, tanto spesso presentato come l’alba delle macchine, oppure la spietata rivincita di Prometeo. Ma ciò che resta forse maggiormente impresso al giocatore, al termine della disordinata e qualche volta confusionaria avventura vissuta nei panni di uno di questi stessi essere, potrebbe individuato nella sfida finale al centro di tutto questo: il vorace demone di forma vagamente aviaria, le piume della coda a dipanarsi come quelle di un ventaglio, le ali spalancate che si aprono e richiudono ritmicamente. La versione sovradimensionata di un qualcosa di altrettanto a suo agio nei laghetti della reggia di Versailles, ovvero quella che la gente chiama anatra, quando è intenta a lanciargli il pane. Fantasia? Strana iniziativa dei progettisti? Ulteriore ed ancor più curiosa reinterpretazione della Storia? Forse, in parte. Ma anche un valido riferimento a ciò che fu il più grande capolavoro di una figura effettivamente vissuta. La più perfetta rappresentazione di una serie di processi biologici mai realizzata fino a quel momento. Parlando della quale lo stesso Voltaire avrebbe scritto, non senza un certo grado d’ironia: “Tutte le grandi conquiste della Francia potrebbero oggi essere state dimenticate. Se non fosse stato per l’anatra che defeca.”
Notevole, nevvero? Stiamo dopotutto parlando di una di quelle figure di grande ingegneri e costruttori di meccanismi, per lungo tempo ignorati durante la propria vita e all’improvviso diventati popolari in epoca Barocca, quando il frutto del loro lavoro iniziò ad attirare l’attenzione dei ricchi e dei potenti, diventando il fondamento di un particolare tipo d’intrattenimento: essere soavemente, profondamente meravigliati. Così come avrebbe potuto permettergli di ritrovarsi questo decimo figlio di un fabbricante di guanti di Lione, che avendo vissuto in un prevedibile stato di relativa indigenza i primi anni della propria vita a partire dal 1709, cominciò ben presto ad essere istruito per vestire il saio sotto l’egida salvifica di Madre Chiesa. Il che avrebbe incluso, in base agli aneddoti narrati in alcune delle sue discordanti biografie redatte a posteriori, la visita reiterata alla parrocchia di riferimento mentre la madre provvedeva a confessare i suoi peccati, con conseguente lunga attesa sui genuflessori di quell’imponente edificio. Tempo perso per chiunque, forse, ma non lui, che lo trascorse studiando attentamente il funzionamento di un grande orologio esposto per la convenienza dei fedeli, che ad un certo punto sarebbe stato in grado di riprodurre con le proprie stesse mani, da assoluto autodidatta, all’interno della propria casa. Non poteva avere, all’epoca, più di 10 anni e suo padre era già morto da tre. Entrambe validi ragioni, secondo la mentalità dell’epoca, per accelerare la sua marcia educativa verso il convento…

Sopra: l’anatra digerente di Sten Wannet del 2008 è una possibile ricostruzione contemporanea dell’originale automa andato perduto, con modalità di funzionamento particolarmente sinistre ed inquietanti. Difficilmente una creatura tanto orribile avrebbe potuto affascinare un monarca… Ma non si sa mai.

Questo flautista meccanico del XIX secolo, opera del fabbricante parigino A. Theroude, potrebbe avere un funzionamento simile a quello di Vaucanson. Di cui conosciamo le specifiche, grazie alla presentazione che ne fece presso l’Académie des Sciences, inclusive di “guanti di pelle” e una quantità di tubi sufficienti a suonare 12 diverse melodie.

Non è riportato l’anno preciso in cui Vaucanson venne ammesso come novizio all’interno dell’ordine caritatevole dei Minimi, ordine religioso maschile dedito alla carità, mentre ancora una volta i cronisti si dilungano sulle vicende eccezionali della sue ormai note capacità meccaniche. Quando punito dagli insegnanti per il tempo trascorso ad armeggiare con un modellino autoprodotto di barchetta ad orologeria, venne rinchiuso per diversi giorni all’interno di una cella del convento. Soltanto per emergerne assieme a un blocco di disegni e progetti dalla straordinaria complessità, tali da rivaleggiare per assurdo l’opera pregressa di un genio del Rinascimento. Così da attrarre, a quanto pare, l’attenzione dell’insegnante di matematica, che l’avrebbe protetto e guidato per il resto della sua esperienza scolastica come futuro iniziato. Ma le ragioni di attrito con l’ordine a quel punto non erano ancora finite se è vero che nel 1727, all’età di soli 18 anni e sfruttando le ore libere ed indipendenza intellettuale che si era guadagnato, costruì di sua iniziativa degli androidi capaci di sparecchiare la tavola di alcuni superiori in visita presso il convento, suscitando un’istantanea reazione di orrore e l’accusa di inclinazioni profane: “Tu non copierai l’opera di Dio!” Fu il duro rimprovero nei suoi confronti. Ed il primo laboratorio della sua carriera venne prima sequestrato, poi distrutto.
Fu probabilmente questo l’episodio che più di ogni altro risvegliò Vaucanson dalle proprie aspirazioni clericali, portandolo di lì a poco ad abbandonare il saio e ricercare nuove metodologie di sostentamento, sfruttando le notevoli capacità creative di cui era giunto a disporre. Così lo ritroviamo nel 1737, ormai celebre nella sua città di Lione, come l’autore di tre fantastici ed apprezzatissimi automi: il suonatore di flauto traverso, quello di tamburo e galoubet (strumento a fiato tipico della Provenza) e la sopracitata, magnifica anatra defecatrice. Dovete considerare a tal proposito come all’apice della passione collettiva per le meraviglie meccaniche durante gli anni dell’Illuminismo, l’occasione di vederli all’opera non era più soltanto un esclusivo appannaggio della classe privilegiata. Giacché esisteva la possibilità per tutti o quasi, dietro il pagamento di un ragionevole biglietto d’ingresso, di recarsi ad assistervi nel corso di speciali spettacoli itineranti, una forma di divulgazione dell’elevato grado meccanico raggiunto dalla tecnologia umana. E fu così che l’opera del genio di Lione, in breve tempo, divenne straordinariamente celebre, non tanto per le sue due figure antropomorfe di musici (comunque entrambe riciclate più volte nel videogame Steelrising come fastidiossisimi nemici) quanto per l’inusitato uccello, frutto di ambizioni ingegneristiche del tutto prive di precedenti. Narrano le cronache infatti, poiché il grosso delle opere di Vaucanson sarebbero andate ahimé perdute, che la leggendaria canard fosse non solo capace di muovere il collo e le ali, ma anche prendere il grano con il becco e trangugiarlo in maniera assolutamente realistica, per poi provvedere a digerirlo all’interno di una presunta “fabbrica chimica” e provvedere ad espellerlo pochi minuti dopo dall’ano. Ecco, dunque, il più fondamentale processo della vita riprodotto per il pubblico ludibrio! Ormai il processo stesso della Creazione, innanzi a uomini come costui, non doveva più conservare alcun segreto. Tale straordinaria opera dotata di un tubo flessibile come intestino, in effetti anch’esso il primo della storia, sarebbe stata quindi basata sulle conoscenze acquisite nei lunghi anni di amicizia con il chirurgo Claude-Nicolas Le Cat, nonché la lunga sofferenza da parte dell’autore della terribile condizione nota come fistola anale. Quasi come se la propria dolorosa incapacità di completare l’opera di processazione del nutrimento avesse, in qualche modo, cementato la sua sacralità nell’intelletto del celebrato artista.

Il tornio di Vaucanson fu probabilmente il suo lascito più duraturo nella storia dell’Ingegneria, anticipando molti processi della fabbricazione industriale di svariate generazioni. Invenzioni come queste potrebbero essere considerate, in effetti, alla base del lungo periodo di prosperità e ricchezza inerentemente derivante dall’epoca dei Lumi.

Caso vuole, ad ogni modo, che lo strepitoso successo del volatile in questione avrebbe diffuso largamente la fama di Vaucanson, permettendogli addirittura di ricevere un invito presso la corte di Re Luigi XV. Era il 1741 quindi, ed aveva solamente 32 anni, quando una simile figura dagli umili natali venne nominata ispettore e sovrintendente alla produzione di tutta la seta di Francia, una mansione che avrebbe dovuto espletare modernizzando i macchinari a disposizione negli opifici nazionali di epoca pre-industriale, che stavano restando indietro rispetto alle innovazioni d’Inghilterra. Il che si sarebbe rivelata una scelta particolarmente oculata, quando il grande meccanico avrebbe introdotto assieme a vari miglioramenti dei processi meccanici il progetto di un tipo di telaio programmabile capace di precorrere quello di Joseph Marie Jacquard di quasi mezzo secolo dopo, universalmente riconosciuto come probabile versione preliminare del concetto di un moderno computer. Oltre a un innovativo tipo di tornio composito completamente di metallo, utilizzabile per un ampio ventaglio di lavorazioni. Opere che non gli sarebbero di certo state d’aiuto successivamente allo scoppio dei disordini e i processi della nobiltà, quando i capi della Rivoluzione lo avrebbero accusato di aver “tolto il lavoro alla povera gente” costringendolo a fuggire da Parigi e scomparire sostanzialmente dalle pagine della Storia.
E per quanto riguarda la sua anatra… Tutti e tre i più famosi automi di Vaucanson erano stati venduti, a quanto pare nel 1743 a proprietari di circhi delle macchine itineranti, con l’uccello in particolare che sarebbe finito per entrare in possesso di un certo Dumolin, che l’avrebbe esibito ancora nel 1783 presso la corte russa di San Pietroburgo. Dopo la morte di costui, quindi, l’automa avrebbe finito per rovinarsi in assenza dell’appropriata manutenzione, o secondo alcuni sarebbe stato addirittura sabotato intenzionalmente. Con una possibile, singola esposizione successiva durante l’esposizione universale parigina del 1844, quando riuscì ad attirare l’attenzione del noto prestigiatore Jean-Eugène Robert-Houdin (l’ispiratore del nome del più famoso Harry Houdini) il quale si prese la briga di dimostrare, in maniera ragionevomente inconfutabile, come l’anatra non avesse effettivamente mai digerito alcunché, bensì piuttosto prodotto dal suo “intestino” del grano già appositamente preparato, per assomigliare il più possibile alle deiezioni biologiche di un animale. Terribile, crudele verità. Del tipo che avrebbe potuto anticipare largamente il suo imprigionamento e conseguente morte all’interno di una cella della Bastiglia, come ipotizzato in modo particolarmente pessimistico nel videogioco Steelrising.

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