L’implacabile vitalità del fico che ha smarrito la direzione del cielo

Il territorio italiano è letteralmente disseminato di risorse archeologiche che in altri luoghi potrebbero giungere a costituire il simbolo di una nazione, semplicemente inserite all’interno di elenchi raramente consultati, restando per lo più sconosciute a chi non abita nelle immediate vicinanze. Una di queste potrebbe essere individuata, senz’altro, nel parco delle terme di Baia, antico sito termale risalente al III secolo d.C, dove figure politiche di rilievo e diversi imperatori di Roma erano soliti recarsi per trascorrere un periodo di vacanza e (possibilmente) meritato relax. Vasto e affascinante, il sito colpisce soprattutto per l’avanzata qualità architettonica di taluni edifici, tra cui l’enorme “tempio” di Mercurio, in realtà un frigidarium ospitante l’accogliente piscina, mantenuta a una temperatura ideale per rinfrescarsi dopo l’immersione nelle acque solforose dei Campi Flegrei. Ciò che in modo atipico ha saputo colpire l’immaginazione del grande pubblico, tuttavia, è la notizia rimbalzata su diversi social network a partire da una decina di anni a questa parte, relativa alla presenza in uno degli edifici annessi al suddetto di una volta a botte, ornata dalla più inimmaginabile creazione pendula del regno vegetale. Quello che potrebbe solamente essere definito, se non sembrasse impossibile, come un albero voltato al contrario. Un Ficus carica a voler prestare maggiore attenzione ai dettagli, della specie non soltanto più comune ma anche resistente alla siccità di tale tipologia di pianta, sebbene qui il rapporto tra le forze in gioco appaia assai diverso dalla convenzione largamente data per acquisita; sul come, esattamente, e perché un tale fenomeno possa aver avuto luogo ad essere la maggior parte degli articolisti non si esprime, e tutto considerato si può ben comprendere la ragione. Siamo innanzi, d’altra parte, ad un qualcosa che non ha termini di paragone al mondo, per lo meno nell’esempio integro e finito offerto nell’eccezionale scenario di un siffatto insediamento. La stessa epoca a cui un tale arbusto atipico può esser fatto risalire resta d’altra parte misteriosa, sebbene sia ragionevole immaginarne una longevità pari almeno alla metà dei 60 anni di durata massima della vita di una di queste piante. Cronologia coerente con i primi scavi di epoca contemporanea risalenti alla metà degli anni ’90, quando pare che l’originale albero, voltato un tempo nella direzione tipica prevista dalla convenzione, sia stato accidentalmente distrutto (come, esattamente, non si sa) portando la sua mente lenta ma del tutto inesorabile a tentare una direzione di crescita diametralmente contraria. Qualcosa di teoricamente possibile, persino documentato, ma eccezionalmente raro in natura…

Le terme di Baia costituiscono uno dei complessi architettonici meglio conservati dell’epoca Imperiale, utilizzati per svariati secoli in maniera quotidiana da probabile migliaia di persone. Eppure, ancora oggi, molti nostri connazionali non conoscono neppure la loro esistenza.

Altrettanto disallineate risultano essere, d’altronde, le condizioni ambientali delle antiche terme romane, situate in un’attuale frazione del comune di Bacoli, poco fuori Napoli. In quella che diversi documentari italiani o stranieri hanno definito a più riprese come l’Atlantide Romana o in alternativa, la Pompei sommersa, in funzione dell’alta percentuale di strade ed edifici, compresa la lussuosa villa e ninfeo dell’Imperatore Claudio, trascinate sott’acqua nel trascorrere dei secoli per l’abbassamento graduale del livello del suolo. Ciò in funzione del fenomeno geologico noto come bradisismo, consistente nel sommovimento del suddetto in forza del flusso magmatico spesso interconnesso alla presenza di un vulcano ancora attivo. E non è perciò impossibile che il suolo straordinariamente fertile donato dal Vesuvio stesso, in qualche modo, abbia donato l’energia necessaria all’albero per compiere la strana acrobazia, unitamente alla necessità determinata dal bisogno di trovare un riparo dai venti sferzanti provenienti dall’antistante Tirreno. L’inversione stessa di una pianta, come dicevamo, è un fenomeno studiato e per il quale risulta determinante la cosiddetta polarità delle radici e dei germogli, uno schema di crescita determinato dalla percezione inerente che hanno i vegetali della direzione del Sole. Benché sia stato dimostrato all’interno degli orti botanici, già in uno studio scientifico di Hermann Vöchting del 1878, come voltando un tronco in fase di crescita sia possibile osservare gradualmente i suoi rami che diventano radici, mentre quelle poste all’aria inizieranno progressivamente a ricoprirsi di foglie e nuove diramazioni. Una visione in apparenza surreale, finché non si considera la significativa resilienza degli organismi vegetali, capaci di ricrescere anche quando ridotti ai minimi termini, grazie alla natura stessa del meristema. Uno strato biologico, estremamente pervasivo, che potremmo ricondurre in modo meramente pratico alle cellule staminali delle forme di vita più simili a noi, e perciò capaci di ritrasformarsi, in base alle necessità, in qualsiasi altra parte specializzata dell’organismo di cui fanno parte, previo funzionamento in senso opposto dello xylema, il tessuto connettivo incaricato di trasportare la linfa dagli stomi delle foglie fino all’interezza residua del vegetale. Il che ha permesso in condizioni controllate e talvolta anche in natura a piante senza alcuna caratteristica particolare di trovarsi sottosopra e continuare, nonostante tutto, a prosperare.
Il valore estetico del fico di Baia, o Bacoli che dir si voglia, non può d’altra parte in alcun modo essere sopravvalutato. Per il significato imprescindibile che varie culture hanno attribuito, attraverso i secoli, ad alberi dotati della stessa apparente caratteristica dominante, tra cui una celebre coppia di salici piangenti a Wilmot negli Stati Uniti, contea di Kenosha (WI) o la celebre foresta invertita della Mendehall Valley in Alaska, creata con abeti ed alberi di cicuta piantati intenzionalmente al contrario e ricoperti di fiori dalla coppia di coltivatori Steve e Cindy Bowhay, per una potenziale analogia con gli arbusti un tempo ritenuti sacri dalla religione animista dei popoli indigenti delle Prime Nazioni. Mentre nelle profondità dell’Africa nera, sin da tempo immemore, lo svettante albero del baobab è stato definito a più riprese come un arbusto “al contrario” per l’accidentale ma notevole somiglianza dei suoi rami a un cluster di radici capace di ricoprirsi di foglie, per una naturale predisposizione a trarre il meglio da una condizione meno che ideale.

Disinteressato e privo di alcuna pressante considerazione di contesto, il mare ha continuato a fare per un tempo immemore quello che gli riesce meglio: inghiottire, sovrastare, erodere la sempiterna memoria dei viventi. Perché solamente la natura in ultima analisi, come ben sappiamo, riesce a sopravvivere a se stessa.

Nella storia dell’iconografia cristiana, d’altra parte, l’abete invertito soprattutto nel periodo di Natale è giunto a possedere un significato riconducibile alla crocifissione, fin dall’epoca remota del Medioevo, mentre per la religione Induista siffatta configurazione sarebbe quella dell’albero del cosmo, non a caso rappresentato come un pipal o Ficus religiosa, forse in seguito all’osservazione di un fenomeno simile a quello del suo distante cugino italiano. Ciò che un antico romano avrebbe potuto individuare da un simile scenario, d’altra parte, non può che configurarsi come una fondamentale sovversione dell’importantissimo Ficus Ruminalis, leggendario albero sotto il quale i due gemelli furono nutriti dalla lupa, prima di ricevere il mandato di fondare l’Urbe per l’avvistamento di un fatale presagio, il passaggio di un avvoltoio sopra le acque rapide del Tevere tra i sette colli. Arbusto un tempo venerato, e più volte ripiantato in seguito all’inevitabile dipartita, sebbene non sarebbe totalmente irragionevole pensare che esso sia sopravvissuto in qualche modo all’inesauribile susseguirsi delle stagioni, come immagine del tutto speculare della propria originaria presenza. Sommerso ed invisibile, oltre gli strati sovrapposti e ombrosi della Storia.

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