Nella terra degli orsi, dove il ghiaccio ha preso il domicilio delle persone

Il modo migliore per raggiungerla è ancora il treno. Nonostante la presenza di un’ampia strada, ragionevolmente ben mantenuta, costruita negli ultimi anni dell’Unione Sovietica, quando la città polare più a Est d’Europa sembrava essere un importante centro di raccolta delle utili risorse della Terra, prima tra tutte il carbone. Perché non sono molte le automobili capaci di procedere oltre una simile quantità di ghiaccio e neve, per non parlare di una temperatura che si colloca attorno ai -30/-50 gradi nel corso dei mesi invernali. Ciononostante, una volta scesi dalla piattaforma della stazione, lo scenario che ci si trova ad ammirare con i propri occhi non è poi così diverso da quello di molte altri centri urbani della Russia così detta “meridionale”, con i grandi condomini costruiti secondo i crismi della scuola di Leningrado, molti dei quali fiancheggiati dal caratteristico parco giochi risalente all’epoca del comunismo. Persone isolate camminano per i viali, nonostante la temperatura, dirigendosi verso luoghi di pubblico interesse. Di tanto in tanto, è possibile persino vedere delle famiglie con uno o più bambini. Ma è soltanto una volta che ci si allontana dal centro di Vorkuta, luogo il cui nome significa letteralmente “Terra dei Molti Orsi” che gli effettivi segni dei tempi possono iniziare a dimostrare il proprio effetto sulla società locale. Con sempre meno esseri viventi, umani o meno, finché sono le mura stesse ad assumere un aspetto molto particolare. Lo dimostra il travel blogger Vaga Bond, in questo affascinante sopralluogo presso il sobborgo cittadino di Cementnozavodsky, un tempo nominato per la presenza di una grande fabbrica di cemento, responsabile ancora attorno al 2003 della produzione di circa 25.000 tonnellate mensili di quel materiale. Almeno finché l’inasprirsi delle condizioni del mercato, assieme al disgregarsi delle antiche strutture governative di supporto, non avrebbero portato al fallimento della compagnia originaria, successivamente acquistata e fatta funzionare faticosamente fino al 2017. Ma c’è limite a quanto sia possibile ottenere, persino con un così significativo apporto di finanziamenti provenienti da fuori, tanto che alla fine anche i macchinari tacquero e le ciminiere smisero di fumare. Evento a seguito del quale, una serie di fattori iniziarono a collaborare nella trasformazione delle condizioni locali. Mentre per l’assenza di un lavoro ben retribuito, molte migliaia di persone iniziarono a trasferirsi ogni anno verso luoghi ben più accoglienti. E interi quartieri, rimasti privi di manutenzione in un clima tanto intransigente, vedevano le proprie pareti ricoprirsi di ghiaccio, le finestre rompersi ed i tetti cominciare a crollare. Avviando un circolo vizioso per cui le autorità governative, non potendo più giustificare la fornitura di acqua ed elettricità verso luoghi tanto derelitti, avrebbe cominciato a ricompensare gli ultimi rimasti per prendere tutti i propri averi e trasferirsi all’interno di uno dei quartieri ancora non così negletti di Vorkuta, sebbene già rimasti anch’essi parzialmente privi della popolazione di un tempo. È la naturale tendenza universale all’entropia, sebbene l’interesse delle persone sia generalmente incline a scomparire molto prima dei residui architettonici da loro posti in essere; ovvero in altri termini, scheletri ghiacciati e gusci ormai rimasti vuoti di grigio cemento…

Le finestre ancora integre del quartiere appaiono ormai completamente opacizzate da uno spesso strato di ghiaccio. Impedendo del tutto l’affascinante vista dei monti Urali sull’orizzonte.

L’esperienza surreale di Vaga Bond, comune a quella di molti altri documentaristi sopraggiunti in questo luogo ormai rimasto abbandonato dalla storia stessa, prosegue dunque nell’androne dei palazzi e successivamente lungo l’estendersi delle scalinate interne, completamente ricoperte di ghiaccio dopo l’ingresso forzoso dei frequenti cicloni abituati a convergere sopra i gelidi territori della Repubblica Federale di Komi. Con la curiosa ma frequente casistica di simili frangenti, l’eclettico turista fa infine il proprio ingresso nelle abitazioni stesse, assai probabilmente saccheggiate nel corso degli anni di ogni possibile oggetto di valore. Eppure ancora molti, sono gli oggetti lasciati dietro dai precedenti proprietari, tra cui la mobilia eccessivamente ingombrante, molti libri e persino giocattoli, altri ricordi di famiglia. Quasi come se il bisogno di lascarsi indietro un così gelido capitolo della propria vita fosse passato per la necessità di fuggire via frettolosamente, prima che il rimorso potesse costringere la gente a cambiare idea. E tutto questo ricoperto da uno strato solido di puro ed assoluto gelo, quasi come la glassa di un dolce di pregio, a consolare il senso malinconico di un tale agghiacciante scenario.
È una storia, quella di Cementnozavodsky, emblematica in maniera più avanzata dello stato dell’intera Vorkuta, per non parlare d’innumerevoli altri luoghi interconnessi all’estrazione di risorse minerarie nei luoghi più remoti dell’Ex-Unione Sovietica. Con un calo demografico locale capace di tornare complessivamente dalle oltre 100.000 persone degli anni ’90, all’apice della produttività della miniera e delle fabbriche, ai circa 52.000 abitanti pari a quelli dell’immediato dopo guerra, quando la città nacque ed iniziò ad evolversi a partire da un grande gulag costruito nell’epoca stalinista. Il campo correttivo di Vorkutlag, com’erano soliti definirlo con il classico eufemismo, capace di ospitare a sua volta circa 71.000 prigionieri nel 1951, finché due anni dopo 18.000 di loro si ribellarono in uno sciopero, portando a una dura repressione che avrebbe finito per costare la vita ad un minimo stimato di 53 persone. Perdite tristemente accettabili, nello schema generale delle cose, così come lo sarebbero stato 32 dei loro discendenti pressoché diretti, periti nel 2016 nel più grave incidente dovuto a un’infiltrazione di gas metano all’interno di una miniera nella storia russa. Uomini il cui quotidiano sforzo, assieme alla fatica ed il sudore delle proprie fronti, aveva per tanti anni contribuito ad uno stato di benessere comunitario per l’intero centro urbano di Vorkuta e lo stesso quartiere Cementnozavodsky, diventato celebre all’inizio degli anni 2000 per alcune scuole atletiche capaci di ottenere vittorie importanti nei settori del nuoto e degli sport invernali, con diversi successi di portata europea ed olimpica. Importante anche la squadra di calcio locale, sebbene il progressivo abbandono delle residenze avrebbe portato a tempi duri per ciascuna di queste istituzioni un tempo dotate di notevole prestigio.

Visitandolo nei mesi estivi, il quartiere del cemento appare ancor più rovinato e malinconico, mentre le immagini si sovrappongono ai ricordi di un tempo. Vedi l’ampia, ed oggi cavernosa scuola elementare, dove attraverso gli anni svariate centinaia di migliaia di bambini ricevettero la propria educazione.

Silenzioso e gelido nel suo candore, il quartiere ghiacciato dove ormai si stima vivano all’incirca 80 famiglie, asserragliate all’interno di due o tre condomini ancora in grado di utilizzare il riscaldamento, ha finito quindi per acquistare un diverso tipo di fascino ed unicità evidente. Esemplificata dai numerosi graffiti commemorativi e le strane sculture costruite nei giardini da sconosciuti collettivi artistici, mentre una tale ambientazione priva di termini di paragone continua a fare la sua comparsa in numerose opere d’ingegno e d’intrattenimento di portata internazionale. Vedi la memorabile missione condotta presso Vorkuta dai protagonisti del videogioco Call of Duty: Black Ops, per non parlare dell’inclusione formalmente confermata del distretto abbandonato di Cementnozavodsky nelle mappe delle avventure digitali di sopravvivenza DayZ e Unturned. Previa l’inclusione, s’intende, di una quantità opportuna di famelici zombies, la cui presenza in simili scenari non appare d’altra parte eccessivamente lontana dallo spettro dei possibili eventi futuri.
Perché nessuno può affermare, in tutta sicurezza, che luoghi simili siano la mera anticipazione di un destino che incombe su ampie fasce della popolazione mondiale. Con il progressivo sconvolgimento dei mutamenti climatici, unito al degrado d’infrastrutture semplicemente troppo onerose, oppur complesse da mantenere in funzione. Mentre una società moderna saldamente aggrappata alla sua barca nella tempesta, cerca di fare il possibile per rimandare l’inevitabile, riscaldando il cuore gelido dell’avvenire. In fondo, è cosa risaputa: dovrà fare ancor più freddo, prima che possa arrivare la primavera. Seguita da un’estate eterna, capace di spazzare via ogni residuo preconcetto dato per buono. Esponendo il cuore un tempo freddo, ancora arido, della realtà.

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