Lo strano mondo tecnologico dei veicoli pensati per rafforzare i puledri

Un diverso tipo di montagna russa. Tanto per cominciare, non c’è neanche l’ombra di un soave giro della morte. Nessun ripido declivio, manca anche l’accenno di una curva parabolica. Eppure, nessuno potrebbe mettere in dubbio l’esperienza emozionante di chi appoggia la sua schiena su quei sedili! Nel mezzo del verdeggiante scenario del Kingwood Stud di Lambourn, Inghilterra, tra gli alberi di uno di quei maneggi tanto vasti ed attrezzati da riuscire a far impallidire persino l’idea prototipica di una simile istituzione, per come viene descritta nei romanzi e libri di storia. Al punto da poter disporre di un lunghissimo e serpeggiante colonnato, facente funzioni di un impeccabile circuito coperto. O che tale potrebbe essere, se non fosse anche la casa di un letterale millepiedi gigante. Non del tipo dotato di piedi, s’intende, e neanche ruote di alcun convenzionale tipo. Bensì fluttuante a circa mezzo metro da terra, senza testa e senza coda, ma una serie di segmenti appesi a una monorotaia sovrastante. E nel centro di ciascun segmento, naturalmente, ci sono i cavalli. Ciò è del tutto prevedibile: altrimenti, perché mai costruire le montagne russe, il maneggio e l’irragionevole approssimazione di un insetto gigante? Ogni cosa si conforma e contribuisce a realizzare una mansione straordinariamente caratterizzante: quella di massimizzare il “vapore”. Inteso come forza primordiale, ovvero l’energetica produzione della muscolatura equina, soprattutto quando frutto di una linea di sangue particolarmente costosa e pregiata. L’intero marchingegno vagamente steampunk rientra infatti a pieno titolo nella categoria informale delle innumerevoli costose follie, che ruotano costantemente attorno al mondo variegato dell’ippica, non tanto inteso come “darsi” all’ippica, quanto effettivamente “dominare” l’ippica; raggiungere uno stato di supremo appagamento e ragionevole soddisfazione, in cui i propri animali siano caratterizzati dal possesso di una marcia ulteriore. Capace di sfidare, soverchiandoli, ogni altro quadrupede con zoccoli ferrati fin dall’addomesticazione del secondo o terzo miglior amico dell’uomo. Il che comporta, in modo niente meno che oggettivo, l’addestramento fin da piccoli delle suddette cavalcature, per eliminare nei loro cervelli empatici ma testardi (non lo sono, forse, un po’ tutti gli erbivori?) la formazione di cattive abitudini, favorendo la creazione di un perfetto impiegato dell’industria dei ferri, briglie e selle da competizione. Così come era solito far fare anche Mehmet Kurt, l’industriale e imprenditore turco, con base operativa nella regione portuale di Ceyhan, che è sempre stato caratterizzato da una passione estremamente significativa per i cavalli, almeno fin da quando assunse il controllo dell’azienda paterna all’età di soli 21 anni. E che nel 2011 assurse all’onore delle cronache britanniche, proprio per l’acquisto del suddetto maneggio situato nel West Berkshire, con l’obiettivo collaterale di costruirvi all’interno la più imponente macchina trasformativa che abbia mai potuto caratterizzare l’evoluzione il suo preferito ambito d’interessi e di svago.
Chiamato molto prevedibilmente il Kurtsystem, l’oggetto principale della nostra analisi è perciò un approccio funzionale ed omni-comprensivo all’addestramento. Ma forse sarebbe ancor più corretto affermare, il pre-addestramento, poiché concepito per l’impiego da parte di esemplari ancora molto giovani, talmente lontani dall’essere formati da non risultare ancora pronti a trasportare la figura a pieno titolo di un fantino umano. Ed inclini per nascita ad affrontare, dunque, quella parte del loro curriculum che consiste nel compiere molti ripetuti giri di un tragitto uguale a se stesso, finché l’idea di completarlo nel più breve tempo possibile sia bene impressa al centro dei propri pensieri. Il che finisce per costituire nella maggior parte dei casi, sia ben chiaro, un passaggio delicato e potenzialmente lesìvo per la salute dell’animale, soprattutto nel caso di operatori del settore meno esperti e che finiscono per compiere errori in corso di procedura che potrebbero risultare poco apparenti, ma non per questo meno devastanti nella formazione e la preparazione del cavallo. Laddove idealmente, superati i comprensibili preconcetti, l’alternativa tecnologica ed automatizzata può riuscire totalmente incapace di commettere alcun tipo di passo falso…

In una versione alternativa ed ancor più versatile, il sistema turco viene integrato in un autoveicolo autonomo, grossomodo corrispondente ad una singola cabina del treno. Un mezzo, paragonato su Internet a una “Batmobile amish” che è stato costruito e progettato per Kurt dalla compagnia statunitense Roush Performance.

Strano e almeno all’apparenza dal punto dei vista dei non iniziati, disfunzionale, il Kurtsystem non ha potuto fare a meno di suscitare un certo livello di dubbio e articoli poco convinti sul Web, molti dei quali rigorosamente scritti da figure non particolarmente esperte nel suo specifico settore d’impiego. D’altra parte una certa frangia del mondo dell’equitazione professionistica è notoriamente incline a fidarsi della scienza fino a un certo punto, dando ampio spazio a discipline metafisiche, ayurvediche, cristalloterapia ed altri simili approcci non-convenzionali finalizzati a favorire la migliore performance del quadrupede centrale all’intera faccenda. Così che l’inserimento in quel segmento di mercato di un qualcosa di assolutamente nuovo, e proprio per questo non ancora comprovato, può riuscire a suscitare un certo grado comprensibile di diffidenza. Ma i preconcetti almeno in questo caso non dovrebbero trarre in inganno, vista l’evidente quantità di fondi, risorse ed ore di progettazione investiti nella realizzazione di un qualcosa di talmente imponente, nonché costoso (si parla di almeno 40 milioni di dollari spesi complessivamente dal tavolo da disegno alla campana del Berkshire) laddove il resto delle critiche, inevitabilmente, si è spostato verso la supposta crudeltà del macchinario. Il che offre uno spunto d’approfondimento per lo meno meritevole di essere approfondito, visti alcuni aspetti necessariamente collaterali all’esperienza. Il punto stesso che costituisce il nesso centrale del Kurtsystem, infatti, vede una quantità variabile tra i 6 ed i 10 equini attaccati contemporaneamente ai vagoni successivi del “treno”, costringendoli a procedere tutti alla stessa identica velocità e andatura. Mentre con il proseguire del corso, lentamente, la resistenza del loro carico viene aumentata fino al punto di costituire una vera e propria prova fisica, come non può prescindere dall’essere alcun tipo di allenamento. Che cosa succede allora, chiede l’uomo della strada, se uno dei soggetti animali del processo non riesce a a stare al passo con i suoi compagni? Perché ad un primo sguardo potrebbe anche sembrare che il millepiedi fosse destinato a continuare inesorabile la sua corsa, incrementando, piuttosto che far diminuire il rischio d’incidenti. Il che non può assolutamente essere la verità: chi si prenderebbe la briga di costruire tutto questo, soltanto per avere risultati anche peggiori di prima! Ed ecco dunque l’importanza di un sistema tecnologico capace di fornire tutti i dati necessari, incluso il battito cardiaco e la potenza della spinta effettuata da ciascun esemplare membro dell’ensemble, fornite di concerto in forma numerica presso lo schermo di una pratica console centrale. Mentre un’intera squadra di grooms (addetti equestri) sovrintende all’esecuzione del processo direttamente sul campo, potendo intervenire o inviare l’immediato segnale di arresto alla pressione del gran pulsante rosso d’ordinanza.
Nessun tipo di risultato, tecnico o fisico, può d’altronde essere ottenuto senza un considerevole impegno di tempo e la fondamentale dedizione allo scopo. Il che, nel caso degli animali, tende necessariamente ad essere non-volontario e totalmente discordante dalla loro predisposizione innata. Eppure resta indubbio che un cavallo ai vertici del mondo delle corse possa aspirare ad una vita appagante, accudito ai massimi livelli immaginabili, tenuto in degni ambienti, incensato d’ogni onore (che difficilmente potrà comprendere, ma tant’è) ed infine pensionato con finalità d’accoppiamento, una mansione a cui sarà adibito fino all’ultimo dei suoi giorni. Siamo davvero sicuri che tutto ciò sia peggio che condurre una vita breve, faticosa e potenzialmente andare incontro ad una morte violenta sui selvaggi pascoli della Preistoria? Gli animali, se servono in qualche maniera all’uomo lungo un periodo sufficientemente lungo, tendono ad evolversi per favorire ulteriormente la loro collaborazione con l’uomo. E ciò non può essere in alcun modo definito come una mera coincidenza.

Metodologie conformi all’attuale cognizione per cui ciascuna cosa che può essere un touch screen, debba necessariamente corrispondere a una tale linea progettuale di fondo. Dopo tutto, chi ha bisogno di trovare i tasti con le dita, mentre osserva attentamente l’andamento dei suoi cavalli…

Così la procedura se condotta fino alle sue estreme conseguenze, porterà gli alunni equini a una velocità massima di 56 Km/h e un peso complessivo di 60 Kg, in maniera assolutamente standardizzata e sempre pronta ad arrestarsi nel momento in cui ci fosse un qualche tipo di discrepanza. Il tutto sempre mantenendo al centro dell’intera faccenda il loro benessere, con gli alloggiamenti imbottiti e l’utilizzo di finimenti dal massimo livello di comfort: in modo particolare, nessun tipo di morso viene utilizzato in alcun punto del processo, preferendogli nettamente la soluzione meno problematica della testiera. Lo stesso inserimento dell’animale all’interno della postazione può avvenire facendolo entrare direttamente e soltanto poi facendolo voltare, nell’ampio spazio a disposizione, in maniera maggiormente naturale per un cavallo. E sebbene qualche dubbio possa ancora rimanere sulle condizioni psicologiche di quest’ultimo, dopo una lunga sessione troppo lunga all’interno del ripetitivo meccanismo, occorre qui fidarsi del giudizio di coloro che gestiscono l’intero macchinario: se usato correttamente, il Kurtsystem PUÒ risultare utile. Ma non essendo ancora stato prodotto in serie (e forse, mai lo sarà) tutto questo resta ininfluente. Se non per coloro che hanno scelto di affidarsi alla presumibilmente alta professionalità della Kingwood Stud, notoriamente visitata almeno in una recente occasione anche dalla principessa Anne della casa reale inglese.
Dopo tutto, la standardizzazione è un fondamentale sinonimo di sicurezza, come siamo giunti a comprendere molto bene attraverso l’evoluzione del mondo moderno. E non c’è ragione, in linea di principio, per cui un tale assioma degli umani non dovrebbe trovarsi nettamente abbinato anche al loro amico cavallo. Strano, ma vero: ogni storia ha due possibili interpretazioni. Ciascuna moneta, un dritto ed un rovescio. Giacché risulta quasi del tutto impossibile che finisca per cadere di taglio. Qualcuno vuole scommettere, 100 a 1, 1.000 a 1?

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