Le controverse avventure di una donna e il suo scudo antisommossa per linci

Di sicuro chiunque avrebbe avuto l’impulso di fare il possibile per tentare di salvarlo. Da quel destino fin troppo crudele, di morire lentamente di stenti, mentre ogni speranza residua di riuscire a liberarsi scemava gradualmente fino all’esaurimento delle forze rimastogli per gentile (o spietata) concessione della natura. Ma quanti, in effetti, sarebbero intervenuti? Avvicinarsi ad un felino come questo, soprattutto se spaventato fino alla disperazione, comporta la rassegnazione ad un possibile destino di graffi, morsi e ferite, per non parlare delle inevitabili complicazioni che nascono dalle lesioni provocate da un animale selvatico, a cui si dovesse scegliere di andare incontro nel mezzo della natura più remota. A meno di disporre di una soluzione tecnologica, o strumento risolutivo, capace d’impedire ogni possibile conflitto prima ancora che possa raggiungere le più indesiderate conseguenze. Come un rettangolo di ferro di 50 cm per 1,50 m, con staffe per le mani da una parte e un’apposita indentatura nella parte inferiore, con la dimensione perfettamente calibrata al fine di farci passare dentro la zampa della lince, mentre ci s’industria per aprire lo strumento passivo di caccia che è alla base della sua tribolazione corrente. Semplice, banale, piccolo eroismo frutto di circostanze particolarmente sfortunate, oppure…?
Nell’odierna civiltà delle immagini è davvero molto facile balzare alle conclusioni, soprattutto quando si dispone di un pregresso repertorio in qualche modo simile, o potenzialmente rilevante alla questione virale del giorno. Vedi questo video proveniente dalle vaste foreste vergini del Wisconsin centrale, a non troppa distanza dai Grandi Laghi del settentrione statunitense, in cui si può osservare questa donna chiaramente coraggiosa, dotata di un attrezzo molto fuori dal comune, fare un qualcosa che siamo abituati dalla convenzione a giudicare d’impulso: “Skye Goode, la liberatrice delle linci cadute nel tranello dei cacciatori”. Un ulteriore capitolo, se vogliamo, dell’antologia ideale formata dagli operai che tirano fuori il serpente dal boiler della caldaia, i contadini che salvano il gatto caduto nel pozzo d’irrigazione, il meccanico che districa il gufo dalla griglia del radiatore… Ciascun caso un grande classico videografico di YouTube, replicato più più volte per il pubblico ludibrio e (almeno si presume) l’assoluto benessere comune delle specie non troppo raziocinanti di questo pianeta biologicamente fin troppo disparato. Solidarietà nei commenti… O almeno questo è quello che saremmo indotti ad aspettarci, finché non si nota come ogni tipo d’interazione è stato disattivato a monte dall’autrice. E lo spettatore inizia a chiedersi, in modo imprescindibile, cosa ci facesse questa donna nel bel mezzo della foresta, attrezzata con il suo strumento dal considerevole ingombro e peso, a meno che sapesse esattamente dove andare per trovare la trappola. Per non parlare del suo abbigliamento mimetico del tipo usato dai soldati al fronte di battaglia, oppur tutti coloro che: impersonando il ruolo che più d’ogni altro ha caratterizzato l’evoluzione e la civiltà dell’uomo delle origini, nonostante le costanti obiezioni dei tempi che corrono, continuano ostinatamente a percorrere il sentiero dei… Cacciatori. Ora apparirà fondamentale, per lo stereotipo corrente, soprattutto quello perpetrato dagli amanti degli animali che vivono in città e lontano dai territori più selvaggi di un continente come quello nordamericano, dove ancora gli orsi invadono il cortile delle villette a schiera, e i cani di piccola taglia vanno in giro con la pettorina aculeata per difendersi dal morso dei coyote, riportare l’esistente gerarchia d’efferatezza “presunta”; sequenza solo vagamente logica all’interno della quale, sotto gli arcieri e fucilieri dei tempi contemporanei, e poco sopra chi semina polpette avvelenate in mezzo a una radura senz’alcun tipo di criterio, troverebbero posto gli utilizzatori del più inumano e crudele metodo per raggiunger l’ideale soddisfazione del proprio ruolo: la trappola passiva, approssimazione anti-vita della mina lasciata da un antico conflitto, che colpisce senza pregiudizi e condanna le sue vittime a un destino assai gramo.
E sebbene argomentare in merito a una simile questione esuli dal contenuto di questo articolo, poiché si tratta di una faccenda complessa, delicata e polarizzante, troverei a questo punto valido analizzare le ingegnose modalità e artifici attraverso cui, al giorno d’oggi, è stato fatto da questa consumata operatrice tutto il possibile (forse, non ancora abbastanza?) per elevare l’intrappolamento d’animali dalla pervasiva e incondizionata condanna del senso comune…

Rispondendo alle frequenti critiche dei propri detrattori, la famosa cacciatrice si è più volte preoccupata di mostrare l’effetto arrecato da una delle sue trappole appena tolte dalla zampa del lupo di turno, che si serrava invece sulla sua stessa mano: assolutamente nessuno. Riuscendo a convincere presumibilmente zero spettatori nonostante l’evidenza, almeno a giudicare dai commenti tutt’ora disattivati nel suo intero canale.

Prima di tutto, una breve presentazione del personaggio. Skye Goode è forse una delle cacciatrici più famose del suo stato, in quanto titolare di numerose pagine sui social dedicate all’argomento e con diverse comparse sulle copertine delle riviste di settore all’attivo, spesso mentre mostrava orgogliosamente l’ultimo coyote o tacchino caduto vittima dei suoi metodi tanto eticamente discussi, quanto innegabilmente, brutalmente efficaci. Consulente del lavoro durante il giorno e produttrice di una popolare serie di cappelli di pelo fatti a mano nelle sue serate, nonché proprietaria nella propria villa di campagna di due cani, due gatti, due volpi, quattro capre, sei conigli, 12 polli e un serpente. Promotrice al tempo stesso di una prassi responsabile ma anche protagonista di fotografie o video non sempre ugualmente rispettosi nei confronti degli animali, come quello in cui lasciava “impugnare” la mazza da baseball comunemente usata dai produttori di pellicce al suo fedele cane collie, proprio nei primi giorni in cui si apriva la stagione di caccia al coyote. Creatura selvatica quest’ultima, è importante specificarlo, fin troppo prolifica in tali regioni e capace di arrecare danni niente affatto trascurabili ad allevatori ben diversi da quelli che operano secondo le logiche dell’economia di scala, il cui pollame, pecore e altri beniamini periscono ogni giorno sotto i denti famelici senza nessun grado ragionevole di pregiudizio. Così come parrebbe succedere a margine degli altri tipici bersagli elettivi delle trappole di Skye che includono, basandosi sul ricco repertorio del suo canale YouTube, in aggiunta volpi e l’occasionale fisher, come lo chiamano da queste parti (la cosiddetta martora di Pennant) per non parlare di varie ed eventuali come puzzole, procioni ed opossum che passavano di lì. Questo perché nessun tipo di trappola, per sua implicita natura, è in grado di riuscire ad applicare un distinguo su quando è il caso effettivamente di scattare (salvo specifiche eccezioni) richiedendo al cacciatore etico un costante stato di vigilanza, e la continua percorrenza dei siti oggetto del suo posizionamento d’ordigni per arrecare il colpo di grazia, se appropriato, oppure intervenire per salvare il felino, lupo o altra specie maggiormente regolamentata accidentalmente finita in quello spietato ed occasionalmente letale frangente. Soltanto occasionalmente, è importante specificarlo, proprio perché le trappole mostrate nei video di Skye appartengono alla particolare categoria delle morse d’immobilizzazione ben diverse dall’antica tagliola, che pur chiudendosi con molle di un tipo del tutto paragonabile, riescono a farlo solo fino al punto necessario per trattenere l’animale, senza giungere nella maggior parte dei casi al punto di ferirlo. Considerate, a tal proposito, come attrezzature simili vengano impiegate da taluni ricercatori anche nell’ambito della ricerca, con la chiara aspettativa di tornare a liberare le vittime quadrupedi del meccanismo, esattamente come fatto da Skye ogni qualvolta si tratta di specie non idonee alla sua prassi operativa corrente. Il che lascia purtroppo la possibilità sempre presente che la vittima si faccia del male tentando di liberarsi o arrivi addirittura a mordersi la zampa, sebbene la stragrande maggioranza degli utilizzatori (è opportuno presentare entrambi i punti di vista) sostengano che ciò in realtà non capiti salvo rarissime eccezioni, proprio in forza dell’istinto di autoconservazione che accomuna ogni forma di vita su questa Terra.

Non tutte le trappole vengono concepite allo stesso modo, come questo esempio di Conibear (dal nome del suo inventore canadese) comunemente impiegata per serrarsi e uccidere animali di dimensioni medio-piccole, purché entrino al suo interno con la giusta angolazione. La quale, in caso di chiusura accidentale sulle mani del proprietario, avrebbe conseguenze ben diverse da quelle dimostrate da Skye.

Il che ci porta nuovamente alla nostra questione d’apertura, dell’atipico e ingegnoso “salvataggio” della lince di turno, un chiaro passaggio necessario non soltanto al fine d’evitare una morte impropria, ma anche multe significative da parte dello stato del Wisconsin, del tipo a cui vanno incontro molti intrappolatori meno attenti di colei che si è inventata un tale metodo frutto dell’esperienza. Per cui il valore karmico di un tale gesto, inteso come accumulo di un credito positivo con l’Universo, non può che essere negato dal fatto stesso che sia stata proprio lei, con i suoi gesti, a causare la situazione di crisi in essere per il povero felino nel mezzo della foresta.
Esistono, tuttavia, due soli modi utili al fine di giudicare le scelte di qualcuno che non si conosce davvero, all’interno di una circostanza totalmente diversa dal nostro vivere quotidiano: le intenzioni, e le circostanze. Ed io posso assicurarvi, almeno, una cosa: un buon 70% dei video di “salvataggio dell’animale” che tanto successo riscuotono su Internet è frutto di un autore senza scrupoli che in maniera egualmente subdola, si è industriato nel mettere il malcapitato quadrupede al centro dell’obiettivo nella situazione di pericolo, da cui eroicamente opererà per trarlo in salvo alla ricerca del più alto numero di click e partecipazioni da parte del grande pubblico disinformato. Un’eventualità fin troppo reale e frequente, di fronte a cui le prassi operative della caccia appaiono se non altro schiette nei loro obiettivi, e maggiormente controllate nell’approccio legalmente imposto ai suoi praticanti. Perché finché uomini e animali conviveranno su questo pianeta, dovranno necessariamente continuare ad interagire. E non si può conservare qualcosa all’interno di spazi tristemente insufficienti, senza il necessario grammo di spietatezza, che è una parte inscindibile dell’eredità degli Antenati…

In un’altra scena meno propagata in qualità di gif senza contesto, Skye usa lo scudo per liberare un felino decisamente inferocito. La scelta del suo cappello, in questo caso, rende più rapidamente comprensibile il comportamento dell’animale.

Lascia un commento