La nobile aquila che aveva piluccato troppo per tornare nei cieli

Durante le recenti feste natalizie potrebbe esservi capitato di sentire l’espressione, riferita a terzi, persone lì presenti o addirittura in qualche sfortunato caso, voi stessi: “Ha mangiato come fosse un animale”. Una similitudine mirata non tanto a indicare particolari scelte gastronomiche (difficilmente il soggetto avrebbe trangugiato carne cruda, foglie prelevate dagli arbusti o altre simili piacenti amenità) bensì una particolare indole vorace, almeno in apparenza disconnessa dalle logiche comuni della propria stessa convenienza individuale. Eppure appare chiaro, ad un’approfondita analisi, come si tratti di un’iperbole mirata a far sorridere o pensare, pur essendo scollegata dalla fondamentale realtà dei fatti. Poiché sono molte, tra le specie quadrupedi, volatili o marine, a non possedere semplicemente il senso istintivo della misura, essendo il fondamentale prodotto evolutivo di una quantità di cibo che non varia nel tempo. Così che basta introdurre un elemento fuori dal contesto, ovverosia un qualcosa di stupendamente commestibile, perché essi mangino, senza ritegno, fino a rischiare la fondamentale indigestione. Un pericolo, quest’ultimo, che può trasformarsi in vera e propria certezza, quando ad esser presa in analisi è un’esponente femmina della specie Aquila chrysaetos, principale grande rapace dell’entroterra nell’intero emisfero settentrionale, trovatosi per sua (s)fortuna innanzi alla carcassa di un non meglio definito animale di medie o grandi dimensioni, investito lungo la striscia d’asfalto interstatale che attraversa l’area di Cedar City, nel bucolico stato dello Utah nordamericano. Sinonimo di gioia, perché consumare un tale pasto può significare, dal suo punto di vista, la possibilità di dedicare la sua piena attenzione al nido e ai piccoli per più di qualche settimana. Ma anche un vero e proprio disastro, quando si considera come l’istinto, in questo caso un pessimo consigliere, l’abbia indotta a riempire il gozzo fino a una misura colma, tanto da farlo gonfiare come fosse quello di una rana durante la stagione dell’accoppiamento. “E questo è un problema” spiega Martin Tyner, co-fondatore e direttore della società per gli animali Southwest Wildlife Foundation (SWF), qui chiamato per assistere l’ingorda esponente di una stirpe a lui particolarmente cara: “Perché contrariamente alla cognizione maggiormente diffusa, un’aquila può sollevare fino a un terzo del suo peso. Ed ora questa, per almeno un giorno e una notte, non potrà tornare presso il suo nido.” Tragedia (potenziale) & disastro (più o meno certo) se non fosse per l’arrivo di costui col suo esperto retino, pronto a catturare il terrorizzato volatile e portarlo in salvo nel suo centro di assistenza, finché non fosse stato nuovamente pronto a riprendersi e spiccare gloriosamente il volo. Ed è in effetti altrettanto affascinante, e privo di precedenti, vedere la mano esperta con cui egli cattura e prende in braccio la bestia dal peso di almeno 4,5/5 Kg e un paio d’artigli bastanti a strappar via la carne di un rinoceronte, senza guanti e senza nessun tipo di timore, pur vigendo l’assoluta sicurezza che quest’ultima non possa comprendere l’intento assistenziale di una tale preoccupante contingenza. Così che, secondo il tipico copione collaudato, la pennuta viene confinata in una scatola e poi trasportata in macchina, fino al luogo della sua auspicabile, veloce riabilitazione…

Caso raro ma non unico, come ampiamente dimostrato da questo video successivo del 2019, in cui Tyner, questa volta armato di GoPro, si trova a soccorrere un’altra membra della specie capace di commettere lo stesso errore di alimentazione, presso il terreno di una casa in zona rurale della sua città.

Una volta ritornato alla base, quindi, il naturalista e falconiere straordinariamente esperto verifica che il suo soggetto sia del tutto privo d’infortuni e in salute. Inserendo un’altra volta, senza nessun tipo d’esitazione, la sua testa nella scatola e tirando fuori il massiccio rapace (si capisce che è femmina dalle dimensioni maggiori, spiega il sito) prima di stenderlo sopra una panca per testare il buono stato delle ali e le articolazioni. Per poi confinarlo, temporaneamente, in una grande voliera assieme a un maschio della stessa specie, accolto qualche settimana prima causa i gravi infortuni riportati dopo l’impatto con una pala eolica e che nonostante tutto, resta ancora privo di un nome. Il che costituisce, in questo specifico contesto, un ottimo segno, poiché significa che Tyner ha intenzione di tornare a liberarlo molto presto, causa l’ottima e innegabile ripresa di uno stato di salute del tutto soddisfacente. “D’altra parte in questo periodo dell’anno” inizia spiegando la voce femminile della persona che riprende la scena, forse sua moglie “i piccoli dell’aquila saranno sufficientemente grandi da riuscire a sopravvivere da soli per appena una notte o due” A quel punto il video sperimenta un rapido cambio d’inquadratura, per dedicare un doveroso quanto breve spezzone al sopraggiungere del Memorial Day (ultimo lunedì di maggio) giornata dedicata ai membri delle Forze Armate Americane caduti in battaglia.
Finché la mattina successiva, perfetto! Il gozzo dell’aquila appare significativamente ridotto, sebbene non del tutto ritornato alla normalità, con il cibo originariamente contenuto all’interno disceso fino al tratto digestivo seguente, costituito negli uccelli dal ventriglio o gizzard, dove avviene la fase può movimentata della digestione. Giudicando la casistica risolta, quindi, il soccorritore veterano decreta che la paziente possa essere di nuovo liberata presso il tratto di strada sopraelevato di C-Overlook, da cui potrà auspicabilmente far ritorno al suo nido. E qui il video si conclude, tra le silenziose congratulazioni di chiunque, per suo conto, nutra un qualsivoglia tipo di ammirazione nei confronti dei pennuti ed altre creature non-umane di questa Terra.
Il che ci porta, senza ulteriori esitazioni, a dover considerare le implicazioni di una simile sequenza di eventi. Che ci permettono di prender atto come la presunta sovrana dei cieli sia in effetti tutt’altro che invincibile e soprattutto capace di tenersi fuori dai pericoli, nel contesto innaturale di una zona condivisa con gli umani e non solo. Ma in particolare, occorre ricordare uno dei motti più importanti della SWF, che è anche un’esortazione: “Frenate per le aquile” motivato dalla maniera in cui queste ultime, pesanti come sono, raramente possono spiccare il volo per l’arrivo di un’autoveicolo, mentre tentano di trarre nutrimento dalla vittima incolpevole di un precedente investimento. E questo soprattutto, quando sono appesantite dal precedente, sconveniente compiersi di un pasto luculliano fino all’esagerazione.

Un altro esempio di aquila ingorda può essere identificato in questa testabianca (Myliobatis a.) che avendo preso un pesce troppo grosso, si rifiuta di lasciarlo e nuota prosaicamente fino a riva, quasi si trattasse di una papera sovradimensionata in crisi di mezza età.

Molte sono, purtroppo, le idee prive di fondamento connesse al grande rapace dalle piume marroni-dorate, inclusa quella secondo cui sarebbe solito ghermire, capre, pecore, cani domestici di taglia medio/grande o persino, in casi estremi, bambini umani. Laddove nei fatti l’aquila non solo è in grado come dicevamo, di catturare al massimo prede dalle dimensioni decisamente minori (diciamo quelle di una grossa lepre o un fasianide imponente, come il gallo cedrone) ma preferisce comprensibilmente piombare sopra i suoi bersagli in aree libere da ingombro architettonico e del tutto prive di rumori, non propriamente conformi al cortile di una fattoria. Il che la rende, purtroppo, istintivamente attirata dalle vaste strade statunitensi, capaci d’estendersi per lunghi tratti nei settori sperduti del nulla; finché l’arrivo di una macchina non porti, assieme al rombo del motore, il chiaro segno della fine per se stessa e qualche volta, ahimé, l’intera prole!
A chi dovremmo, dunque, attribuir la colpa? Perché certo, appare chiaro che il senso della misura sia un valore importante, per chi possiede una struttura sociale capace di garantirgli un’alimentazione congeniale nella maggior parte dei casi; così come il modo in cui possa apparire totalmente lecito, nonché auspicabile, “ingozzarsi” (letteralmente: conservare nel gozzo) delle pratiche riserve per i giorni a venire, nel caso in cui dovesse presentarsi un successivo periodo di magra. Ma il fatto è che: volare non è facile, persino per chi è venuto al mondo con un simile diritto nella descrizione fisica della sua specie. E qualche volta comprendere cosa sia l’eccessivo può mettere a dura prova persino le nostre meningi allenate alle ragioni dell’incastro, da infinite partite a Tetris, Pac-Man e Angry Birds. Figurarsi dunque, quelle di colei che deve accontentarsi, per mere necessità aerodinamiche, di una scatola cranica della dimensione e peso inferiori a quelle dei propri stessi bulbi oculari…

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