A proposito del pettine guerriero dello spadaccino rinascimentale

Giunti a quel punto, uno scudo non sarebbe andato più bene: immaginate un gentiluomo del XVII secolo con la sua spada lunga e leggera, d’Inghilterra, Francia, Spagna o altro grande territorio d’Europa, che in un’epoca in cui l’armatura è stata giudicata ormai da tempo obsoleta (causa eccessiva diffusione delle armi da fuoco) ancora porta assieme a se un orpello poco maneggevole di forma discoidale, da frapporre all’eventuale affondo del suo nemico! Non si può certo negare, d’altra parte, che la difesa sia fondamentale in un qualsivoglia confronto all’arma bianca, al punto che lasciare l’altra mano priva d’implementi è come dire a chi si ha innanzi: “Attacca pure questo lato, sono scoperto”. Ecco dunque la semplice ragione d’esistenza del main gauche, letteralmente “mano sinistra”, pugnale con un’ampia protezione per la mano appeso normalmente alla cintura al centro esatto della schiena, con l’impugnatura rivolta dalla parte dell’omonimo arto del suo proprietario, per essere sfoderato in contemporanea alla spada da striscia nel momento dell’imprescindibile necessità. É del tutto ragionevole pensare, tuttavia, che trovandosi a bloccare il colpo di una spada col pugnale, approcci specifici possano portare a risultati maggiormente risolutivi. Vedi il caso di chi dovesse riuscire, con movimento del suo polso allenato, a deviare e intrappolare l’arma del suo avversario, giusto il tempo necessario per vibrare un colpo in grado di spostare a suo favore l’asse del combattimento. Risultato che potrebbe giungere, idealmente, da: 1 – Anni ed anni di allenamento, oppure 2 – L’ausilio tecnologico di uno strumento creato, per così dire, ad hoc.
Swordbreaker è il termine in lingua inglese, probabilmente creato in epoca moderna o vittoriana, per riferirsi a un tale oggetto, di cui possediamo alcuni esemplari di riferimento, giunti fino a noi nelle armerie di antiche dimore e castelli. Vedi, ad esempio, le lame A867, and A868 della Wallace Collection, esposte presso la casa londinese dell’omonima famiglia nobiliare inglese, il cui aspetto complessivo presenta verso i posteri una singolare anomalia: uno dei due lati della lama il quale, invece che essere affilato, si presenta con profilo dalla pronunciata dentellatura, tanto profonda da raggiungere, e superare, il centro esatto dell’arma. Anche senza fornire la traduzione italiana del termine, normalmente fatto corrispondere al termine composito “spezzalama”, l’impiego ideale dell’oggetto appare quindi piuttosto chiaro: intrappolare l’arma principale dell’ipotetico avversario, fornendo un qualche significativo grado di controllo suoi suoi movimenti secondo l’approccio precedentemente accennato. Il che del resto sembrerebbe aver suscitato, nella trattazione divulgativa dei molti appassionati di spade che operano attraverso le vaste regioni di Internet, un significativo numero d’interrogativi. Soprattutto quando si considera, come dimostrato nel nostro video di apertura dell’esperto Tod’s Workshop, che l’arma poteva funzionare ed anche piuttosto bene, per lo meno nella maggior parte delle sue circostanze d’impiego, eppure siano molto pochi gli esempi giunti intatti fino a noi, attraverso una quantità di secoli abbastanza breve da riuscire a garantire la sopravvivenza di ogni sorta di strumento d’autodifesa di quei vecchi tempi. Circostanze, queste, che lasciano intuire un’inspiegabilmente bassa diffusione di tale barriera portatile d’acciaio, pronta da estrarre nel momento in cui la situazione dovesse iniziare ad assumere le tinte forti di un potenziale duello…

Come teorizzato inizialmente nel trattato prototipico della scherma italiana, il Flos Duellatorum di Fiore de Liberi (1409) e ancora oggi dimostrato in questo confronto sportivo della lega internazionale per la scherma storica HEMA, l’efficacia dello stile con striscia e coltello non può essere mai sottovalutato.

Il primo potenziale problema viene dimostrato, quindi, dallo stesso Tod, grazie al suo aiutante che sembra condividere la stessa passione per gli strani cappelli di epoca barocca, nel momento in cui quest’ultimo accenna la possibile traiettoria di un attacco vibrato ai punti vitali dell’archeologo sperimentale armato di spezzalama. Nel momento in cui, frapponendo l’ingegnoso coltello sul sentiero della spada, effettua la mezza rotazione necessaria a bloccarla per quella fondamentale frazione di secondo e… Non riesce a farlo, neppure al ritmo rallentato della situazione dimostrativa. Questo perché i margini necessari affinché il risultato auspicabile si realizzi, in effetti, richiedono una particolare inclinazione di entrambe le armi non propriamente facile da riprodurre, sopratutto nel caso in cui la controparte, per ovvie ragioni, non abbia alcuna intenzione di collaborare. Al che va aggiunta la cognizione, istintivamente facile da desumere, di come l’effettiva rottura della striscia presa tra i denti del profilo a sega del main gauche sia molto chiaramente una prospettiva irrealizzabile, potendo contare al massimo e come accennato ad un blocco temporaneo delle potenzialità offensive della controparte, anche visto come la quantità di forza necessaria a spezzare letteralmente il metallo basterebbe ampiamente a togliere la spada dalla mano di costui. Ma forse l’ostacolo maggiore alla diffusione più ampia di tale oggetto, già prospettata dallo stesso Tod, appare persino più evidente grazie all’avventura in 8 episodi del fabbro di YouTube Alec Steele, che dopo aver tentato e fallito più volte nella ricostruzione dei pugnali della Wallace Collection, riesce finalmente a un costo notevole e con l’impiego di strumentazioni di taglio contemporanee. Riesce particolarmente facile immaginare, dunque, quanto costoso un simile pugnale potesse risultare in epoca pre-moderna, e quanti pochi costruttori di armi potessero effettivamente vantare le capacità necessarie a ultimarne l’effettivo assemblamento completo in ogni singola parte. Lo spezzalama dunque, un po’ come altre armi difensive composite quali il pugnale trilama a molla di fattura tedesca del castello d’Écouen (Museo del Rinascimento, 20 Km a nord di Parigi) o il famigerato scudo-lanterna, vero e proprio coltellino svizzero di spade, coltelli a raggiera e persino strumenti d’illuminazione a olio, potrebbe rientrare dopo tutto nell’ampia categoria degli orpelli usati più che altro per fare scena, o come elementi di prestigio impugnati dal signore per dimostrare la sua capacità di servirsi di un esperto mastro lavoratore dei metalli. Tra gli swordbreaker giunti fino a noi, del resto, un diversificato ventaglio di approcci di fabbricazione compaiono in parallelo, dalla forgiatura diretta in quella diabolica forma alla brasatura (saldatura mediante metallo liquefatto) mentre alcuni degli esempi maggiormente sofisticati presentano addirittura una certa mobilità dei denti metallici, al fine di favorire l’ingresso e conseguente incastro tra di essi della spada. Con un gusto per la complessità ragionevolmente fine a se stessa, benché tutt’altro che inutile, per certi versi comune ai primi fabbricanti di automi ed orologi, così strettamente associata a quel particolare periodo storico, passaggio essenziale alle remote radici della modernità.

Ricostruire reperti e armamenti bellici dei tempi passati non è mai semplice, persino adesso. Questo perché ogni oggetto è inerentemente frutto delle sue circostanze il che include, molto spesso, elementi di contesto e non immediatamente riproducibili a comando.

Che lo spezzalama possa funzionare, almeno in linea di principio e nella maggior parte delle situazioni, dunque, resta piuttosto facile da dimostrare. Così come possiamo immaginare per esso un costo sensibilmente maggiore a quello di qualsiasi altro approccio all’esigenza di portare un main gauche, inclusivo del fodero necessariamente in legno piuttosto che cuoio, pena blocco inestricabile della lama con la sua sega nel momento della più immediata necessità.
Una documentazione sull’effettivo impiego di quest’ultimo in battaglia, d’altra parte, risulta totalmente assente, così come istruzioni sul suo specifico utilizzo in qualsivoglia trattato sulla scherma o l’autodifesa di epoca coéva. Lasciando l’onore di prima trattazione scritta al testo del 1885 Schools and Masters of Fencing dell’autore Egerton Castle, che ne denuncia brutalmente l’assoluta inferiorità a qualsiasi altro tipo di coltello, affermando che: “Se mai fossero stati utilizzati davvero, probabilmente in epoca anteriore al XVI secolo, sarebbe stato come unica arma, da persone prive delle capacità di combattere a due mani”. Il che del resto non ha impedito, attraverso gli anni, di vederne rappresentati numerosi esempi all’interno del mondo fantastico dei romanzi, fumetti e videogiochi. La descrizione operativa di uno strumento sulla base del suo aspetto esteriore, piuttosto che effettive funzionalità, è del resto colonna imprescindibile del post-moderno. E se lo chiamano spezzalama ovvero distruttore di spade, doveva esser in qualche maniera ancor più pericoloso di quest’ultima classe di armi, giusto? Almeno, in tutti quei casi in cui il duello non poteva risolversi, ancor più rapidamente, mediante la semplice detonazione della carica balistica di una pistola. Ben più difficile per non dire impossibile da deviare, qualsiasi fosse l’implemento bellico impugnato dall’avversario.

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