L’antico metodo di pesca con la trave vichinga

Operazione sperimentale, puro e semplice avant-garde: posizionare antenne in mezzo alle onde di un freddo mare potrebbe apparire, tra i molti approcci alla risoluzione di un problema, forse il meno pragmatico o creato in base alle misure della logica del quotidiano. Almeno finché, guida TV alla mano, non si apprendono gli orari ed il particolare grado d’interesse della trasmissione. In modo particolare presso il firth (golfo, insenatura) prodotto dall’estuario del fiume Solway, posizionato esattamente al confine tra la Scozia e l’Inghilterra, in prossimità del villaggio di Annan. Dove con tale pubblicazione programmatica s’intende, nel caso specifico, l’almanacco attentamente redatto dagli esperti praticanti del settore, attraverso lunghi anni d’osservazione ed accurata annotazione delle maree, in aggiunta ai luoghi da evitare causa la presenza di sabbie mobili o altri pericoli del paesaggio. Il mare sale, il mare scende, e per ciascuna singola ripetizione di un tale evento, cambiano i processi e i ritmi tramite cui salmoni, trote, passeri e platesse accedono alle porte del Paradiso, ovvero il corso d’acqua dolce al termine del quale, secondo i loro istinti primordiali, tali pesci sanno che potranno compiere il gesto riproduttivo, deponendo le copiosa quantità di uova che precorrono la messa al mondo di una nuova generazione. A meno che “qualcuno” con il proprio attrezzo ancestrale, secondo una pratica vecchia di oltre 1.000 anni, si frapponga innanzi al loro passaggio, impugnando saldamente un’asta orizzontale con due o tre stecche perpendicolari, tra le quali è tesa la ragionevole equivalenza del prodotto tessile che viene usato come bersaglio per le partite di calcio: una rete. Anche detta del tipo haaf, termine in antica lingua scandinava che significa letteralmente “mare aperto” con qualifica finalizzata a distinguerla dal simile implemento usato oltre i confini dell’entroterra, per ghermire i pesci presso specchi o corsi d’acqua privi della carica salmastra e il potenziale cinetico dei più vasti ammassi liquidi del nostro pianeta. Usata mediante una precisa tecnica oggi caratteristica di questi luoghi, benché fosse stata importata in origine, secondo precise analisi archeologiche e filologiche, dai popoli vichinghi trasferitosi nei territori scozzesi attorno al 900 d.C. Il tutto mediante l’applicazione, continuativa fino ai nostri giorni, di nozioni che non sembrano tenere nella più alta considerazione aspetti come la praticità ed efficacia, soprattutto quando messe a confronto con sistemi più moderni quali trappole o reti di altra tipologia, capaci di ottenere risultati migliori senza che qualcuno, per sua sfortuna, debba trovarsi a rimanere in piedi nelle gelide acque del Mare del Nord, per intere lunghe giornate di speranzosa attesa. Il che, al tempo stesso, sembrerebbe nobilitare non soltanto gli obiettivi ma persino il viaggio necessario per raggiungerli, diventato in epoche recenti l’emblema riconoscibile di un’identità culturale nonché punto d’orgoglio per gli abitanti di questo territorio. Mentre l’imposizione di regole sempre più stringenti, in aggiunta a guadagni risibili, il semplice processo d’invecchiamento e poco interesse da parte dei giovani, stanno progressivamente trasformando la tecnica ereditaria in un passatempo da praticare più che altro per sport o al fine di attirare l’attenzione dei turisti, verso l’occasione potenziale di riuscire a vendere il proprio pescato ad un prezzo migliore. Ma anche questo, come suggeriscono le onde stesse di quel mare tempestoso, faceva parte dei ritrovamenti possibili al ritiro della candida risacca via dal tempo e il luogo dei pescatori umani…

Ultimi esponenti di una razza professionali sempre più rara, i pescatori di Annan derivano da quegli stessi antenati che avevano, nel 1612, ricevuto il mandato esclusivo alla pesca nel firth del Solway a partire dal 1612, per imprescindibile decreto di re Giovanni VI di Scozia.

La pesca con la rete haaf dipende d’altra parte da una serie di precise conoscenze che benché possano sembrare semplici e intuitive, derivano da un preciso perfezionamento attraverso lunghi secoli di pratica ed attenta ripetizione dei gesti. A partire dalle caratteristiche della trave in questione, costruita con un pezzo di legno principale della lunghezza di 16 piedi esatti (4,8 metri, secondo una leggenda la stessa misura del remo vichingo) fornito di tre bastoni di sostegno perpendicolari, lunghi rispettivamente 5 piedi (1,5 metri) nei due casi laterali e 6,5 piedi (1,9 metri) per il piolo centrale, posizionato fuori centro affinché il pescatore possa tenere agevolmente lo strumento in equilibrio sulla sua spalla. Il materiale usato in genere deriva dagli alberi di pino, essendo quel particolare frutto della crescita vegetale maggiormente resistente agli effetti dell’umidità salmastra dell’acqua di mare, benché alcuni dei praticanti maggiormente intraprendenti di quest’arte tradizionale abbiano iniziato in epoca recente a farsi costruire lo stesso oggetto mediante l’uso di plastica o metalli leggeri, incrementando in questo modo la semplicità d’impiego e maneggevolezza della loro haaf. Per quanto concerne l’effettiva messa a frutto di un simile orpello, dunque, il pescatore deve trovare la collocazione in uno dei punti maggiormente pescosi dell’estuario, immergendosi fino al petto mentre confida nei cosciali isolanti per proteggerlo dal gelo conosciuto solo a queste latitudini, così come anticamente auspicavano di riuscire a fare i suoi ispiratori mediante pelli d’animali o tessuti cerati. A questo punto, maneggiando attentamente il “ferro” del suo mestiere con le punte delle dita, attenderà di percepire il movimento sobbalzante prodotto da uno dei pesci tanto a lungo desiderati, rimasto impigliato tra le maglie e che dovrà essere prelevato dopo esser stato ucciso a bastonate e messo, con la massima cura, all’interno dell’apposito zaino aperto sulla sommità. Un’interessante versione personalizzata, in fin dei conti, dello stesso vantaggio concesso dall’evoluzione la ragno, predatore passivo per definizione, nondimeno abile nel conseguire l’obiettivo necessario alla propria artropode sopravvivenza. Poiché nella messa in pratica di un tale approccio alla pesca la posizione è tutto, dunque, tutti i pescatori con la haaf possiedono una specifica gerarchia dei luoghi del firth e l’efficienza presunta di ciascuno, il che tende a richiedere un processo di sorteggio prima di un’uscita collettiva, in cui si decide l’ordine di scelta in base a una cerimonia detta il lancio del mell, o clava da pesca, il cui rispettivo esempio dovrà essere disposto in cerchio sulla spiaggia, affinché il recupero in maniera casuale detti l’ordine prioritario nel ricevere il privilegio della scelta. Non che ciò costituisca, come un tempo, passaggio necessariamente obbligato, vista la quantità progressivamente minore dei partecipanti al rituale, ormai messo in pratica al culmine della stagione da una quantità variabile tra i 20 e i 50 partecipanti laddove un tempo, ce n’erano centinaia.

Costruire una trave costituisce in linea di principio una pratica piuttosto semplice benché, come in ogni ambito, molto dipenda anche dal suo settore d’impiego. E non ce ne sono, forse, di più affascinanti…

Le ragioni del declino della pesca con la haaf sono naturalmente numerose, benché quella principale derivi, sostanzialmente, da un fatto soltanto: Il sua sorprendente e talvolta eccessivo grado di efficienza. Così che molte delle specie ittiche coinvolte, ma soprattutto il salmone progressivamente più raro in molti corsi d’acqua inglesi, hanno risentito attraverso i secoli della cattura sistematica di tanti esemplari al culmine della propria fase riproduttiva, poco prima che potessero mettere al mondo le letterali centinaia, se non migliaia di pargoli a seguito dell’accoppiamento lungo il corso dell’acqua fluviale posizionata a monte dell’estuario.
Il che ha portato, in maniera tristemente necessaria, alla limitazione drastica delle licenze e persino l’imposizione di orari specifici per la pesca, provvedimento particolarmente inviso ai praticanti vista l’importanza rivestita in questa prassi dal susseguirsi diurno delle fasi della marea. Ma sebbene le loro proteste appaiano oltremodo comprensibili, appare chiaro come un tale approccio alla raccolta di pesce debba risultare sostenibile soltanto in due casi, ovvero la messa in atto da parte di una quantità limitata di persone, piuttosto che all’interno termini temporali sufficientemente brevi. E per quanto concerne il secondo aspetto, dovrà risultare palese che siamo al cospetto di una nave (medievale) già salpata da molte, moltissime generazioni. Nonostante tutto e ad ogni modo, nel golfo ci saranno gli antennisti, finché i contenuti dell’Oceano continueranno a transitare lungo le acque di un così pescoso canale. Fino al giorno in cui nuovi approcci storici, come avvenuto per Internet e la televisione, possano fornire approcci alternativi funzionali allo stesso scopo. Avete mai pensato, ad esempio, di passare a un’alimentazione a base di cavallette?

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