Merlino e il soffio del drago che vinse una guerra mondiale

Se soltanto. Se soltanto fossero riusciti nell’intento di ottenere l’agognata superiorità aerea su quel tratto di mare, la cosiddetta Manica oltre cui, quattro anni dopo, si sarebbe svolto l’epico e terribile sbarco passato alla storia come il D-Day… C’era un piano ben preciso, non abbiate dubbi in merito. Il suo nome: Unternehmen Seelöwe (Operazione Leone Marino) ed era esattamente speculare a quello degli americani. Così dopo il concludersi della battaglia aerea per le candide scogliere di Dover, nell’ormai remoto 1940, le insegne naziste avrebbero fatto la loro comparsa ai quattro lati dell’alto Big Ben. Se soltanto…
Attraverso il periodo di frenesia globale giunto all’apice poco prima della metà del secolo scorso, durante cui il metodo dei totalitarismi sarebbe entrato in conflitto con il tipo di democrazia che ancora oggi, viene considerata il modo “giusto” di gestire le istintive pulsioni politiche della sola ed unica razza umana, molti furono i possibili punti di svolta, a margine dei quali il proverbiale batter d’ali di una singola farfalla, metaforicamente parlando, avrebbe potuto cambiare totalmente l’esito d’infinite, sanguinose battaglie. E su di essi siamo in genere piuttosto ben informati, dato il copioso numero d’ucronie letterarie, cinematografie o teatrali sull’argomento: avete presente, ad esempio, il fallito attentato a Churchill? Oppure i tentativi, da parte della Germania, di giungere per prima all’invenzione della bomba atomica. O ancora il momento in cui l’Armata Rossa, durante l’inarrestabile avanzata della Wehrmacht verso Est, riuscì finalmente a frapporre la vita dei propri uomini, un’intera generazione della gioventù di Russia, innanzi alle ruote d’ingranaggio dei Panzer e gli altri veicoli corazzati frutto di un’impressionante tecnologia tedesca. E fu del resto sempre, in una maniera oppure l’altra, proprio quest’ultimo campo dello scibile, a determinare ove dovesse dirigersi, di volta in volta, l’affilato ago di un’orribile bilancia, in grado di spazzare via interi villaggi, città o l’equivalente d’intere nazioni, al suono roboante delle armi dei motori. Motori come questo, Merlino d’Inghilterra. Voi conoscerete, poco ma sicuro, un tale appellativo e sono certo che abbiate già iniziato a richiamare quell’immagine, del canuto praticante di arti magiche (probabilmente un druido) che tenne la sua mano destra sulla spalla del più importante re che le isole di Gran Bretagna abbiano mai conosciuto; benché nel caso di questa specifica nomenclatura, possiamo esserne del tutto certi, la compagnia Rolls-Royce avesse al centro dei propri pensieri un qualche cosa d’altro, come fatto per le sue precedenti opere ingegneristiche d’inizio secolo, ciascuna denominata in base ad un diverso uccello della parte settentrionale d’Europa. E proprio Merlin, per l’appunto, era il Falco columbarius altrimenti noto come lo smeriglio, aggressore eterno dei più piccoli roditori, mammiferi e rettili di queste isole. E di qualsiasi Bf-109 o bombardiere tedesco che potesse, eventualmente, presentare l’ardimento necessario a palesarsi in mezzo a quelle nubi d’argento. Da principio, chiaramente, non fu questo il suo nome; poiché la compagnia ingegneristica che oggi associamo in modo particolare ad uno specifico tipo di automobili di lusso non aveva ancora ricevuto istruzioni ufficiali dallo stato, al fine di procedere al rinnovamento dell’insigne predecessore Kestrel, il V-12 da 22 litri (770 cavalli di potenza) usato con tali e tanto significativi successi durante l’intero corso della prima metà degli anni ’30. Così che l’originale idea del Merlin venne coltivata nell’ambito di un progetto identificato come PV-12, acronimo della dicitura in lingua inglese private venture. Almeno finché, nel 1935, il Ministero delle Forze Aeree indisse il concorso per l’introduzione di un nuovo velivolo per il combattimento aereo. Da cui ne avrebbe ottenuti, nei fatti, ben due: il Supermarine Spitfire e l’Hawker Hurricane. Entrambi dei quali, dopo un breve periodo d’adattamento, si sarebbero dimostrati delle piattaforme eccelse per il nuovo approccio alla forza motrice creato dalla Rolls…

“Non ci credo, non può essere normale.” Direi che risulta probabile, una simile reazione di primo acchito, alla presa di coscienza del come il leggendario Spitfire fosse, in effetti, capace di sputare fuori copiosi lembi di fiamma durante l’intero corso del proprio impiego. Eppure, talvolta, la realtà supera la fantasia…

L’iconico motore Merlin presentava, sin dalle sue origini, un principale tratto distintivo: il fatto di essere, diversamente dal 90% dei motori aeronautici dell’epoca, costruito in linea. Questo perché i vantaggi garantiti da una disposizione radiale dei cilindri, per un aereo spinto innanzi da un’elica, erano immediati e significativi: una maggiore facilità degli interventi di riparazione, anche senza smontarne l’intera parte anteriore, un raffreddamento migliore e una complessità meccanica, nel complesso, maggiormente gestibile durante gli interventi, per così dire, sul campo. Ma c’era qualcosa che il nuovo V-12 di forma del tutto simile al Kestrel poteva nei fatti garantire: una linea maggiormente aerodinamica della parte frontale del velivolo, che trovava in questo modo un differente approccio alla massimizzazione delle proprie caratteristiche di accelerazione e virata. Ora il ruolo fondamentale del motore Merlin nel corso della Battle of Britain, l’essenziale battaglia per i cieli della Manica combattuta tra l’estate e l’inverno del 1940, viene generalmente connesso alle imprese dello Spitfire, l’aereo proveniente dall’evoluzione di una lunga serie d’idrovolanti da corsa (per l’appunto, i Supermarine) che definire iconico sarebbe semplicemente riduttivo; benché nei fatti, il principale valore del suo cuore battente in duro acciaio sarebbe stata proprio quella versatilità inerente, che ne avrebbe visto la maggior quantità di esemplari trovar posto, piuttosto, sotto le ali del famoso bombardiere Avro 683 Lancaster, destinato a dimostrarsi degno di essere chiamato, a più riprese, letterale terrore del Reich. E questo forse proprio per la macchina propagandistica inglese, che sembrò fin da subito incline a descrivere tale velivolo come una letterale arma imbattibile dei propri tempi, anche in funzione di un’estetica istantaneamente riconoscibile ed affascinante. Così che ben presto, quelle ali ellittiche diventarono un letterale simbolo così come il letterale fuoco che tendeva, nientemeno, a fuoriuscire dai tubi di scarico di quel massiccio motore in grado di sviluppare fino a 1.000 cavalli fin da subito, ma che nel corso della guerra avrebbe infine raddoppiato facilmente la propria potenza, grazie al miglioramento del carburante ed alcuni specifici accorgimenti. Tra i quali sarebbe assurdo non menzionare quello, tra tutti, probabilmente più affascinante: la maniera in cui i suddetti scarichi vennero nei fatti voltati all’indietro, affinché l’impressionante quantità d’aria consumata ed espulsa durante il processo di combustione potesse, nei fatti, contribuire al processo di spinta dell’aereo. Un approccio ingegneristico capace di valere, a seconda dei casi, tra i 100 e i 150 cavalli. Il Merlin tuttavia, almeno nella sua versione originaria, presentava un problema niente affatto trascurabile: la maniera in cui il proprio sistema d’iniezione di carburante, basato su un galleggiante, fosse solito intasarsi durante le più ripide picchiate, causando una perdita di potenza che i piloti tedeschi coi loro Bf 109-E, dotati di un sistema più moderno, impararono ben presto a sfruttare. Questo almeno finché nel 1941 una brillante ingegnera poco più che trentenne della RAF di nome Beatrice Shilling, originaria di Waterlooville nello Hampshire, non inventò una valvola automatica in grado d’impedire il passaggio di quantità eccessive di fluido, destinata ad essere chiamata, alquanto prosaicamente, l’orifizio di Miss Shilling. E benché versioni successive del motore sarebbero state dotate di un sistema ad iniezione diretto come quello degli aerei tedeschi, non poche furono le battaglie vinte, in quella fondamentale fase iniziale della guerra, grazie a una così semplice modifica dei principi tecnici di funzionamento.
Un altro aspetto fondamentale nella vittoria della Battle of Britain, come precedentemente accennato, fu l’introduzione del carburante inglese da 100 ottani, frutto di uno sforzo logistico da parte del governo inglese niente affatto trascurabile e che venne alquanto prevedibilmente, originariamente riservato agli aerei che montavano il nuovo motore della Rolls Royce. Un fluido, quanto pare, “verde e maleodorante” la cui implementazione permise, nondimeno, d’iniziare a raggiungere picchi di prestazioni attorno ai 1350 cavalli in fase di decollo, ulteriormente potenziate nelle fasi successive della guerra per un periodo di fino a 5 minuti, grazie all’impiego delle versioni migliorate del sistema di sovralimentazione concepito dallo storico ingegnere Alfred Cyril Lovesey, che seppe dimostrarsi semplicemente cruciale nello sviluppo iniziale, e successivo perfezionamento di questo motore.

Sembra piuttosto diffuso, nell’intero ricco catalogo dei video di YouTube, questo particolare approccio alla dimostrazione dei motori d’epoca, consistente nel metterli in moto senza prima assicurarsi che sia presente un aereo attorno. E fortuna che a quanto pare, i carrelli del caso sembrino dotati di ottimi freni alle ruote!

Benché l’effettiva superiorità dello Spitfire rispetto agli aerei dell’epoca possa risultare a posteriore opinabile (esso risultava essere, ad esempio, più manovrabile ma sensibilmente meno veloce dei Bf 109-E coi loro Daimler-Benz DB 605 a cilindri invertiti) ben pochi solleverebbero dubbi sull’effettivo valore del loro impianto di propulsione. Destinato ad ottenere risultati altrettanto validi nelle missioni di bombardamento e soprattutto a seguito dell’installazione, durante le fasi successive della guerra, nell’aereo da caccia nordamericano P-51 Mustang, alla base di una strategia che sarebbe passata dalla semplice scorta delle “invulnerabili” fortezze volanti (l’eccezionale B-17) ad una caccia attiva dei piloti nemici, modificando nei fatti i rapporti di forza nei cieli e ponendo le basi di quello sbarco, terribile e monumentale, che avrebbe nei fatti dimostrato quale fosse l’esito maggiormente probabile della guerra.
Uccello quindi, stregone sapiente e un formidabile motore. Ancora una volta, quel nome dall’etimologia misteriosa trovava il su significato innegabile; dettato dalle circostanze e i traguardi effettivamente raggiunti, piuttosto che la semplice fama ereditata dagli antenati. E a chiunque dovesse dubitare dell’effettivo ruolo occupato dal motore Merlin durante lo svolgersi della seconda guerra mondiale, consiglio di provare in uno dei tanti simulatori di volo le performance di un biplano Hawker degli anni ’30. Perché senza l’intercessione dei tecnici della Rolls, dopo la conquista di Francia essi avrebbero costituito l’unica difesa del mondo contro l’invincibile macchina bellica della Germania. Ed apparirà molto chiaro, temo, la maniera in cui tale storia avrebbe finito per risolversi, alla fine.

Lascia un commento