L’enorme casa fatta galleggiare sulle acque di Chesapeake Bay

Gabbiani e pesci, per un attimo, sembrano tacere. Non c’è un singolo battito di pinna, o frullar d’ali: poiché mai, prima di allora, si era visto uno spettacolo di tale caratura. Tetto a cuneo, tre abbaini (ed altrettanti piani) due camini, trasformati in improbabile polena di una vasta nave. Al cui confronto, il magico Castello Errante delle fiabe par soltanto l’antefatto di un racconto da marinai… Per così tanti anni, la forma squadrata e quasi monumentale del vecchio edificio aveva costituito il principale tratto distintivo di Chapel Road a Easton, nella contea di Talbot, stato nordamericano del Maryland. Centro di una piantagione, poi allevamento di bestiame, quindi magazzino e infine casa un po’ dismessa di un fioraio, per un periodo di quasi 50 anni. Nel corso dei quali, il verde lussureggiante in mezzo a cui era stata originariamente costruita aveva lasciato il passo al duro asfalto di una periferia di media intensità, con fast-food, negozi e le tipiche villette a schiera del senso abitativo di quei luoghi. Per anni, anni e anni ci si può abituare a vedere un’ombra ai limiti più estremi dello sguardo, senza rivolgergli null’altro che un pensiero transitorio. Finché un giorno, all’improvviso, ci si accorge che un QUALCOSA è cambiato; dov’è finito il grande oggetto verso cui avevamo l’abitudine di rimanere indifferenti? Com’è possibile che il nostro mondo sia finito sottosopra, all’improvviso, almeno in merito a un’aspetto tanto secondario, ma… PESANTE? Risposte che in perfetta linea con le nostre aspettative, oppure chi può dirlo, andrebbero cercate nella mano umana: quella stessa forza inarrestabile che oltre due secoli e mezzo fa, una tale cosa, l’aveva costruita! Poiché niente può dirsi impossibile, quando sussiste il senso universale della Volontà. Ed un milione di dollari, per stipendiare specialisti inveterati del settore “spostamento casalingo” che appartiene, sin da tempo immemore, alla tipica visione “americana” delle circostanze. Perciò, “La villa di Galloway? Bella si, ma non mi piace il vicinato. Sarebbe possibile, che so, spostarla verso l’altro lato di quella penisola che si compone per metà del Delaware, e l’altra metà, all’interno dello stato che chiama Annapolis la propria capitale?” A parlare: Christian Neeley, un uomo (facoltoso) con una visione, o forse sarebbe può giusto definirla la missione, in grado di cambiare in modo radicale il già citato punto d’origine, così come l’ultima destinazione, presso il lungomare di Queenstown noto come Cheston on the Wye 25 miglia più a settentrione, al fine di trasformarla nel punto d’incontro e coabitazione di ben tre generazioni della propria famiglia, che i casi della vita avevano da tempo indotto ad avviarsi lungo percorsi differenti.
Ora, normalmente, chi si trasferisce all’interno di un condominio invia una comunicazione ai suoi vicini, per scusarsi degli eventuali disservizi causati dai propri lavori di ristrutturazione, oppur l’arrivo dei veicoli che si occupano del trasloco. Ben più difficile, piuttosto, il caso di qualcuno che deve avvisare ogni abitante della zona limitrofa, per deviazioni al traffico e complicate manovre di carico/scarico portuale. Ma sarebbe certamente riduttivo, immaginare di ridurre una vicenda tanto affascinante al mero aspetto finale di una tanto complicata migrazione. Poiché è qualche volta il viaggio stesso (via mare) a custodire il nesso e il nocciolo della questione…

Il tipo di veicolo impiegato per i tratti stradali del trasferimento viene definito in senso generico prime mover, come le motrici degli autoarticolati, benché possieda caratteristiche decisamente differenti. Ed un numero decisamente maggiore di ruote..,

La villa di Galloway, così chiamata in linea con un toponimo multiuso che ricorre attraverso l’intera baia di Chesapeake, fu originariamente celebre come residenza dei coniugi Nicols, donata dalla famiglia di Henrietta Maria Chamberlaine a lei e suo marito, in occasione delle nozze tra due delle famiglie di maggior rilievo nella colonia del Maryland verso la metà del XVIII secolo. Ora i Chamberlaine, in particolare, erano mercanti di successo e possessori di una piantagione di tabacco, nella quale le cronache del tempo parlano di oltre 15 schiavi adulti, una metrica certamente triste ma pur sempre utile a definirne la notevole opulenza e produttività. Fatto sta che in tale casa, fornita in abbinamento a un vasto terreno di 600 acri da accudire e trasformare in ulteriore fonte di guadagno, nacquero ben quattro figli prima che entrambi i genitori morissero prematuramente nel 1778, lasciando in eredità il corposo edificio nel sobrio ed elegante stile georgiano alla propria discendenza, che l’avrebbe abitato per ancora un secolo o due. Finché, come giustamente doveva succedere, l’ultima delle figlie rimaste non sposò un uomo di nome Edward deCoursey che viveva proprio a Cheston on the Wye, lasciando l’edificio natìo a un destino che tutt’ora risulta essere poco chiaro. Perché mai la casa non fu venduta a caro prezzo, bensì piuttosto abbandonata al suo destino, non è oggi particolarmente chiaro. Fatto sta che la villa di Galloway, prima dello scorso settembre, doveva ancora conoscere il suo periodo di maggior fama: quando il nostro contemporaneo Christian Neeley, coinvolgendo nel suo progetto l’azienda operativa sull’intera Costa Est degli Expert House Movers, non ha iniziato quel processo che consiste nel sollevare un edificio dalle fondamenta, come la nostra rigorosa magione dal peso stimato di 400 tonnellate, quindi bloccarlo sopra delle impalcature temporanee, prima di far scivolare sotto un veicolo per il trasporto fino alla sua destinazione finale. Una procedura ben nota, se non fosse che le particolari condizioni fisiche del tragitto intercorso, poste dinnanzi alle possibili alternative, avrebbero portato le due parti a concepire un piano alquanto folle, o per lo meno, del tutto privo di precedenti. Ovvero, piuttosto che bloccare il traffico per settimane, continuando a smontare e rimontare infiniti pali della luce, non sarebbe stato meglio caricare tutto quanto su una chiatta, e navigare fino a meta? Una volta percorso in tale modo il breve tragitto che separava la casa dal porto di Easton, quindi, gli specialisti coinvolti hanno proceduto a caricarla su una chiatta sufficientemente grande, dopo che la prima scelta a tal fine si era dimostrata troppo instabile per assolvere a una così difficile, nonché delicata mansione. Senza un singolo secondo di titubanza, quindi, la villa ha lasciato per l’ultima volta quelle rive presso cui era stata costruita. Dando inizio ad un breve ma importante viaggio destinato, a suo modo, a diventar leggenda…

Lo strumento documentaristico del time-lapse costituisce forse il miglior modo per conoscere coi propri occhi l’effettivo procedimento necessario a far salpare una così grande casa di mattoni verso i distanti lidi. Così come la sempre possente pilotina portuale, usata per dirigere le navi a un sicuro approdo, potrà occuparsi di spingerla fino a destinazione.

Non è dunque soltanto il concetto, in quanto tale, a possedere un fascino profondo ed innegabile. Ma pure una simile visione, che forse neanche nei nostri più bizzarri sogni visionari, ci eravamo mai sognati potesse prendere forma sulla stessa terra dei viventi; di un qualcosa di tanto evidentemente statico, trasformato temporaneamente nell’equivalenza di una vera e propria astronave. Pronta a ritornare quella stessa cosa statica che in origine era stata, se non che, in un luogo totalmente differente. C’è anche un ultimo aspetto, nell’improbabile trasloco di cui i notiziari non hanno più parlato ed in merito a cui, ragionevolmente, possiamo pensare che tutto si sia ormai risolto per il meglio: l’incredibile coincidenza che vede proprio l’ultima figlia di Henrietta Maria sepolta sullo stesso terreno acquistato da Mr Neeley al fine di riuscire a godersi, finalmente assieme a tutti i suoi parenti, il costoso frutto del suo lungo lavoro.
Una strana coincidenza destinata, in qualche maniera, a chiudere il cerchio ideale di una storia durata parecchie generazioni. Perché per noi europei, spostare quattro mura dal punto in cui erano state originariamente posizionate potrà anche significare fare un torto alla Storia. E un edificio di “appena” 250 anni pur essendo un qualcosa di ragionevolmente prezioso, risultare tutt’altro che raro. Ma il vero significato e valore delle cose, o persino una vita, è quello che siamo disposti ad attribuirgli nel corso della nostra esistenza umana. Altrimenti sarebbe stato assai difficile, per questa particolare contea del Maryland, poter costruire la maggior parte sua originaria ricchezza coloniale, grazie alle piantagioni di tabacco e lo sfruttamento di uomini e donne a cui era stata tolta, purtroppo, la libertà.

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