Bombe rimbalzanti? La più folle missione nella storia della RAF

La scena, risalente al 2011, è di quelle in grado di sollevare non pochi interrogativi. Mostra un Douglas DC-4, vecchio aereo passeggeri con fino a 54 posti a bordo, che vola a bassissima quota sfruttando la spinta dei suoi quattro motori a pistoni, sopra uno specchio d’acqua per lo più desolato. Tranne che per la costruzione, apparentemente del tutto inutile, di una piccola diga di mattoni, costruita in prossimità della riva con metodi piuttosto approssimativi. Una questione che, di certo, appare evidente quando si prende atto del suo scopo effettivo: saltare in aria, nel corso della più singolare ricostruzione storica da mostrare sulle TV di almeno 10 paesi. Così nel giro di pochi secondi, il pilota dell’aereo, facente parte di una compagnia a conduzione familiare canadese, la Buffalo Airways, tira con decisione la leva di rilascio, sganciando quello che sembrerebbe essere a tutti gli effetti un comune barile metallico, di quelli usati per conservare o spedire liquidi infiammabili di vario tipo. Se non che, all’impatto dell’acqua che dovrebbe vederlo accartocciarsi su se stesso e affondare senza un attimo di esitazione, l’oggetto alza invece un significativo pennacchio d’acqua, mentre si realizza l’effettiva inversione della forza di gravità (e le aspettative del caso) vedendolo tornare momentaneamente verso la carlinga di provenienza. E poi di nuovo in basso, per un secondo, terzo e quarto rimbalzo. Così facendo l’oggetto raggiunge, come da programma, il tratto di muratura semi-sommerso in acqua, quindi affonda ed esplode. Pur non avendo modo di vederla, in questo breve spezzone divulgativo, quasi si riesce a percepire l’atmosfera di trionfo e soddisfazione di ogni parte coinvolta nel portare a termine questo singolare obiettivo. Ma cosa dovrebbe rappresentare, esattamente, quello che abbiamo appena visto?
Bisognerebbe chiederlo, tanto per cominciare, a Hugh Hunt, professore del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Cambridge, reduce di svariati mesi trascorsi a lanciare palle da cricket usando un cannone apposito sulla superficie di una piscina a cielo aperto. Non tanto per l’insorgere di un senso di noia esistenziale (o per lo meno, non soltanto a causa di quello) bensì con lo scopo di determinare quale tipo di considerazioni, fisiche e scientifiche, siano state alla base di uno dei momenti più strani del secolo trascorso, il bombardamento britannico delle dighe nella regione della Ruhr, nella Germania occidentale all’apice della seconda guerra mondiale, nella primavera del 1943. Un momento frutto di un’epoca disperata, che condusse alla rovina un’intero villaggio e portò a una perdita ingente di vite umane. Ma fu anche un trionfo dell’ingegno e dell’ottimismo umano, per lo meno nell’opinione di molti patrioti inglesi, assolutamente degno di essere celebrato. Si tratta di un’idea indissolubilmente associata ad una specifica figura, benché siano stati in molti a renderla possibile, il cui nome era Barnes Wallis. L’ingegnere che all’epoca lavorava per la Vickers-Armstrongs, compagnia produttrice di aeromobili, e che nel 1942 pubblicò uno studio, intitolato “Bomba sferica – il siluro di superficie” che si premurò d’inviare a molte figure del comando strategico ed uomini politici della sua era. Si trattava, essenzialmente, di un metodo innovativo per affondare una nave al sicuro nel porto, il cui scafo era protetto da una delle soluzioni difensive più efficaci dell’epoca, la rete anti-siluri. Una barriera, sostanzialmente invalicabile, in grado di vanificare il passaggio di qualsiasi ordigno sottomarino. Come nel caso della celebre e temutissima Tirpitz, la nave gemella della Bismarck, che ormai da molti mesi si trovava di stanza in un fiordo sostanzialmente inattaccabile, inibendo con la sua semplice presenza le operazioni alleate nell’intera area del Baltico e del Mare del Nord. Si trattava, in poche parole, dell’elaborazione moderna di un metodo usato a suo tempo da Maometto II il Conquistatore, durante il blocco navale dello Stretto del Bosforo nel 1451, quando la sua fortezza costruita sul pelo dell’acqua Rumelihisarı riuscì ad affondare le navi dell’Impero Bizantino facendo rimbalzare le palle di cannone sulla superficie stessa del mare. Come sassi piatti lanciati dalla mano di un bambino in un ambito lacustre, sollevandosi dall’elemento idrico, per aumentare il proprio raggio e saltare, letteralmente, al di sopra di qualsiasi ipotetico ostacolo sottomarino. Naturalmente, un approccio tanto innovativo ed anacronistico al metodo di affondare una grande corazzata non tardò a trovare i suoi detrattori, tra cui il più celebre, il comandante in capo Arthur Harris delle operazioni di bombardamento, non esitò a definirla “una ridicola fantasia”.
Se non che figure più in alto nella catena di comando dello Stato Maggiore inglese accudivano, almeno dal 1938 in caso di dichiarazioni future di guerra, un piano considerato irrealizzabile contro la Germania, che tuttavia avrebbe assestato un colpo estremamente importante alla capacità industriale e il morale di un nemico che fin’ora, aveva avuto fin troppo ragione a considerarsi invincibile. Il nome che tale impresa avrebbe poi assunto in corso di realizzazione: Operazione Chastise. E non c’era niente, all’apparenza, che potesse renderla possibile più delle bizzarre bombe sferiche progettate dall’ingegnere aeronautico ed inventore di Ripley, nel Derbyshire…

I piloti e gli avieri coinvolti nell’Operazione Chastise erano alcuni dei più abili piloti di bombardieri facenti parte della Royal Air Force all’epoca d’implementazione del piano. Molti, tra loro, non avrebbero fatto più ritorno in patria.

Wallis, che aveva inizialmente previsto un solo tipo di bomba, iniziò quindi a lavorare alacremente per suddividere dapprima in due, poi tre tranche distinte la sua visione originaria. Soltanto una, alla fine, sarebbe stata effettivamente impiegata in battaglia. Il primo tipo di bomba rimbalzante, nome in codice Upkeep, sarebbe stata un ordigno di 4,2 tonnellate, concepito per detonare autonomamente al di sotto di una certa profondità, considerata idonea per fare a pezzi le più grandi tra le dighe presenti nella regione della Ruhr. La direzione considerata ideale per colpirle, in effetti, era quella dal lato di contenimento, poiché fu stimato che qualsiasi colpo assestato dalla parte esposta all’aria avrebbe finito per scalfirle senza apportare danni effettivamente degni di nota. Inizialmente, il progetto per la bomba la vedeva ricoperta da un involucro di forma sferoidale, con tanto di indentature circolari sul modello di una pallina da golf, considerate d’aiuto nel mantenimento di una traiettoria dritta verso l’obiettivo. Finché i primi test, condotti nel tratto di mare a largo della regione di Chesil Beach, nel Dorset, non dimostrarono che l’impatto con l’acqua tendeva a frantumare istantaneamente tale guscio al di fuori del cilindro centrale, rendendolo essenzialmente del tutto inutile e portando alla sua eliminazione. Fu ben presto determinato, inoltre, che l’unico bombardiere al servizio di Sua Maestà che fosse in grado di sollevare e portare a destinazione un carico tanto significativo sarebbe stato l’Avro Lancaster, un quadrimotore normalmente usato per le blockbusters, alcune delle bombe convenzionali più pesanti di tutta la seconda guerra mondiale. Nel corso dei test, Wallis arrivò quindi a determinare un altro fattore importante: affinché la bomba potesse rimbalzare un numero sufficiente di volte, l’accorgimento determinante sarebbe stato imprimergli un effetto rotativo contrario al senso di marcia, trasformandola, in effetti, in una sorta di pneumatico impazzito e imbottito di d’esplosivo. La torretta superiore dell’aereo fu quindi rimossa, e il motore idraulico impiegato per il suo puntamento montato in maniera trasversale, al fine di alimentare una cinghia di trasmissione connessa direttamente al saliente barile, comunque troppo grande per entrare nella carlinga dell’aereo. Esso avrebbe quindi ruotato vorticosamente, fino all’attimo esatto del suo rilascio, prima di raggiungere, idealmente, la parete cementizia oggetto di una sua perfetta deflagrazione.
Gli accorgimenti affinché il piano andasse a coronamento furono molto ingegnosi e variegati: secondo una leggenda, il comandante dello squadrone assegnato al progetto di Wallis, Guy Gibson, sollevato temporaneamente dai suoi incarichi quotidiani, si trovava un giorno ad assistere a uno spettacolo di ballerine a Charing Cross. Quando osservando i riflettori di scena, vide accendersi nel suo cervello la proverbiale lampadina: non era forse vero che le suddette luci, nel momento in cui la ragazza oggetto della loro attenzione si trovava alla distanza corretta, si univano in uno unico cerchio perfettamente indiviso… Mentre in caso contrario, accadeva l’esatto opposto? Sua fu l’idea, quindi, di montare due proiettori colorati, a prua e poppa di ciascun aereo, che incontrandosi avrebbero dato all’armiere la certezza di trovarsi all’altezza giusta per il rilascio. Mentre il puntamento sarebbe avvenuto mediante l’impiego di uno speciale mirino a forma di Y, calibrato sull’effettiva spaziatura prospettica degli elementi architettonici delle dighe della Ruhr.

Da questa ricostruzione di Brad Goodman si riesce a comprendere istantaneamente il funzionamento del sistema di controllo dell’altitudine, benché l’autore abbia commesso l’errore storico di posizionare le luci colorate sulle ali, invece che all’interno della carlinga.

Il progetto parallelo, quello originariamente calibrato da Wallis per l’affondamento della corazzata Tirpitz, fu condotto e sviluppato di pari passo, con l’idea di effettuare i bombardamenti in contemporanea, affinché il nemico non potesse preparare nuove contromisure contro la minaccia della bomba rimbalzante. Ben presto apparve chiaro, tuttavia, che la bomba anti-nave non sarebbe stata pronta entro il maggio del 1943, considerato l’ultimo momento utile per la distruzione delle dighe prima che la stagione secca riducesse sensibilmente i danni apportati da una simile missione. La notte del 16 maggio, quindi, fu definito il gruppo di volo di 19 Lancaster, suddiviso in tre ondate, che avrebbe superato la manica per andare ad assestare un duro colpo alle attività industriali della Germania. Il loro bersaglio principale: la diga del fiume Möhne, seguìta da quelle più piccole dell’Eder, dell’Ennepe e del Sorpe. Il primo di questi bersagli, come previsto, fu trovato pesantemente difeso da batterie antiaree ed almeno un cannone FlaK, che in poco tempo si dimostrò capace di assestare danni importanti ai bombardieri inglesi. Ciononostante, alle ore 00:28 l’aereo del comandante Gibson assestò il primo duro colpo alla diga con la sua bomba rimbalzante, che incrinò notevolmente il terrapieno, senza tuttavia riuscire ad indurre il suo crollo totale. Un secondo bombardiere, al comando di Martin, si apprestò ad effettuare la stessa manovra, se non che fu colpito a un motore e finì per restare coinvolto nell’esplosione. Il terzo aereo mancò invece il bersaglio. Fu quindi soltanto il terzo colpo, portato a termine da Young, a rivelarsi in grado di disintegrare il possente muro, riversando letteralmente nella valle 1.200 milioni di metri cubi d’acqua, un evento catastrofico destinato a costare la vita a una quantità stimata di 1.300 civili, tra cui molti prigionieri di guerra. I raid successivi furono quindi condotti senza andare incontro ad una resistenza altrettanto feroce, e senza così tanti incidenti, benché l’intercettazione del volo da parte dei caccia di pattuglia notturna tedeschi fossero destinati ad apportare ulteriori perdite al gruppo di bombardieri. Tanto che al momento di tornare in Inghilterra, dei 19 aerei partiti ne restavano soltanto 8, con una perdita complessiva di 53 uomini esperti, più 3 presi prigionieri. Ai superstiti fu quindi riconosciuta una medaglia speciale, accompagnata dal titolo di Dam Busters (ci fu anche un film di guerra omonimo del 1955 dedicato alle loro gesta) e il motto francofono Après moi le déluge: Dopo di noi, il diluvio.
Per quanto concerne la versione navale della bomba rimbalzante invece, nome in codice Highball, benché ne furono realizzati diversi prototipi ed anche testato l’impiego effettivo, contro la vecchia corazzata in disarmo francese Courbet, in ultima analisi l’intero progetto si risolse in un nulla di fatto. Specie a seguire dal 12 novembre del 1944, quando la temutissima Tirptiz fu finalmente affondata mediante l’impiego di “semplici” bombe sismiche Tallboy, sganciate dai Lancaster dritte sulle sovrastrutture del suo ponte principale. Dimostrando che non era sempre indispensabile attaccare lo scafo, a patto di avere a disposizione una quantità sufficiente di Torpex e/o TNT. Il terzo progetto ideato da Wallis, nel frattempo, denominato Baseball, non lasciò mai lo stato di semplice disegno. Doveva trattarsi di una sfera esplosiva lanciata da piccole moto-siluranti, costituendo essenzialmente la ricostruzione più fedele delle già citate palle di cannone ottomane. Ma il mondo, a quanto possiamo affermare oggi, non avrebbe mai conosciuto la loro efficacia in un contesto moderno.
Il bombardamento dell’Operazione Chastise rappresenta, ad oggi, una delle dimostrazioni più significative di come, in tempi di guerra, l’ingegnosità possa incontrare la spietatezza, dando l’origine a una coesistenza di fattori che ha il fondamento stesso nella suddivisione di responsabilità. Credete che Wallis stesso fosse effettivamente cosciente, di quante persone avrebbero perso la vita a causa della sua idea? O che il comando maggiore fosse, davvero, convinto di una così perfetta riuscita dell’annegamento di un intero villaggio, secondo quanto pianificato a partire dal 1938? E forse neppure l’armiere, al momento dello sgancio dell’ordigno, era pienamente conscio di quello che stava facendo. In quello che possiamo considerare, essenzialmente, uno degli aspetti fondanti della guerra stessa: il superamento delle propensioni individuali, verso l’obiettivo di uno sforzo collettivo indipendente dal senso umano dell’empatia. Un qualcosa che, ad oggi, abbiamo imparato a fare eccezionalmente “bene”!

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